Antonio Meucci (Firenze, 1808 - Long Island, 1889) è un inventore e un patriota. In entrambi le attività è stato piuttosto sfortunato. Primo di nove figli, si interessa, fin da giovane, ai fenomeni elettrici e magnetici. La sua partecipazione ai moti rivoluzionari del 1831 lo costringe però a trovare riparo in America. Il fiorentino raggiunge prima Cuba e poi, nel 1845, New York (si sistema a Staten Island) dove mette su una piccola azienda per la produzione di candele in paraffina.
Tra il 1850 e il 1853 accoglie ed elegge a socio della sua azienda l’amico Giuseppe Garibaldi.
Meucci, che ha una buona preparazione in meccanica e chimica, ha effettuato numerose invenzione e le ha anche brevettate. Ma il suo nome è legato all’invenzione principale, quella del telefono.
Nel 1854 perfezionando uno strumento sperimentato a Cuba, mette a punto infatti il “telettrofono”: il primo telefono elettrico, costituito un diaframma vibrante collegato a un magnete. Gli serve per comunicare dal suo ufficio con la moglie, ammalata. Meucci brevetta il suo apparecchio nel 1871. Purtroppo, a causa della mancanza di risorse, è un brevetto temporaneo, da rinnovare ogni anno. Le sue difficoltà economiche e il rifiuto della Western Telegraph di finanziarlo gli impediscono di continuare a migliorare e, soprattutto, a far conoscere la sua invenzione. Nel 1876 il signor Alexander Graham Bell brevetta un apparecchio simile e rivendica la priorità dell’invenzione. Meucci sospetta che Bell gli abbia copiato i disegni, essendone venuto in possesso. Ne segue una lunga disputa giudiziaria, non del tutto limpida, che vede Meucci soccombere. Prima che nel 1887 il giudice gli riconosca la priorità dell’invenzione del telefono meccanico, attribuendo a Bell quella del telefono elettrico. Cosicché Bell può continuare a sviluppare la sua azienda, la Bell Company, che diventa un colosso delle telecomunicazioni.
L’11 giugno 2002 il Congresso degli Stati Uniti ha ufficialmente riconosciuto che Antonio Meucci è stato l’inventore del telefono.
Dal punto di vista scientifico, Antonio Meucci seguì sempre i precetti di Galileo e di Leonardo, coi quali era stato educato, cioè riunendo “la speculativa alla pratica… in guisa che la Pratica offra le difficoltà dei fenomeni e la Teoria tolga le prime e spieghi i secondi, ed a vicenda correggano i loro errori, e si comunichino le loro verità”. Soprattutto - e in questo lo possiamo avvicinare a Thomas Alva Edison – fece del motto “Provando e riprovando” dell’Accademia del Cimento, fondata dai seguaci di Galileo, un suo costante costume di ricerca, come provato dai suoi più di trenta modelli di telefono sperimentati in circa due decenni di tenace lavoro (Basilio Catania)