Nel luglio 1945, mentre la guerra si era appena conclusa in Europa ma continuava in Asia e nel Pacifico, Vannevar Bush – il consigliere scientifico del presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt, da poco defunto – rendeva pubblico un rapporto, Science. The Endless Frontier, che è considerato l’atto inaugurale sia della moderna politica della scienza, sia della moderna economia fondata sulla conoscenza.
Il testo è breve, poche decine di pagine, ma molto denso e molto articolato. È possibile riassumerlo in quattro punti.
1. Il primum movens
dell’intero processo di innovazione tecnologica e, quindi, di sviluppo
economico è la ricerca di base. Quella che noi oggi chiamiamo curiosity-driven, diretta dalla sola
curiosità del ricercatore. La storia ha dimostrato che solo questo tipo di
ricerca riesce, in maniera imprevedibile a priori ma perfettamente
comprensibile a posteriori, a produrre autentiche novità culturali che si
trasformano, in tempi più o meno brevi, in nuove tecnologie.
È stata solo una
molla intellettuale che ha consentito al libero pensiero di Albert Einstein di
immaginare un nuovo sistema-mondo e di “creare”, nel 1915, la teoria della
relatività generale.
Oggi il navigatore dei nostri telefoni cellulari – ovvero
del mezzo di comunicazione di massa che ha avuto pi successo e diffusione negli
ultimi anni – può indicarci, passo dopo passo, il percorso più breve per
raggiungere quel tal ristorante in una città che visitiamo per la prima volta
grazie al Global Positioning System che si basa sui principi
relativistici di Einstein. Il fisico tedesco, naturalmente, tutto avrebbe
immaginato tranne che la relatività generale un giorno ci avrebbe portati al
ristorante. L’idea che la ricerca fondamentale non serva solo ad appagare la
curiosità dell’uomo e non assolva solo a una funzione culturale (il che
comunque non sarebbe davvero poca cosa) ma sia anche il primum movens dell’economia era ben chiara a Michael Faraday,
l’eclettico scienziato inglese che nel XIX secolo ha dato un contributo,
fondamentale appunto, allo sviluppo delle conoscenze sui fenomeni
elettromagnetici. La leggenda vuole che quando il Primo ministro di Sua Maestà
Britannica ha visitato il suo laboratorio e abbia osservato i fenomeni di
induzione elettromagnetica, abbia commentato: «Interessante. Ma a che serve?».
Al che Faraday, pronto, rispose: «Eccellenza, non lo so. Ma so per certo che da
qui a vent’anni vi applicherete una tassa sopra». La nostra rete elettrica si
basa, ancora oggi, sui dispositivi di Faraday.
2. Un secondo punto messo in evidenza da Vannevar Bush è: non facciamo i furbetti. Non pensiamo di far svolgere (e di far finanziare) la ricerca di base ad altri paesi e di dedicarci unicamente alle applicazioni pratiche (e commercialmente ricche) delle nuovo conoscenze. Non funziona. La tua capacità di innovazione tecnologica dipende sia dalla piena comprensione del fenomeno sia dalla tempestività. E solo chi produce nuova conoscenza di base ha gli strumenti cognitivi per applicarla in tempi rapidi.
3. Solo lo stato può finanziare, in maniera sistematica e importante, la ricerca di base e curiosity-driven. Perché – sosteneva Vannevar Bush, che politicamente era un conservatore anche se collaborava con un presidente democratico – le imprese non hanno, non possono avere, lo sguardo lungo. Non possono pensare al bene generale che si genera in tempi e modi imprevedibili. Le imprese voglio un ritorno a breve e sicuro ai loro investimenti. La storia ha dimostrato che non solo i più grandi risultati scientifici, ma anche le idee alla base dei prodotti tecnologici di successo sono nate in centri di ricerca finanziati con denaro pubblico.
4. Per assolvere ai suoi compiti di politica della ricerca (e di politica economica) lo stato deve finanziare, dunque, la ricerca di base e curiosity-driven. E lo deve fare, sosteneva Vannevar Bush, in maniera organica ed efficiente sulla base di un solo principio: il merito. Per questo occorre un’Agenzia nazionale indipendente dalla politica (Bush ipotizzava la creazione di quella National Science Foundation che è poi effettivamente nata) che coordini e finanzi l’intero sistema di ricerca del paese.
Questi quattro punti sono ancora oggi il fondamento di ogni seria politica della ricerca. E di ogni seria politica economica. Con il loro documento (Dichiarazione sui benefici della scienza), i consiglieri scientifici del nostro massimo Ente Pubblico di Ricerca, autorevolmente lo ricordano a noi. E al nostro governo.