Il “merceologo” Giorgio Nebbia (questa la sua cattedra per decenni all’Università di Bari), spentosi 3 luglio scorso a Roma, è stato una delle colonne dell’associazione Italia Nostra e del suo Bollettino negli anni ruggenti di Giorgio Bassani, di Antonio Cederna, di Bernardo Rossi Doria, di Desideria Pasolini e di altri: un vero, autorevole, rigoroso pioniere dell’ambientalismo, uno scienziato dell’ecologia, affrontata partendo da una lontana laurea in Chimica nella sua Bologna (vi era nato 93 anni fa) e dall’insegnamento pluridecennale di Merceologia all’Università di Bari. Sui maggiori giornali e anche in tv non mi è parso che vi sia stato un interesse adeguato. E invece va ricordato come merita in tempi grami per l’ambientalismo e per la tutela del patrimonio storico, artistico, paesaggistico.
Ho avuto la fortuna di conoscere bene Giorgio Nebbia nei primi anni ’60 quando cominciò a proporre con grande forza il problema dell’acqua trovando un facile accesso alle pagine di Scienza e Tecnica, rette dall’ottimo Antonio De Falco, sul Giorno dove io pure lavoravo da redattore e insieme inviato. Il nostro direttore, Italo Pietra, era grandemente sensibile a quei vasti temi, a partire dallo sfascio della montagna, che molto amava da ufficiale degli Alpini e da grande camminatore, e appunto allo spreco insensato che si continuava a fare dell’acqua. Proprio in quel periodo mi commissionò per il rotocalco domenicale una inchiesta sull’acqua “abbondante e inquinata al Nord, scarsa al Sud”. Questa era la linea sulla quale dovevo muovermi e Nebbia, persona squisita, fu l’informatore perfetto.
In quel momento si occupava in particolare dei dissalatori per l’assetato Mezzogiorno e di questo e altri problemi scriveva, come ho detto, attivamente sul Bollettino di Italia Nostra di cui era consigliere nazionale. Su quel fronte si battevano Antonio Cederna (Corriere della Sera), Mario Fazio (Stampa), il sottoscritto (prima sul Giorno, poi sul Messaggero), Vito Raponi (Avanti!), Alfonso Testa (Paese Sera), Salvatore Rea (Europeo) e pochi altri. A differenza di oggi, però, potevamo scriverne con ampia libertà sui nostri rispettivi giornali dettando, di fatto, la linea.
Tant’è che quando passai come inviato al Messaggero e ancor più quando lo diressi, dal 1980, chiamai subito Nebbia, ormai esperto di valore internazionale, per esempio sull’energia solare, a collaborarvi intensamente. Giorgio è stato anche per diverse legislature parlamentare della Sinistra Indipendente svolgendo anche questo ruolo con la consueta applicazione, assiduità e incisività. Davvero esemplare in tutto. Memorabile fra le tante fu la sua campagna contro l’inquinamento da diossina in Brianza dovuta al disastro di Seveso (e qui bisogna con lui citare la grande Laura Conti) e la denuncia del livello di atrazina presente nella falda idrica delle zone risicole (atrazina purtroppo tuttora presente, depositata sul fondo).
Voglio ricordare un suo importante scritto sulla Gazzetta del Mezzogiorno dedicato al centenario della morte di Lewis Mumford, il sociologo “importato” in Italia, scrisse, da Adriano Olivetti e dagli olivettiani Franco Ferrarotti, Carlo Doglio (personaggio tanto importante quanto dimenticato), Bruno Zevi. In realtà diffuso soprattutto dal grande geografo-storico Lucio Gambi. Mumford, scrisse lucidamente Nebbia,”gettò le basi di una nuova visione dei rapporti fra città e campagna, avanzò stimolanti proposte di regionalismo, suggerì nuovi indicatori della bellezza urbana e del benessere, nel filone degli altrettanto straordinari pensatori come l’imprenditore socialista Robert Owen (1771-1858), il principe anarchico russo Piotr Kropotkin (1842-1922), l’urbanista inglese Ebenezer Howard (1850-1928), soprattutto il biologo-economista-urbanista scozzese Patrick Geddes (1864-1932) che Mumford considerò il suo maestro spirituale”.
In tempi di scasso del territorio, di nessuna considerazione per il disastroso impatto ambientale di opere spesso inutili (penso alla recente Bre-Be-Mi e alla progettata Pedemontana Veneta in una zona già devastata da asfalto e cemento), di alti lamenti per ogni alluvione provocata dalla mancanza di un piano pluriennale di “ricostruzione” idro-geologica, di inesausto consumo di suolo, di “mito dell’automobile” (dissacrato dallo stesso Mumford) e altro ancora, credo che ricordare Giorgio Nebbia e la sua opera pionieristica sia importante. L’archivio Giorgio e Gabriella Nebbia” è depositato presso la Fondazione Luigi Micheletti di Brescia (Centro di Storia per l’ambiente). Il suo libro più recente: “Ecologia ed economia. Tre tesi per il futuro”, di un piccolo editore Andrea Pecilli di Manfredonia. Forse la Fondazione Micheletti potrebbe promuovere la pubblicazione di un’agile e popolare antologia dei suoi scritti più attuali.
La versione originale di quest'articolo è apparsa sul sito dell'associazione Italia Nostra