Giuseppe Vitali (Ravenna, 1875 – Bologna, 1932) è un matematico e un politico ravennate. Si è laureato a Pisa nel 1899, dove ha frequentato la Scuola Normale, dove è stato assistente di Ulisse Dini per non più di un paio di anni. Dopodiché ha lasciato la matematica. Dal 1901 al 1903 lo troviamo a insegnare nelle scuole di Sassari e Voghera. Dal 1904 e fino al 1923 insegna presso il liceo Cristoforo Colombo di Genova e si impegna, appunto, in politica, quale esponente del Partito Socialista. È consigliere comunale e poi assessore.
Ma quando arriva il fascismo e il Partito Socialista viene messo fuori legge, nel 1923,Vitali ritornò alla matematica. Sia allo studio, in particolare del calcolo infinitesimale. Sia alla carriera accademica: ottenendo una cattedra di calcolo infinitesimale prima a Modena, poi a Padova e infine, nel 1930, a Bologna. Nel 1926, intanto, subisce un attacco di emiplegia, che lo lascia lucido nella mente ma segnato nel corpo.
In tutti questi anni Vitali non aveva mai lasciato la ricerca, conducendola in una condizione di sostanziale isolamento. Quindi non sorprende più di tanto il fatto che ottenga importanti risultati originali. A cominciare dalla nozione di funzione assolutamente continua. Ma il suo nome è associato allo sviluppo della teoria della misura e a un teorema che porta appunto il suo nome, il teorema di Vitali-Lebesgue, considerato molto importante nell’ambito della teoria dell’integrazione e delle funzioni di variabile reale. Anche per questo entra all’Accademia dei Lincei.
Muore, per un nuovo attacco cardiaco, a 56 anni mentre è a lezione.
I concetti da Lui introdotti, e i risultati raggiunti che oramai dominano nella teoria delle funzioni di variabile reale, Gli assicurano uno dei primi posti in questo campo di studi. Essi furono ottenuti nel periodo 1903-1908 nello snervante insegnamento delle scuole medie. Il Vitali è stato quello che gli inglesi chiamano un self-made-man (Angelo Tonolo)