Il viaggio, nello spazio e nel tempo, parte dai media: con il Gabibbo, il rosso pupazzone di Striscia la notizia, che l’8 maggio 2001 incalza un ingegnere dell’ENEA, Ermete Riva, ormai in pensione, che ha partecipato alla creazione del “grano Creso”, quello duro, usato per fare la pasta, ottenuto mediante esperimenti di modificazione genetica con radiazioni nucleari. «Esperimenti di modificazione genetica negli anni Cinquanta?».
Il viaggio si conclude con i media: con Milena Gabanelli che il 14 dicembre 2014 a Report lancia l’inchiesta “I bio furbi: Riso” e accoglie la denuncia di quei contadini che «usando i diserbanti produco di meno – la media è inferiore al riso prodotto senza utilizzare i diserbanti. È evidente che qualcosa non quadra». L’accusa è rivolta verso quei produttori di “riso biologico” che sostengono di fare a meno di ogni prodotto chimico, inclusi i diserbanti, e ottengono campi puliti e rese superiori ai produttori classici.
Nel mezzo un viaggio di quasi trecento pagine «dagli OGM al “bio”, falsi allarmi e verità nascoste del cibo che portiamo in tavola», che il chimico e noto divulgatore Dario Bressanini con la giornalista e biotecnologa Beatrice Mautino propongono in un libro, Contro natura, pubblicato a Rizzoli.
Il libro si è classificato secondo nel premio Galileo per la divulgazione scientifica di Padova, giunto alla sua decima edizione. Il premio è assegnato da una giuria di ragazzi appartenenti a oltre sessanta scuole medie superiori di tutta Italia.
Dall’invenzione dell’agricoltura agli OGM
Quello che i due ci propongono, con una qualità di scrittura e un ritmo che ti fa divorare il racconto tutto d’un fiato, è il lungo viaggio nello spazio e nel tempo dell’uomo produttore di cibo, dalla “mezzaluna fertile”, tra il Tigri e l’Eufrate, dove diecimila anni fa o giù di lì è stata “inventata” l’agricoltura (e, con essa, il grano) alla West Coast degli Stati Uniti dove, negli anni ’70, del secolo scorso, è stata inventata la tecnica del Dna ricombinante applicata anche per produrre piante GM (geneticamente modificate). Il tutto passando per la Casaccia (dove è stato inventato il “grano Creso”), vicino Roma, alla Val Venosta, in Alto Adige, dove si producono mele con tecniche “bio”, ma quasi tutte del tipo Golden, molto richieste sul mercato.
Questo viaggio è decisivo, perché “noi siamo quello che mangiamo”. E non solo dal punto di vista biologico. Ma anche e soprattutto sociale e culturale: il cibo informa la nostra vita.
Il guaio è che la nostra informazione sul cibo non è all’altezza dell’importanza che ha per noi l’alimentazione. E Contro natura si propone non tanto di fornircela tutta, una corretta informazione, ma di fornire gli strumenti per dotarci di un metodo critico per navigare, anche controcorrente, nel lungo e impetuoso fiume fatto di notizie, di giudizi, di pregiudizi e di miti sul cibo, alcuni fondati altri un po’ meno.
Non esiste “contro natura”, siamo tutti OGM
La tesi del libro è che non esistono cibi “naturali” e cibi “contro natura”. Esiste semplicemente il cibo, che può essere buono o cattivo. Ma tutto, quello buono come quello cattivo, è frutto di una serie di modificazioni, genetiche, introdotte in natura dalla specie Homo sapiens a partire da diecimila anni fa o giù di lì.
In realtà la natura stessa – e il duo Bressanini/Mautino lo ricorda in maniera efficace – produce in maniera incessante modificazioni genetiche. La storia della vita sulla Terra, lunga almeno 3,5 miliardi di anni, è una storia di cambiamento. Una storia evolutiva. Tutte le piante e tutti i viventi sono, tecnicamente, OGM: organismi geneticamente modificati. Anche Homo sapiens è un OGM, che appartiene alla natura e contribuisce alla sua evoluzione. Ne deriva che ogni azione e ogni prodotto di Homo sapiens, possono essere saggi o sciocchi, ma sono sempre “naturali”. Si potrebbe dire che la contrapposizione tra “naturale” e “artificiale” è sempre artificiosa. Non esiste il “contro natura”, perché tutto, uomo compreso, è “natura”.
La storia del grano e le moderne tecnologie “di precisione”
Bressanini e Mautino dedicano molte pagine al grano, che è alla base della nostra alimentazione. Dimostrando che quello che noi oggi consumiamo – sia tenero per il pane o duro per la pasta – è frutto del combinato disposto dell’evoluzione darwiniana (incroci causali tra piante) e dell’evoluzione culturale (indotta dall’uomo).
Certo il rapporto tra Homo sapiens e il resto della biosfera ha subito una forte (e naturale) accelerazione a partire dall’invenzione dell’agricoltura e dell’allevamento. Da allora la gran parte del cibo che l’uomo consuma è frutto di una selezione intenzionale fondata su modificazioni genetiche: dall’incrocio tra piante all’applicazione delle tecniche del DNA ricombinante. La differenza tra le tecnologie di ieri e quelle di oggi non è la “naturalità”, bensì la maggiore o minore precisione. Oggi le tecnologie per l’evoluzione delle piante indotta dall’uomo è più precisa. E anche più sicura.
Buono o non buono?
Ciò non significa che sia, necessariamente, migliore. Questo è l’altro punto che Dario Bressanini e Beatrice Mautino mettono in evidenza: non si può – non si deve – giudicare il cibo e la sicurezza dell’alimentazione sulla base delle tecnologie utilizzate. Ogni tecnica può essere buona o cattiva. Quello che si può – che si deve – fare è giudicare la bontà del prodotto. Di ogni singolo prodotto: la mela che mangio è buona o cattiva? Se è buona (dove il buono sta anche per sano) non ha importanza che sia stata prodotta con tecniche convenzionali, tecniche “bio” come in Trentino o con le tecnologie del DNA ricombinante. Il “grano Creso” è ottimo (e sano), anche se è frutto di tecnologie nucleari.
Una storia “laica” del cibo
Ecco, dunque, il grande valore del libro di Dario Bressanini e di Beatrice Mautino: ci propone una storia “laica” del cibo, non ideologica, ma interna alla storia dell’evoluzione biologica e dell’evoluzione culturale.
Abbiamo un modesto consiglio per il prossimo libro della felice coppia di autori: narrare anche il rapporto tra cibo, tecnologie di produzione e società. In fondo, per diecimila anni e fin quasi ai nostri giorni la gran parte degli uomini (tra l’80 e il 90%, dicono gli storici) ha lavorato nei campi. E in questa lunga storia l’innovazione tecnologica non è né stata costante né omogeneamente distribuita. Ma quasi sempre innovazione tecnologica e organizzazione sociale hanno avuto un rapporto co-evolutivo molto stretto. Dalla produzione schiavistica alla produzione industriale è nei campi che hanno preso forma in buona parte le società e le economie degli umani.
Bibliografia
Dario Bressanini e Beatrice Mautino (2015), Contro natura, Milano, Rizzoli.