fbpx Chi ha scoperto l’America? | Science in the net

Chi ha scoperto l’America?

Read time: 5 mins

"So, Who Did Discover America?" Così, chi ha scoperto l’America? È il titolo, retorico, con cui la rivista History Today ha pubblicato di recente un saggio in cui S. Frederick Starr sostiene che uno scienziato islamico piuttosto noto, Abu Raihan al-Biruni, nato in Corasmia (attuale Uzbekistan) il 4 settembre 943, secondo il calendario cristiano, e morto a Ghazna (attuale Ghazni, una città dell’Afghanistan)  nell’anno 1048, ha dedotto l’esistenza dell’America – o meglio di un continente che separa l’Oceano Pacifico dall’Oceano Atlantico – mezzo millennio prima di Colombo e senza mettervi piede. Sulla base di una pura congettura che potremmo definire di geografia scientifica.
S. Frederick Starr insegna alla Paul H. Nitze School of Advanced International Studies (SAIS) della John Hopkins University di Washington, uno degli istituti più autorevoli al mondo in fatto di studi sulle relazioni internazionali.
Starr è un esperto di Asia Centrale e, infatti, ha fondato e dirige il Central Asia-Caucasus Institute (CACI). Non è, dunque, uno storico in senso stretto. E, tanto meno, uno storico della scienza.
Tuttavia la sua tesi ha fatto molto rumore, sia negli ambienti degli storici che negli ambienti scientifici. E, infatti,  è stata ripresa il 20 giugno scorso anche dalla rivista Science.
La tesi di Starr è credibile. Biruni è infatti uno scienziato molto noto. È considerato infatti il più grande medico islamico di ogni tempo. Ma da tempo sappiamo che si è interessato anche di geografia scientifica.
Nei suoi libri ha discusso, sia pure senza prendere una posizione definitiva, sul fatto che la Terra ruoti o meno intorno al proprio asse. Sappiamo che ha studia la fisica, che si è interessato di pesi specifici, di pozzi artesiani e soprattutto di ottica. Sappiamo anche che ha studiato matematica. Fornendo alla scienza islamica un apporto, critico, davvero importante: perché più di ogni altro ha contribuito a far conoscere agli Arabi (e, di conseguenza, a noi) la cultura indiana. Ha scritto, infatti, India. Un libro dedicato a quel grande sub-continente.
Studiando l’India con l’occhio dello scienziato si è interessato, naturalmente, della matematica indiana. Sebbene non sia stato il primo a scoprirlo, Biruni è stato un entusiasta sostenitore e uno scrupoloso divulgatore del sistema di numerazione posizionale indiano.
In particolare Biruni si occupa di Aryabhata, un grande matematico indiano vissuto tra il V e il VI secolo, comparando la sua matematica (sottolineiamo questo primo passaggio) alla matematica ellenistica. E riconoscendo che l’opera dell’indiano non è un diamante puro, come quella di Euclide. E che è, piuttosto, un collage costituito da comunissimo vetro e da preziosissimi cristalli. al-Biruni  in particolare ipotizza (sottolineiamo questo secondo passaggio) che l’indiano abbia appreso molto dai matematici ellenisti, senza raggiungerne le vette.
Non c’è motivo di dubitare, dunque, che Biruni potesse sapere, sia pure mediante una deduzione di tipo matematico, dell’esistenza di un continente tra il Pacifico e l’Atlantico.

Studiando Tolomeo si impara qualcosa su Eratostene

La proposta di S. Frederick Starr è, dunque, quanto meno plausibile. Tuttavia contiene due omissioni che dovrebbero essere colmate. Tanto più che il fondatore del Central Asia-Caucasus Institute dimostra come Biruni conoscesse la geografia scientifica del greco Tolomeo (il grande astronomo e geografo vissuto ad Alessandria d’Egitto nel II secolo dopo Cristo) e avesse capito come l’ellenista si era sbagliato nel calcolo della circonferenza della Terra, commettendo un errore del 25%.
Biruni rifà i conti e calcola che la Terra ha una circonferenza sostanzialmente pari a quella di cui viene oggi viene accreditata. Da questo – e dalla dinamica delle maree – deduce che ci deve essere un continente che divide il Pacifico dall’Atlantico.
Il fatto è che, stranamente, Starr non ricordi come questo ragionamento – e, dunque, la scoperta per via matematica dell’America – sia stato effettuato un millennio prima da un altro grande astronomo e geografo ellenista, Ipparco, nato a Rodi e vissuto nel II secolo prima di Cristo.
Ipparco, a sua volta, può contare sugli studi matematici molto precisi che un secolo prima, il terzo prima di Cristo, hanno consentito a Eratostene di Cirene, a lungo direttore della Biblioteca di Alessandria, di calcolare il diametro della Terra con un errore inferiore all’1% rispetto ai calcoli dei geografi dei nostri giorni.
Sulla base di questa dimensione delle Terra e della diversa dinamica mareale, Ipparco inferisce l’esistenza dell’America, ovvero di un continente che separa il pacifico dall’Atlantico.
Di recente Lucio Russo – è questa la seconda omissione di Starr – ha scritto un libro, L’America dimenticata, in cui dimostra, in una maniera che se non è accettata va almeno discussa e presa in seria considerazione, che grazie ai resoconti dei marinai cartaginesi (approdati per prima in America), Ipparco ha calcolato le giuste coordinate geografiche delle Piccole Antille e della Groenlandia.
Chi volesse approfondire l’argomento può leggere il libro di Lucio Russo e, in prima approssimazione, una nostra recensione a quel lavoro. Qui conviene ricordare i due errori di Starr.
Il primo è sostanziale. Biruni conosce benissimo la scienza ellenistica. Conosce Tolomeo, Euclide, Archimede. E anche Eratostene e Ipparco. Calcola l’errore commesso da Tolomeo nel definire il diametro della Terra mezzo millennio dopo la misura precisa dedotta da Eratostene. È dunque plausibile a) che Biruni abbia conosciuto le inferenze di Ipparco e le abbia fatte sostanzialmente proprie; b) o che, in ogni caso, siano giunto a prevedere l’esistenza dell’America in maniera indipendente, ma 1200 anni dopo Ipparco. Dunque non è stato il primo.
Il secondo errore è di metodo. Se non è consentito a uno studioso italiano ignorare la letteratura scientifica internazionale e non citare un importante autore, non deve essere considerato accettabile che uno studioso inglese ignori e non citi un autore italiano, tanto più se di questo autore (è il caso di Lucio Russo e del suo libro) ha avuto una ribalta internazionale.
Ma il dato di gran lunga più importante è un altro. Il lavoro di Starr corrobora l’idea, ormai sempre più accreditata in sede storica, della grande circolazione di idee che ha innervato i tre continenti connessi (Asia, Africa ed Europa) nelle ultime migliaia di anni. Le grandi culture di questi continenti (e probabilmente della stessa America) non sono mai state isolate. Ciascuna ha attinto alle altre e ciascuno ha dato un contributo alle altre.
Un corollario di questo teorema, ormai pressoché dimostrato, è che se la scienza sia stata un fenomeno policentrico (nata in maniera abbastanza indipendente nel Mediterraneo in epoca ellenistica, in India, in Cina,  nell’islam e poi nell’Europa del Seicento (ma anche del duecento/Trecento), oppure se sia nata in un solo centro in un preciso momento (in area ellenistica tra il III e il II secolo aventi Cristo) e poi si sia diffusa nel resto del mondo, con infinite  modulazioni.
Il parere di al-Biruni era piuttosto netto. Tanto di cappello alla matematica di Aryabhata. Ma solo quella di Euclide (e degli altri matematici ellenisti) era diamante puro.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Discovered a New Carbon-Carbon Chemical Bond

A group of researchers from Hokkaido University has provided the first experimental evidence of the existence of a new type of chemical bond: the single-electron covalent bond, theorized by Linus Pauling in 1931 but never verified until now. Using derivatives of hexaarylethane (HPE), the scientists were able to stabilize this unusual bond between two carbon atoms and study it with spectroscopic techniques and X-ray diffraction. This discovery opens new perspectives in understanding bond chemistry and could lead to the development of new materials with innovative applications.

In the cover image: study of the sigma bond with X-ray diffraction. Credits: Yusuke Ishigaki

After nearly a year of review, on September 25, a study was published in Nature that has sparked a lot of discussion, especially among chemists. A group of researchers from Hokkaido University synthesized a molecule that experimentally demonstrated the existence of a new type of chemical bond, something that does not happen very often.