Giovanni Virginio Schiaparelli (Savigliano, 1835 – Milano, 1910) è uno dei più grandi astronomi italiani. Nato il 14 marzo 1835 a Savigliano, in provincia di Cuneo, già a sette anni, dopo aver osservato un’eclissi totale, si innamora della scienza degli astri. Tuttavia si laurea in Ingegneria idraulica e architettura civile nel 1854 presso il Politecnico di Torino.
La sua antica passione, però, non lo abbandona. Nel 1857 si reca a Berlino e poi, nel 1859, presso l’Osservatorio di Pulkovo di San Pietroburgo, per perfezionare le sue conoscenze. Nel 1860 viene nominato secondo astronomo dell’Osservatorio Astronomico di Brera e nel 1862 primo astronomo. Mantiene la direzione della specola milanese fino all’anno 1900. Diventa anche senatore del Regno.
A suo merito va ascritto il processo di profondo rinnovamento della strumentazione tecnica dell’Osservatorio di Brera, che dota, tra l’altro, di due rifrattori di Merz, uno da 22 centimetri (acquisito nel 1865) e l’altro da 50 centimetri (acquisito dal 1882, operativo dal 1886). Quest’ultimo è stato a lungo il telescopio più grande in dotazione agli osservatori astronomici italiani.
Come scienziato non è certo da meno. Dal 1875, Schiaparelli inizia una dettagliata e metodica osservazione delle stelle doppie che lo tiene occupato per un quarto di secolo durante i quali misura la posizione e la separazione angolare di 11.775 stelle doppie.
Elabora la teoria oggi considerata corretta delle stelle cadenti: frammenti di comete che attraversano l’atmosfera terrestre. I suoi studi su questo argomento gli valgono la medaglia d’oro della Società Italiana delle Scienze, il premio Lalande dell’Academie des Sciences di Parigi e la medaglia d’ora della Royal Astronomical Society di Londra.
Il suo nome è noto anche al grande pubblico per gli studi su Marte. Osservando il pianeta durante le opposizioni che si verificano tra il 1876 e il 1890, grazie ai telescopi Merz e a una metodologia fino ad allora utilizzata solo nelle carte terrestri, Schiaparelli redige le mappe del pianeta rosso più precise e dettagliate mai realizzate fino ad allora.
Schiaparelli nota che tutta la vasta superficie dei cosiddetti continenti di Marte è «solcata per ogni verso di una rete di numerose linee o strisce sottili di color oscuro [...] Queste linee o strisce sono i famosi canali di Marte».
L’astronomo non dice nulla sulla natura di quei canali. Non nelle pubblicazioni scientifiche, almeno. Solo nel 1895 in un articolo pubblicato su Natura e Arte, darà «alla fantasia un più libero volo», sostenendo che quei canali sono il frutto di una civiltà molto progredita che ha creato una fitta rete di canali per consentire all’acqua dei ghiacci polari di raggiungere e irrigare le terre altrimenti deserte dei continenti.
Ma già alla fine del secolo osservazioni effettuate con strumenti più potenti consentono di verificare che di canali, e men che meno di canali artificiali, su Marte non ce ne sono.
Nel 1907 in una lettera a Vincenzo Cerulli, Schiaparelli riconosce i canali sono un’illusione ottica generata, probabilmente, dalla scarsa risoluzione degli strumenti da lui utilizzati.
Negli ultimi anni della sua vita, Schiaparelli – che è un uomo colto e di vasti interessi – si dedica in maniera sistematica alla storia dell’astronomia e alla storia della scienza ebraica.
Muore a Milano 4 luglio 1910.
Memoria poca, genio nessuno, molta pazienza e infinita curiosità di saper tutto. Questo è press’a poco il mio ritratto intellettuale (Giovanni Virginio Schiaparelli)
Di lui tutto è noto, perché tutto è preclaro; gli studi e la laurea all’Università di Torino nelle matematiche; i perfezionamenti nella scienza astronomica acquistati agli osservatorii di Berlino e di Pulkowa; la direzione dal 1875 a Milano dell'osservatorio astronomico di Brera; i suoi rinomati lavori ivi compiti tra il 1875 ed il 1888 sulla topografia del pianeta Marte, di cui scoperse i canali e le loro germinazioni; la scoperta del 69° pianeta Hesperia, fra di altre patimenti importanti; il premio Lalande, datogli dall'Accademia delle scienze di Francia; le molte onorificenze neppur pari al suo merito; la croce degnamente portata dell'Ordine civile di Savoia; l'accoglimento nelle principali accademie scientifiche nazionali e straniere. Le sue pubblicazioni hanno la celebrità. L'elogio di lui non è a comporsi in breve ora; e sarà proprio della penna degli scienziati. Io, scarso necessariamente nel dire, sotto la commozione del doloroso momento, chiuderò le parole mie con queste del senatore Celoria, che, dandomi la notizia della morte del nostro illustre collega, dice scomparso un uomo gloria della scienza e della patria Italiana. Di questa gloria sarà eternato il nome, cui oggi tutti riverenti c’inchiniamo con l’ultimo vale (Giuseppe Manfredi, Presidente del Senato)
Nello Schiaparelli non c'era soltanto lo scienziato da ammirare, ma anche l'uomo; egli era di una modestia incredibile che andava al di là di tutti i limiti possibili e immaginabili. A sentirlo parlare, egli non aveva fatto niente, ed era sempre sorpreso che qualcuno o qualche grande accademia lo trattasse come un'illustrazione della scienza. Io non ho mai visto un uomo così modesto (Pietro Blaserna)
Il telescopio Merz
Schiaparelli e le mappe di Marte