fbpx Tutti insieme chimicamente | Scienza in rete

Auguriamoci un futuro con tanta chimica

Primary tabs

La ricerca chimica è indispensabile per fornire all’umanità gli strumenti necessari alla transizione energetica. 

Immagine: Pixabay License.

Tempo di lettura: 6 mins

Una battuta, che si trova spesso navigando nei canali social della nerd-culture, recita: «Fidati dei chimici, hanno tutte le soluzioni». Se non si coglie immediatamente il doppio significato della parola «soluzioni», questa può sembrare anche una frase altezzosa e superba, ma nasconde una dose di verità. La chimica è scienza centrale, ponte di collegamento tra le scienze fisiche e le scienze applicate e certo non stupisce che alcuni dipartimenti universitari includano la chimica nelle scienze della vita.

Figura 1 Schema delle scienze, senza alcuna pretesa di completezza, secondo Balaban e Klein

Se si cerca quindi con attenzione, per ogni problema dell’umanità, si troverà probabilmente un gruppo di chimici che ne sta studiando le soluzioni. Tra le sfide più ardue del XXI secolo, ci sono la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico: è un argomento che si può suddividere in varie micro-tematiche, ognuna delle quali vede in azione chimici e scienziati a caccia di soluzioni innovative. La ricerca di nuove tecnologie per l’energia è una tematica centrale anche dal punto di vista sociale ed economico, oltre che tecnico-scientifico.

L'essere umano è un animale energivoro.

Abbiamo bisogno di energia, assimilata sotto forma di cibo, per mantenere le funzioni vitali; abbiamo bisogno di energia, sotto forma di calore ed elettricità, per mantenere calda e accogliente la nostra casa; abbiamo bisogno di energia per muoverci e per mantenere attiva la nostra socialità. La fonte da cui ricaviamo tutta questa energia è sotto i nostri piedi: l’estrazione di petrolio, carbone e gas è l’attività dominante per l’approvvigionamento di fonti energetiche e ci fornisce l’80% dell’energia che usiamo ogni giorno.

Figura 2 Le principali fonti di energia usate nel mondo (dati 2016)

Queste fonti possiedono, immagazzinata nei legami tra gli atomi che le compongono, una smisurata quantità di energia. Quando bruciamo petrolio o gas, non facciamo altro che liberare tutta l’energia chimica imbrigliata nelle molecole, per poterla usare a nostro piacimento. Ci sono tre grosse controindicazioni a questo metodo. La prima è ineluttabile: ad ogni trasformazione dell’energia è associata una quota della stessa che viene dispersa e mai più recuperata. La seconda e la terza, invece, sono gestibili: le fonti fossili sono limitate e a base di carbonio. Quando il carbonio è coinvolto in queste trasformazioni energetiche, libera anidride carbonica (CO2), che inizia il suo viaggio verso l’alto e si parcheggia nella nostra atmosfera, con conseguenze ben note (e comunque affrontate altrove in questo dossier).

È quindi necessario andare oltre la chimica del carbonio e guardare altrove per cercare nuove fonti di energia. Basta una semplice azione: smettere di guardare sotto la superficie terrestre e iniziare a guardare verso l’alto. Il sole riversa ogni ora sulla terra la stessa quantità di energia che l’umanità consuma in un anno. Con numeri di questo tipo, sembrerebbe ovvio utilizzare l’energia solare per soddisfare il fabbisogno dell’umanità, ma la nostra stella ci fornisce energia sotto forma di radiazione, che deve essere trasformata in elettricità, calore o energia chimica, a seconda delle necessità. Il metodo, a oggi, più efficace è l’utilizzo di pannelli fotovoltaici che trasformano la luce solare in elettricità: è una tecnologia basata su elementi chimici come silicio, alluminio, germanio e alcune terre rare, come cerio o terbio. In ogni caso, è una tecnologia a scarso utilizzo di carbonio. È una caratteristica ottima per l’ambiente, ma è un tratto sfidante per i ricercatori che studiano come migliorare le prestazioni dei pannelli.

Figura 3 Tavola periodica in cui ogni casella ha un’area proporzionale all’abbondanza dell’elemento nella crosta terrestre. Gli elementi utili alle tecnologie rinnovabili sono evidenziati.

La tavola periodica in Figura 3 è illuminante: per funzionare a dovere, i dispositivi fotovoltaici e le batterie moderne usano elementi rari, che devono essere estratti dalla crosta terrestre ma che sono anch'essi una risorsa finita. I chimici stanno lavorando per sostituire tali elementi con altri meno «nobili», come spiega Nicola Armaroli, chimico e dirigente di ricerca presso il CNR: «i pannelli fotovoltaici al silicio oggi trasformano il 20-25% di energia solare in energia elettrica; per fare un confronto, la fotosintesi clorofilliana trasforma in energia utilizzabile solo l’1% della radiazione solare. Abbiamo quindi raggiunto livelli soddisfacenti sotto questo aspetto. La vera sfida tecnologica sta nelle batterie: nei dispositivi di accumulo c’è il cobalto, un elemento le cui caratteristiche si sposano alla perfezione con le proprietà del litio, il materiale che permette alle batterie di lavorare. Il cobalto è piuttosto raro e le miniere si trovano quasi esclusivamente nella Repubblica Democratica del Congo: lo sviluppo tecnologico si sta concentrando sulla sostituzione del cobalto con il nichel e sull’aumento di energia accumulabile da un singolo dispositivo.»

Un’attenta selezione degli elementi da utilizzare non basta, i materiali che compongono un dispositivo devono essere riciclati. I metalli hanno un grande vantaggio: una volta lavorati e purificati, ritornano perfettamente funzionanti e quindi riutilizzabili per produrre un dispositivo identico a quello da cui provengono. Le dinamiche di mercato, però, rendono il processo più complesso: «Attualmente, dal punto di vista del mercato, ciò che si recupera dalla batteria non ha lo stesso valore: il cobalto è molto ricercato, il manganese è interessante, mentre il litio no. Conviene estrarre litio dalla crosta terrestre piuttosto che recuperarlo dalle batterie. È una follia, dato che la concentrazione di litio è molto più alta in un accumulatore che in una miniera».

Ancora una volta, la chimica è centrale per mettere a punto tecnologie di riciclo efficaci che spingano un'azienda a riciclare piuttosto che estrarre dalle miniere. Per il futuro, quindi, avremo bisogno di dispositivi efficienti e facili da smontare, per recuperare tutti i metalli che li compongono. Le tecnologie di riciclo per metalli come il litio, il germanio o l’indio saranno una strettissima necessità, quando l’umanità vivrà esclusivamente a energia elettrica rinnovabile. È un risultato da cui siamo ancora lontani: fatta eccezione per alcune aziende molto virtuose, molte altre producono pannelli fotovoltaici, e altri dispositivi, usando energia da fonti fossili, contribuendo quindi alle emissioni di anidride carbonica in atmosfera. Quando le tecnologie del fotovoltaico forniranno anche l’energia necessaria a produrre nuovi pannelli, allora il ciclo di vita di un pannello fotovoltaico non contribuirà ad emettere anidride carbonica in atmosfera.

«La chimica darà un grande contributo allo sviluppo tecnologico, per migliorare la sostenibilità e trovare soluzioni nuove alla produzione, all’utilizzo e allo smaltimento di un dispositivo. C’è un sacco di lavoro da fare». Ogni anno la potenza ottenuta da impianti fotovoltaici cresce del 30%: è una corsa inarrestabile che ci porterà a una transizione energetica, dal fossile al rinnovabile. La ricerca scientifica continuerà a dare impulso al processo, rendendo le tecnologie semplici, efficienti e accessibili a tutti; se la comunicazione scientifica sarà seria ed efficace, e la società ascolterà con attenzione ciò che i ricercatori hanno da dire, allora la transizione potrà essere ancora più rapida e indolore. Tutti possono e devono fare la propria parte per migliorare le condizioni tecnologiche e ambientali in cui oggi l’umanità e il pianeta si trovano.

 

Bibliografia
Armaroli N., Balzani V., Energia per l’Astronave Terra, Zanichelli 3° ed.
Balaban A. T., Klein D. J., Scientometrics, (2006), 69, 615-637
Balzani V., Pacchioni G., Prato M., Zecchina A., Rendiconti Lincei. Scienze Fisiche e Naturali, (2019) 30, 443-452
Armaroli N., Balzani V., Chemistry, a European Journal (2016) 22, 32-57
Armaroli N., Monti F., Barbieri A., Substantia (2019) 3(2), 75-89
Royal Society of Chemistry, Solar Fuels and Artificial Photosynthesis, 2012: https://www.rsc.org/globalassets/04-campaigning-outreach/policy/research-policy/global-challenges/solar-fuels-2012.pdf

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Discovered a New Carbon-Carbon Chemical Bond

A group of researchers from Hokkaido University has provided the first experimental evidence of the existence of a new type of chemical bond: the single-electron covalent bond, theorized by Linus Pauling in 1931 but never verified until now. Using derivatives of hexaarylethane (HPE), the scientists were able to stabilize this unusual bond between two carbon atoms and study it with spectroscopic techniques and X-ray diffraction. This discovery opens new perspectives in understanding bond chemistry and could lead to the development of new materials with innovative applications.

In the cover image: study of the sigma bond with X-ray diffraction. Credits: Yusuke Ishigaki

After nearly a year of review, on September 25, a study was published in Nature that has sparked a lot of discussion, especially among chemists. A group of researchers from Hokkaido University synthesized a molecule that experimentally demonstrated the existence of a new type of chemical bond, something that does not happen very often.