Vito Volterra (Ancona, 1860 – Roma, 1940) è stato non solo un grande matematico ma anche, per alcuni decenni, la figura più rappresentativa della scienza italiana. Ha fondato sia il Consiglio Nazionale delle Ricerche sia la Società italiana di fisica. È stato Senatore del Regno, a partire dal 1905. È stato uno dei dodici docenti italiani (su oltre 1.200) che, nel 1931, rifiutarono il giramento al fascismo e si ritirò dall’insegnamento.
Nasce il 3 maggio 1860 ad Ancona. I suoi genitori, che appartengono alla comunità ebraica, vivono nell’antico ghetto della città marchigiana istituito nel XVI secolo. Il padre, Abramo, muore quando Vito ha appena due anni. La famiglia sarà sostenuta da Alfonso, fratello della madre, Angelica Almagià. Vito segue gli spostamento dello zio Alfonso, prima a Terni, poi a Torino, infine a Firenze. Studia presso la sezione fisico-matematica dell’Istituto Tecnico e poi, nel 1878, si iscrive all’Università di Pisa. L’anno seguente è iscritto alla Scuola Normale, dove ha come docenti Enrico Betti e Ulisse Dini. Il suo principale campo di interesse è l’analisi matematica, ma lavora a problemi di fisica-matematica. D’altra parte si laurea proprio in fisica, nel 1882, discutendo una tesi di idrodinamica. L’anno dopo è già docente dell’Università di Pisa, dove insegna meccanica razionale.
In questi anni e in questi studi utilizza gli strumenti classici della fisica matematica, le equazioni differenziali. Ma utilizza anche le equazioni integrali, ne sviluppa la teoria. Di particolare importanza sono le sue ricerche sulla “funzioni di linea”: le funzioni le cui variabili sono altre funzioni. Con questi studi di fatto estende i confini dell’”analisi funzionale” (il termine sarà coniato dal francese Jacques Hadamard).
Vito Volterra ottiene risultati molto importanti anche in fisica matematica. Di particolare rilievo le ricerche sulla teoria luminosa nei mezzi birifrangenti e sulla teoria delle distorsioni elastiche.
Nel 1892, alla morte di Enrico Betti, diventa professore di Meccanica all’Università di Torino. Proprio nella città piemontese approfondisce le ricerche sulle equazioni differenziali alle derivate parziali. Nel 1897 contribuisce a fondare la Società italiana di fisica, di cui diventerà presidente. Nell’anno 1900 diventa professore di fisica matematica all’università di Roma. In questo momento è già uno degli scienziati italiani più noti, in Italia e all’estero: diventa, infatti, Presidente del Consiglio internazionale delle ricerche.
Diventa senatore del Regno, fonda la Società italiana per l’avanzamento delle scienze (Sips) e ingaggia con Benedetto Croce una polemica sul valore culturale della scienza. Partecipa alla Prima guerra mondiale, arruolandosi, a 55 anni, nel Corpo Militare degli Ingegneri. Ma la sua attività scientifica non cessa. Anzi, proprio in questi anni ottiene uno dei suoi risultati scientifici più noti, nello studio della dinamica delle popolazioni, contribuendo a elaborare un’equazione che governa le relazioni preda-predatore, nota come equazione Lotka-Volterra, con cui si inaugura l’ecologia matematica.
A guerra finita, avendo constatato l’importanza crescente della scienza applicata nell’economia di una nazione e avendo guardando al rapporto tra scienza e società da un osservatorio internazionale privilegiato, chiede e ottiene che in Italia venga fondato il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), di cui diventa il primo Presidente. È il 1923.
Dal 1921 è eletto presidente del Bureau International des Poids et Mesures, che ha sede a Parigi. Resterà in carica fino alla morte.
Ma intanto in Italia arriva il fascismo. Volterra ne è un oppositore coerente e ne paga le conseguenze. Nel 1926 è allontanato dalla Presidenza del CNR (sostituito da Guglielmo Marconi) e dall’Accademia dei Lincei. Nel 1931 rifiuta di giurare fedeltà al regime e perde anche la cattedra all’università. Nel 1938 viene colpito dalle leggi razziali fasciste.
Muore l’11 ottobre 1940. Da pochi mesi l’Italia è entrata in guerra.
In molti ancora è il desiderio di una solenne manifestazione nazionale delle scienze di fronte al paese, il quale non apprezza ancora nel suo giusto valore l’importanza della ricerca scientifica né quale forza rappresenti per la prosperità civile ed economica di una nazione (Vito Volterra)