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Clima: quattro nuovi scenari e infiniti futuri possibili

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Nella prima parte del V Rapporto IPCC diffuso pochi giorni fa, scienziati e climatologi  hanno confermato che il cambiamento climatico è “inequivocabile” e che le attività umane sono la causa principale dell'aumento costante della temperatura globale. L'ampiezza delle prove empiriche e i metodi di ricerca sempre più avanzati lasciano ormai poco spazio ai dubbi (per chi ancora ne avesse), ma, senza nulla togliere al lavoro di raccolta e valutazione svolto dall'IPCC, non è stata una grande sorpresa. Erano conclusioni ben fondate già nel precedente rapporto del 2007 e da una lunga serie di pubblicazioni scientifiche.

Una novità però c'è. Per rappresentare le traiettorie su cui l'umanità viaggia verso un futuro di maggiori o minori cambiamenti climatici è stata usata una nuova gamma di scenari, chiamati RCPs ovvero Rapresentative Concentration Pathways.

Gli scenari sono prima di tutto degli standard di riferimento. Permettono ai ricercatori di tutto il mondo che lavorano su diversi modelli di simulazione di avere una base comune, di evitare duplicazioni e di confrontare e trasmettere più facilmente i risultati ottenuti. Ma raccolgono anche le basi scientifiche necessarie per potersi fare una serie di domande sul futuro del clima: quanto può aumentare la temperatura se continuiamo a bruciare combustibili fossili? Quanto è veloce lo scioglimento delle calotte polari? E quanto influisce sull'innalzamento del livello dei mari? Tra 50 anni pioverà di più o di meno? Quanto carbonio deve trattenere la tecnologia CCS (Carbon Capure and Storage) per essere considerata efficace? Quanto tempo abbiamo per ridurre le emissioni di gas serra prima di raggiungere la soglia dei 2°? E così via. 

Con gli RCPs siamo arrivati alla quarta generazione di scenari climatici. I primi furono gli SA90 del 1990 e gli IS92 del 1992. Nel 2000 l'IPCC adottò gli scenari SRES, usati nei report del 2001 e del 2007 . Gli RPCs ricevono il via libera nel 2006 ma, al di fuori degli addetti ai lavori, pochi ne avevano sentito parlare prima della pubblicazione del lavoro del Working Group I. 

Come i precedenti SRES, gli scenari del V Rapporto sono quattro: RCP8.5, RCP6, RPC4.5, RCP2.6. Le sigle all'apparenza cripitiche si riferiscono al forcing radiativo previsto per il 2100 nelle quattro ipotesi, cioè alla differenza tra la radiazione solare in entrata e in uscita dall'atmosfera terrestre (troposfera), misurata in watt per metro quadrato. In sostanza, quanta energia solare (in più) verrà intrappolata dalle maggiori concentrazioni di gas serra e  ritornerà sulla Terra, aumentando la temperatura di superficie, invece di disperdersi nello spazio.

Il primo scenario, RCP8.5, è ad alte emissioni. Rappresenta in sostanza il businness-as-usual e la situazione in cui ci troviamo ancora oggi: aumentano le emissioni di gas serra, aumenta la concentrazione in atmosfera. Il secondo e il terzo sono scenari di stabilizzazione, in cui grazie all'impiego di strategie e tecnologie per ridurre le emissioni, il forcing radiativo si stabilizza. Dopo il 2100, nel caso RCP6, o prima del 2100, per RCP4.5. Il quarto ed ultimo viene anche chiamato RCP2.6PD, dove PD sta per “peak and decline”. In questo caso le emissioni raggiungono un picco e poi vengono decisamente ridotte nei prossimi 10-20 anni. La concentrazione di gas serra si abbassa progressivamente e la quantità di calore trattenuta dall'atmosfera terrestre diminuisce. A ciascuno scenario corrispondono le proiezioni di quanto aumenterà la temperatura, quanto salirà il livello del mare, quanto carbonio verrà disperso nell'atmosfera:

Scenario




Aumento medio della temperatura di superficie (C°)

 



Innalzamento medio del livello del mare (m)

 


Emissioni cumulative (GtC )


RCP8.5 


2.6 - 4.8


0.45 - 0.82 


1415 - 1910 


RCP6.0 


1.4 - 3.1


0.33 - 0.63 


840 - 1250 


RCP4.5 


1.1 - 2.6


0.32 - 0.63 


 595 - 1005 


RCP2.6 


0.3 - 1.7 


0.26 - 0.55 


140 - 410 


Il forcing radiativo è il parametro fondamentale su cui si basano gli scenari RCPs, ma non è l'unico.  Il secondo sono le emissioni, cioè la quantità di gas serra (anidride carbonica, metano e protossido di azoto sono i principali) che disperderemo nell'atmosfera nel corso degli anni:

Il terzo è la concentrazione dei gas serra, misurata in parti per milione (ppm):

Gli scenari RPCs sono diversi rispetto ai loro predecessori, perchè invece di partire da diverse ipotesi di sviluppo socio-economico (basate su criteri come la crescita della popolazione, il prodotto interno lordo globale, l'uso del suolo e delle risorse energetiche) e arrivare all'impatto che queste avrebbero sulla concentrazione di gas serra e sull' aumento della temperatura, seguono il processo inverso, per certi versi più pragmatico e flessibile. Indicano quattro “punti di arrivo” alternativi e lasciano aperta la valutazione delle diverse strade per raggiungerli ed eventualmente prevenirne i rischi (valutazioni di cui si occupano il Working Group II e il Working Group III dell'IPCC, incaricati di analizzare gli scenari di adattamento e mitigazione). 

Di per sé gli scenari RPCs non corrispondono a specifici “futuri” di sviluppo globale: ci sono tanti modi per proseguire lungo la traiettoria RPC8.5 (finora fare largo uso di carbone, petrolio e gas, e abbattere migliaia di ettari di foreste si è dimostrato un metodo “efficiente”) e ritrovarsi nel 2100 con un probabile aumento medio della temperatura di circa 3.7C°. Ci sono altrettante possibilità di imboccare la RCP2.6, e cercare di limitare gravi danni irreversibili al sistema climatico. Una delle ipotesi considerate dal Working Group I, ad esempio, è un accordo globale vincolante che sostituisca il Protocollo di Kyoto e impegni tutti i Paesi a ridurre le emissioni. Più facile a dirsi che a farsi, questo è certo, ma è stato promesso a Doha l'anno scorso, durante la Conferenza delle Parti dell'UNFCCC. Per capire verso quale scenario ci muoviamo bisogna aspettare il 2015 e la COP21 di Parigi.


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