Secondo il DSM 5, l’ultima versione del Manuale diagnostico e statistico dell’American Psychiatric Association, sono un ultracinquantenne forse affetto da “disturbo neurocognitivo lieve”, una condizione caratterizzata da qualche normale dimenticanza, e sulla cui reale esistenza molti hanno dei dubbi. Succede che dimentico qualche nome proprio, e talvolta, come dice mia moglie, mi ripeto. Eppure ultimamente ho sviluppato una memoria prodigiosa. Capace di ricordare numeri, frasi, siti web, libri, immagini, collocazione di articoli scientifici che prima dovevo faticosamente cercare in mille cartelle diverse sul mio computer. E che regolarmente non trovavo quando andavo a cercarli. Adesso no, adesso trovo tutto. Memorizzo nel cloud, taggo e recupero al bisogno. Ecco come faccio.
Pochi click per ricordare tutto
Per la memoria generica, diciamo il mix generale di quello che man mano voglio ricordare, utilizzo Evernote un software che mi consente di archiviare, mentre vivo giorno per giorno, tutto quello che voglio ricordare.
Un testo, una pagina web, un file audio, volendo anche un’immagine o un video, e a queste memorie posso anche allegare un intero file.
Posso utilizzare Evernote dal computer, dal tablet e dallo smartphone. Ogni volta che memorizzo qualcosa, gli affibbio alcuni tag, parole che denotano quel pezzetto di memoria. I tag che mi vengono in mente nel momento in cui li scrivo sono, per la normale modalità di funzionamento del nostro cervello, anche quelli che mi si ripresenteranno quando, magari un anno dopo, andrò a ricercare quel pezzetto di informazione.
Ho affittato gli sci in montagna e mi sono trovato bene? Li fotografo, creo una nota su Evernote alla quale aggiungo l’altezza degli sci e il posto dove li ho affittati e li taggo con “affitto” e “sci”.
Le stesse parole con cui mi verrà naturale cercarli durante la settimana bianca dell’anno seguente. Niente ricerche affannate tra mille cartelle mentre mia moglie si spazientisce: “Non vorrai mica stare qui tutto il giorno, prendine un paio qualsiasi…” Quindi è benefico anche per l’equilibrio familiare. E così funziona per tutto. Dentro il mio Evernote, che vive beato e silenzioso nel cloud e che quindi mi ritroverò intatto anche quando cambierò computer, ho creato comunque alcune cartelle, tanto per abitudine: audio, email, foto, immagini, sms, testi, tweet, video, web, e lì dentro infilo i ricordi, ma potrei cacciare anche tutto dentro un’unica cartella, tanto poi cerco esclusivamente attraverso i tag. Però mi piace l’ordine. Non entrerò in dettagli su come salvare in memoria i tweet o gli sms, ma è tutto fattibile con un paio di click. La mia memoria è tecnologicamente avanzata e quindi, al contrario del mio cervello, riceve anche direttamente le email e le sistema nella giusta cartella con i suoi bei tag.
Come se non bastasse, c’è una sorta di estensione di Evernote, che si chiama Hello e che consente specificatamente di memorizzare persone, associando l’immagine al nome.
Mia moglie, che è neurologo, dice che potrei avere anche una leggera forma di prosopoagnosia, la difficoltà a riconoscere dai tratti fisiognomici persone già note. Io dico che a sedici anni riconoscevo bene i compagni di liceo, ma erano 28 e ne frequentavo una decina, oggi nella mia rubrica Gmail ho 525 contatti, e per lavoro continuo a incontrare quasi ogni giorno nuove persone. Altro che prosopoagnosia.
Con i social reading è cambiato il modo di leggere
Poi c’è il grande capitolo dei libri. Sua maestà il libro merita un sistema a parte. Uso Goodreads sempre nel cloud.
E’ un sito nel quale memorizzo i libri letti, quelli che sto leggendo e quelli che ho intenzione di leggere. In questo ultimo settore memorizzo i libri man mano che li incontro, e il loro numero supera sempre quello dei libri che riesco a leggere, così la lista si allunga e solo lentamente i libri passano tra quelli che sto leggendo e quelli che ho letto.
Di tanto in tanto scorro i libri letti e Goodreads ti fa vedere anche le copertine. Io comunque ormai leggo solo ebook sul Kindle di Amazon, e qui c’è un’altra piccola perla mnemonica. Quando leggo un libro e incontro un passo che mi piace lo evidenzio, come farei sottolineando sulla carta. Il bello è che tutti quei passi evidenziati poi me li ritrovo in fila e ordinati, libro per libro, nell’apposito sito del Kindle sul cloud
Per le immagini invece utilizzo Pinterest cloud anche qui, ovviamente, e anche questo con la sua bella app sullo smartphone e sul tablet. Posso memorizzare immagini scaricate dalla macchina fotografica sul computer, oppure immagini prese dal web mentre navigo. Le suddivido in cartelle in base a grandi temi. Visto che mi interesso di arte, ho cartelle di vario genere, una per gli acquerelli atmosferici, una per i quadri multicolori, una per le opere grafiche e via dicendo. Ma lo uso anche come sketchbook, cacciando dentro qualunque tipo di immagine mi abbia colpito, che magari un giorno riutilizzerò per un mio disegno o un mio quadro. Non mi capita più di chiedermi “dove sarà quell’immagine che avevo visto?” Se mi ha colpito, l’ho memorizzata su Pinterest e lì la trovo all’istante.
"La più grande collezione di preferiti dell'Universo"
E visto che comunque sono un medico e che tenersi aggiornato è per me un piacevole obbligo, ho un sistema mnemonico anche per gli articoli scientifici. Uso Delicious.
Ho un pulsante specifico sul mio browser, Chrome di Google, e mi basta cliccarci sopra per aprire una finestra nella quale automaticamente sono riportati il titolo dell’articolo scientifico che mi interessa e il suo indirizzo web. Aggiungo anche qui dei tag per il futuro rintracciamento (visto che la letteratura medico scientifica è in inglese, per Delicious uso tag in inglese) e clicco su “salva”. Fatto. Memorizzato. Quando mi servirà quell’articolo di cui ho un vago ricordo, perché magari devo preparare una presentazione per un congresso, faccio riferimento al tag che la mia mente deve aver generato al momento della memorizzazione e lo recupero. Funziona perfettamente, non mi è mai capitato di non aver potuto rintracciare un articolo che mi interessava. Prima cercavo all’infinito tra le varie cartelle dove li infilavo e non trovavo mai quello che mi serviva nel momento in cui mi serviva.
Tutti questi sistemi sarebbero in realtà dei social network, e quindi uno potrebbe condividere le proprie memorie con quelle di altri, che magari hanno gli stessi interessi. E’ una funzione che personalmente uso poco, anche se ad esempio per i libri è utile leggere le recensioni scritte da altri lettori su Goodreads, e per le immagini è quasi inevitabile andare a pescarne di nuove nelle memorie di altri utilizzatori di Pinterest.
Quello che mi interessa qui è però soprattutto il ruolo di memoria personale che questi sistemi possono offrire.
Con il cloud creiamo un nuovo strato di corteccia cerebrale
Da psichiatra, vorrei fare qualche considerazione neurofisiologica. Continuo a essere convinto che quando ho difficoltà a ricordare qualcosa, dipenda dal fatto che sono aperto ed esposto a molte informazioni, molte più di quelle che dovevo gestire quando avevo ad esempio fra i 30 e i 40 anni, sebbene mi trovassi già in una piena condizione professionale. Può darsi tuttavia, come dicono le ricerche sul campo, che con l’età anche io abbia avuto una fisiologica riduzione del numero delle sinapsi e che si stia un po’ consumando il rivestimento mielinico degli assoni, per cui potrebbe essere in atto una riduzione dell’efficienza della propagazione di segnale all’interno del mio sistema nervoso. E che da ciò sia derivata una sofferenza sia della mia memoria di lavoro (la capacità di tenere a mente le informazioni che servono per svolgere il compito al quale in quel momento si è occupati), sia della mia memoria episodica (memoria a lungo termine di eventi personali che possono essere localizzati in un preciso spazio e in un preciso tempo), sia della mia memoria dichiarativa (memoria basata sul linguaggio, come lo specificare qual è il proprio indirizzo di casa o ricordarsi qual è il fiume più lungo del mondo).
Tuttavia, avendo sempre tenuto fisico e cervello allenati, confido sul fatto di avere una buona “riserva cerebrale”, che indica il livello di funzionalità cognitiva raggiunta da un individuo. E’ come un serbatoio, se parti da un livello più alto, anche se c’è una perdita, si scende più difficilmente a valori critici.
Insomma, sia che le informazioni da gestire siano aumentate esponenzialmente, sia che sotto sotto ci sia una qualche naturale perdita di efficienza del mio sistema mnemonico, quello che sto facendo con l’aiuto del computer è creare nel cloud un nuovo strato di corteccia cerebrale destinata all’immagazzinamento dei ricordi a lungo termine. Fa parte della mia memoria personale, solo che sta fuori dalla scatola cranica invece che dentro, come se fosse una sorta di hard disk esterno della mente, posizionato però nel cloud, così che non si rischia di perderlo se si rompe l’hardware. Con la memoria interna, quando mi serve un ricordo, l’ippocampo, che è un po’ l’archivista della mente, la va a recuperare dal talamo e dalla corteccia, sedi di archiviazione fisica. Con la memoria esterna, quella del cloud, faccio la stessa cosa attraverso l’utilizzo dei tag.
Non ci vedo sostanziali differenze, se non una certa maggiore volontarietà del processo, indubbiamente meno automatizzato. Ma non credo che ci siano alternative. Se i grandi mnemotecnici del passato potevano ancora avere la presunzione di incamerare tutto lo scibile, oggi la quantità e il flusso delle informazioni che ci interessano sono talmente torrenziali che, anche come singoli individui, la memoria umana di cui disponiamo non è più assolutamente adeguata.
Considerazione finale alquanto mesta. Non posso fare a meno di pensare che la mia memoria cloud mi sopravviverà e che chi sarà interessato, se avrà la password, potrà esplorarla. Mi farà sentire un po’ in vita, anche dopo, voglio dire. Fino alla nostra epoca, la memoria personale di ogni individuo è sempre scomparsa con il suo sistema nervoso centrale, l’unico hardware nel quale ciascuno depositava l’esperienza della sua vita.
Oggi non è più così. Attraverso queste memorie informatizzate che rispecchiano gli interessi sviluppati da ciascuno nel corso della sua fugace esperienza umana, sarà possibile andare a esplorare i mattoni che hanno generato le idee e le opere di quella persona. Non sarà molto interessante nel mio caso, ma potrebbe diventarlo per grandi artisti o grandi innovatori. Ed è diverso dall’avere accesso alle opere, in questo caso si ha accesso agli input che hanno poi generato quelle opere.
Potrebbe essere esplorato direttamente l’universo interiore, si potrebbero forse cogliere perfino quei cortocircuiti mnemonici e creativi che hanno portato allo sviluppo di grandi idee e di grandi opere d’arte. Si potranno infilare le mani il quel meraviglioso magma combinatorio che è la memoria umana.
Tratto da Blog Scire