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Adolescenza e pornografia online: quali effetti e quali predittori di consumo?

Uno studio del gruppo MUSA del CNR, condotto a livello nazionale, analizza i predittori dell’uso precoce di pornografia online negli adolescenti e valuta gli effetti di quest'ultima, mostrando come produca effetti dissimili su maschi e femmine.

Crediti immagine: charlesdeluvio/Unsplash

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Negli ultimi anni si è assistito a un crescente consumo di pornografia mainstream online e alla diminuzione dell’età dei suoi consumatori. Il tema è ormai oggetto di cronaca, oltreché di storici tabù e opinioni che contrastano con la complessità del fenomeno e dei suoi riflessi sul benessere relazionale. Gli studi internazionali sul tema che si sono sviluppati negli ultimi anni focalizzano invece l’attenzione sugli effetti negativi della pornografia sui più giovani, e in particolare sui ragazzi, trascurando le ragazze e la possibilità di eventuali effetti positivi connessi a tale consumo.

Una recente ricerca nazionale sugli adolescenti, condotta dal gruppo MUSA del CNR, ha identificato i predittori dell’uso precoce di pornografia online dimostrando che questo consumo produce effetti dissimili su maschi e femmine: negativi sui primi, laddove si enfatizza il sessismo, e positivi, ovvero emancipativi, sulle seconde. Le ragioni risiedono nella socializzazione di genere.

La nuova adolescenza

L’adolescenza è notoriamente un’età intensa, indelebile e critica, oggi ancor più che in passato. Fatto che non è addebitabile agli adolescenti in sé, che certamente sono come tutti in continua evoluzione, ma alle carenze educative, informative e formative di noi adulti. A differenza di un tempo, infatti, i genitori non si limitano più a riproporre ai figli schemi educativi che riproducono (pur spesso senza intenzionalità) disuguaglianze e limiti sociali, ma delegano sempre più a internet - e a breve si abdicherà per l’intelligenza artificiale - importanti responsabilità genitoriali. La scuola, anch’essa per carenze formative, finanziarie e per la scarsa attenzione attribuita al suo ruolo sociale, persegue il mandato con fini anacronisticamente nozionistici, eludendo le evidenti esigenze di sviluppo di competenze emozionali e relazionali oramai imprescindibilmente necessarie allo stimolo della curiosità e dello spirito critico di un universo di discenti sempre più eterogeneo e complesso.

Dal 2020 a oggi, come diretta conseguenza del distanziamento fisico prodotto dalla pandemia, si sono d’improvviso aggravati problemi giovanili endemici e ne sono emersi di nuovi con cui avremmo già dovuto iniziare a fare i conti, ma dei quali poco si parla, sebbene riguardino una rivoluzione già in corso nell’interazione umana. La sostituzione dell’interazione reale, quella faccia a faccia, con quella virtuale, è il primo di questi. Essa è stata scaturita dal “tuffo” nel web che un po’ tutti abbiamo fatto con la pandemia, e ha determinato un’incontrollata iperconnessione, e dunque dipendenza da internet. I più giovani, e più fragili in assenza di opportuni supporti educativi ed esperienziali, hanno da allora sperimentato disagi direttamente derivanti dalla corrosione delle loro interazioni reali: solitudine interiore spinta fino al ritiro volontario dalla vita sociale, autolesionismo, consumi a rischio, disturbi dell’alimentazione e ideazioni suicidarie. Il tutto condito da fragilità, aggressività, insicurezze, frustrazioni e inibizioni né prevenute né trattate.

La costruzione dell’identità sessuale

L’adolescenza è una fase della vita cruciale anche per lo sviluppo dell'identità sessuale, la cui fisionomia contribuisce alla percezione che abbiamo di noi stessi in relazione al mondo esterno. È però importante comprendere che in Italia questa evolve su uno sfondo precostituito, che è quello della socializzazione “binaria”, ovvero di genere, che ci viene impartita in ambito genitoriale  e che successivamente la scuola e le esperienze di vita riescono al più ad attenuare. Questa forma di socializzazione è espressione di una cultura diffusa, è occulta nelle sue modalità di riproduzione generazionale e stabilisce le aspettative di vita, il come doversi comportare sulla base di ruoli sociali erroneamente percepiti come “naturali”, a partire da quelli, appunto, di genere. L’adesione a questo ideale archetipico, che rievoca il mito dell’“autorità dell’eterno ieri”, consola gli uomini, e coinvolge le donne che continuano a guardare il mondo sotto l’effetto di stereotipi che condizionano profondamente l’andamento delle loro vite. La socializzazione di genere è la stessa che ci spinge in preconfezionate asimmetrie relazionali che ingigantiscono il rischio dell’innescarsi di una violenza fondata sull’irreale “naturalità” della contrapposizione tra la supremazia maschile e la subalternità femminile. L’ambivalenza tra ciò che percepiamo di poter e dover essere e ciò che ci viene socialmente detto di fare in base al nostro sesso può risolversi con lo smascheramento degli stereotipi interiorizzati in infanzia oppure alimentando la “profezia che si autoavvera”, che consiste nell’acritica, passiva conformità alla spacciata naturalità dei ruoli di genere.

In questo inscatolato mondo, dal quale non è facile uscire perché frutto di un’artificiale costruzione umana intrisa di simbolismi culturali resistenti al cambiamento, si colloca l’idea del sesso. Idea artefatta, dissimulata da tabù e anch’essa delegata a internet, che ormai incontrastata agenzia socializzatrice altro non fa che colmare l’assenza degli adulti, in questo caso nell’educazione sessuale. Non esistendo, però, un’idea di educazione sessuale che internet possa a oggi sostenere fondata su una visione pedagogica organica e condivisa da professionisti del settore, l’identità sessuale tende a strutturarsi sulla base di logiche commerciali coerenti con una cultura sessista che è solo lo specchio della nostra società e dei nostri stereotipi.

Gli effetti del consumo precoce di pornografia online

L’educazione sessuale passa così per ciò che i più giovani trovano o cercano in rete: la pornografia mainstream. Considerando che a partire dal 2020 c’è stato un enorme aumento del numero degli accessi ai siti porno online, appare evidente il ruolo prioritario di queste piattaforme nell’educazione sessuale delle nuove generazioni. Sarebbe infatti ingenuo pensare che gli accessi registrati dai principali siti porno e da Google Trends non abbiano riguardato e non riguardino anche i minori. È noto infatti che le barriere all’accesso dei più piccoli a questi siti possono essere facilmente aggirate, basandosi esclusivamente sulle informazioni fornite dai richiedenti accesso.

La recente ricerca nazionale sugli adolescenti condotta dal gruppo Mutamenti sociali, Valutazione e Metodi (MUSA) del Consiglio Nazionale delle Ricerche ha analizzato per la prima volta su larga scala il fenomeno, innanzitutto registrando un uso molto frequente di pornografia nel 46,2% dei maschi e nell’8,4% delle femmine. Ciò indica che, nonostante tale consumo come forma di intrattenimento sia ormai largamente accettato, tra gli adolescenti è ancora presente un “doppio standard”, ossia il tabù del piacere sessuale femminile, rafforzato dall’adesione al credo religioso, che infatti inibisce il consumo di pornografia esclusivamente tra le ragazze. Consuma pertanto maggiormente pornografia online chi ha minore inibizione sociale, che si evince in una maggiore tolleranza verso l'uso di alcol e altre sostanze psicotrope, e chi è più iperconnesso, ovvero trascorre oltre quattro ore al giorno sui social media.

Quali sono, sempre secondo i risultati di ricerca, gli effetti del consumo precoce e intensivo di pornografia online? Guardando a quelli che riguardano sia ragazzi che ragazze, si ritrova innanzitutto il deterioramento dell’autostima. Questo perché la pornografia tradizionale favorisce l’ipersessualizzazione delle relazioni, generando ansia da prestazione, insoddisfazione sessuale e per il proprio aspetto fisico; fattori dovuti al commisurarsi con performance generalmente irraggiungibili e standard di bellezza che non rispecchiamo la varietà del mondo reale. Altri gravi effetti che indistintamente coinvolgono tutti e tutte sono l’amplificazione di emozioni negative (rabbia, paura, tristezza e angoscia), e la produzione di ansia e depressione.

Gli effetti che invece differiscono per sesso sono proprio il riflesso della socializzazione di genere a cui si è precedentemente accennato. Come conseguenza dell'ipermascolinità e della violenza solitamente rappresentata nella pornografia tradizionale, all’aumentare di questo consumo i ragazzi divengono più tolleranti sia verso comportamenti violenti sia un’oggettivizzazione delle donne che rafforza l’adesione ai rigidi ruoli di genere, secondo un’idea di dominio maschile, anche nelle pratiche sessuali, che si contrappone a un ruolo di passività femminile. Ciò vuole dire che, in assenza di una mediazione educativa, l’esposizione precoce alla pornografia online incide diversamente su ragazzi e ragazze, producendo solo su queste ultime un effetto emancipativo e di rottura delle inibizioni sociali. Da considerare però che le ragazze rincorrono sempre più una pornografia non mainstream, e cioè prodotti, esistenti ma decisamente meno diffusi, che non adottano cliché sessisti.

Dove risiede dunque il problema? Esso consiste nella pornografia sessista, nella socializzazione sessista o nell’ineducazione sessuale? Certamente la sola inibizione dell’accesso ai siti pornografici ai minori non risolverebbe il problema, essendo ormai i loro contenuti accessibili nei modi più disparati. Solo guardando al quadro generale del fenomeno si rende evidente che il problema è ancora una volta negli stereotipi della nostra società, tutt’oggi diffusi e resistenti, e certamente nell’assenza di educazione sessuale, dal momento che la pornografia online altro non è che lo specchio di ciò che siamo, e degli stimoli educativi che mancano.

 


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