La spesa pubblica in Italia cresce, anche al netto del
debito pubblico. Ma alcune voci di spesa diminuiscono. E anche piuttosto
drasticamente. Le voci che diminuiscono di più sono gli investimenti in
ricerca, università e scuola.
È questo, in estrema sintesi, quello che ci dice il
documento “L'andamento delle spese per missioni, programmi e stati di
previsione del bilancio dello Stato nel periodo 2008-2014” che la Ragioneria
dello Stato ha presentato in Senato lo scorso mese di dicembre. Abbiamo
provato a riassumere il rapporto rielaborando le tabelle ufficiali per questi
che sono gli anni della crisi.
La Tabella
1 dimostra come le spese dello stato ammontino, nell’anno appena concluso, il
2014, a oltre 825 miliardi di euro, con un aumento del 12,9% rispetto al minimo
del periodo (l’anno 2008).
La spesa
per pagare il debito la fa da padrona. Ma, anche al netto degli interessi sul
debito, la spesa dello Stato è aumentata di circa 50 miliardi nel 2014 rispetto
al minimo del periodo (il 2011): un incremento del 10,7%.
Tabella 1- Spesa pubblica italiana (in milioni di euro)
* Differenza tra il 2014 e il
minimo del periodo
Ma, mentre la spesa pubblica aumentava, ci sono state dei capitoli di spesa che sono diminuiti. Tra i principali tagli ci sono quelli all’istruzione scolastica: - 4,2 miliardi, pari al 7,5% del budget massimo relativo del 2009; alla ricerca scientifica: - 1,3 miliardi rispetto al massimo relativo del 2008; all’istruzione universitaria: - 0,8 miliardi rispetto al massimo relativo del 2008.
Tabella 2 - Spese in percentuali sulla spesa finale dello Stato
In termini percentuali i tagli più drastici hanno riguardato la ricerca scientifica, con un secco e per certi versi clamoroso -31,1%. Il che porta la spesa di questa “missione” (Tabella 2) dallo 0,56 allo 0,34% dell’intera spesa pubblica. In particolare la spesa in ricerca di base scende dallo 0,14 allo 0,12% della spesa dello stato (Figura 1).
Figura 1- Andamento della spesa pubblica in ricerca
Anche l’istruzione universitaria ha subito tagli piuttosto netti, per un ammontare di 0,8 miliardi di euro rispetto al massimo relativo del 2008. In percentuale significa un netto – 9,6%, il che porta la spesa pubblica per l’università dall’1,19 allo 0,95% del bilancio dello stato. L’andamento discendente è mostrato nella Figura 2.
Figura 2 - Andamento della spesa pubblica per l’università
Infine la scuola. Nel 2014 i tagli ammontano a 4,2 miliardi rispetto al massimo relativo del 2009. Una diminuzione del 6,5%, che porta la spesa pubblica in istruzione scolastica dal 5,69 al 5,00% della spesa totale dello Stato.
Figura 3 - Andamento della spesa pubblica in istruzione scolastica
La Tabella
3 rapporta tutti questi numeri al prodotto interno lordo (Pil) del paese. La
ricerca finanziata con fondi dello stato non va oltre, ormai, lo 0,17 del Pil;
quella per l’università non va oltre lo 0,48% e quella per la scuola si ferma
al 2,54%.
Vero è che la spesa dello stato
non è l’intera spesa pubblica. A questi fondi occorrerebbe aggiungere quelli
degli Enti locali. Tuttavia dal rapporto della
Ragioneria dello Stato un dato emerge con chiarezza: i vari governi hanno
cercato di far quadrare i conti del bilancio statale tagliando soprattutto in
ricerca e formazione. Il “pacchetto conoscenza”, infatti, è diminuito non solo
in assoluto, ma anche in termini relativi (Tabella 3): dal 3,33% al 3,19% del
Pil.
Di più il “pacchetto
conoscenza” è quello dove i governi italiani hanno tagliato di più. In netta
controtendenza rispetto ad altri paesi europei e non, dove la spesa in ricerca
e formazione continua ad aumentare.
Tabella 3 - Spese in
percentuali sul Pil