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Lo strano caso dell'andamento del morbillo nel veronese

Tempo di lettura: 6 mins

Gli autori utilizzano di abitudine la pausa pranzo per effettuare l’epicrisi della giornata trascorsa.
Da sempre sono consapevoli che il loro ristoratore, Mimmo, sceglierà per loro quello che mangeranno e possono, così, passare velocemente all’esame dei punti fissi dell’ordine del giorno relativi alle possibili cause di calamità prevedibili: i tumulti giornalieri generati dal personale (non a caso in prevalenza femminile) e l’andamento delle malattie infettive.
Durante uno di questi approfondimenti abbiamo lungamente dibattuto il seguente problema che riassumiamo di seguito:

Il morbillo è una malattia infettiva particolarmente contagiosa (Ro = 16-18). Nella Ulss 20 di Verona (480.000 abitanti) prima di organizzare un’efficace campagna di vaccinazioni abbiamo avuto migliaia di casi notificati. Dopo però il consolidamento della campagna vaccinale da anni non solo non si manifestano eventi epidemici ma anche i casi sporadici di malattia importata non riescono a innescare un focolaio.


Grafico 1Numero di nati e di casi notificati di morbilli nell’ASL di Verona prima dell’avvio della campagna vaccinale di massa. (Nel 1995, i confini dell’ASL di Verona sono stati modificati con un aumento dei residenti dai 300.000 circa a 450.000 circa)

C’è, però, un aspetto importante da sottolineare: le statistiche ufficiali indicano che la copertura vaccinale (vedi grafico 2) è inferiore di più punti del livello del 95% che viene considerato necessario per interrompere la circolazione del virus. Perché non abbiamo un’epidemia?

 

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Grafico 2Regione Veneto. Coperture a 24 mesi delle coorti 2008-2011 suddivisi per ULSS. La ULSS 20 è l'azienda di appartenenza degli autori (Fonte: Report Sull’Attività Vaccinale Dell’Anno 2013 e copertura vaccinale a 24 mesi (coorte 2011) e Monitoraggio Della Sospensione Dell’Obbligo Vaccinale al 31/03/2014. Regione Veneto, Direzione Prevenzione, Servizio Promozione e Sviluppo Igiene e Sanità Pubblica)

Abbiamo solo due possibili risposte a questi dati contraddittori: o siamo oggetto di una speciale protezione della Madonna Pellegrina, oppure i dati di vaccinazione non ce la raccontano giusta.
Ad attenta analisi l’ipotesi della protezione divina è risultata scarsamente plausibile, data l’indole particolarmente scettica degli scriventi e l’evidente malvagità della popolazione (bambini inclusi) che avrebbe dovuto essere oggetto della speciale protezione divina. L’ipotesi, inoltre, risultava difficilmente verificabile con i mezzi tecnici messi a disposizione dalla scienza medica. Abbiamo così deciso di esplorare una seconda ipotesi e cioè che le modalità di raccolta ufficiali dei dati vaccinali non riescano a descrivere correttamente la realtà.

La soluzione a questo “enigma”, pensiamo, potrebbe arrivare dallo studio della modalità di raccolta dei dati vaccinali ufficiali; probabilmente i dati in nostro possesso non riescono a descrivere correttamente la realtà. Abbiamo deciso, allora, di approfondire l’argomento analizzando il sistema elettronico unico di registrazione delle vaccinazioni attivato nella Regione Veneto (OnVac) assieme all’anagrafe vaccinale unica regionale.
Siamo stati, così, in grado (rispetto al passato) di seguire con precisione la situazione vaccinale di singoli soggetti, o di coorti di soggetti, anche nella loro evoluzione nel tempo.
Abbiamo avuto anche la possibilità di verificare se le nostre ipotesi interpretative dell’atteggiamento dei genitori verso le vaccinazioni, nate dall’analisi dei dati rilevati dall’indagine conclusasi nel 2012, sono confermate o smentite dai dati registrati. [1]
In particolare di quell’indagine ci preoccupano le risposte date alla domanda: Le vaccinazioni vengono effettuate su bambini troppo piccoli, bisognerebbe farle quando sono un po’ più grandi?

Le risposte positive a questa domanda, su una scala da uno a cinque, sono state, infatti, di:

  • 4,58 per i genitori che avevano deciso di non vaccinare i loro figli;
  • 3,6 per i genitori che avevano deciso di vaccinare solo parzialmente i loro figli;
  • 2,31 per i genitori che avevano deciso di vaccinare i loro figli.

Il punto da tener presente è che mentre i primi due gruppi sommati assieme non raggiungono il 5 % dei genitori, il resto conta, da solo, il 95% della nostra massa di utenti e, quindi, quel 2,31 su 5 è un segnale importante da valutare con attenzione.

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Figura 1Percezione del rischio della vaccinazione nelle ULSS di progetto. Figura 22, del rapporto di indagine citato
Nel corso della nostra indagine si è verificato anche se le scadenti coperture vaccinali contro il morbillo evidenziate dai report ufficiali non fossero, in realtà, non tanto un rifiuto vaccinale ma una ritardata adesione all’offerta vaccinale causata dalla diffusa (ed errata) convinzione che all’età “canonica” di vaccinazione definita dal calendario vaccinale, i bambini fossero ancora troppo piccoli per essere vaccinati.
E in effetti, prolungando il periodo di osservazione (grafico 3) dai 24 mesi del grafico n.2 abbiamo notato un incremento a tre anni ed un aumento ancora più marcato a 5 anni e mezzo.

Grafico 3. ULSS 20. Andamento della 1° dose di vaccino contro il Morbillo all’età di 3 anni e 5½ delle coorti di nascita dal 2003 al 2010, controllata a 3 anni e a 5° ½.

A questo punto ci è colta la curiosità di vedere se anche oltre ai 5 anni c’era un ulteriore aumento di coperture (ricordiamo che stiamo parlando sempre della prima dose di vaccino antimorbilloso).
Ed effettivamente (grafico 4) le coperture della coorte 2006 raggiungono il 95 % alla "veneranda" età di sette anni.

Grafico 4. ULSS 20. Andamento della 1° dose di vaccino contro il Morbillo per i nati nel 2006 dell’ULSS 20, controllata a 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 7.5 anni di età.

Non un miracolo ma un buon tasso di vaccinazione impedisce la malattia

È chiaro che una quota rilevante (5%) delle varie coorti di nascita rimangono non immunizzate per diversi anni ma è probabile che, anche in questa situazione, il tasso di copertura complessivo riesca a ostacolare la circolazione del virus consentendo anche a questa quota una protezione parziale fino a quando non vengono vaccinati. In ogni caso, una copertura elevata, seppure tardiva, impedisce l'accumulo di una quota di popolazione non immune superiore al 5%, cosa che favorirebbe lo sviluppo di una epidemia.

Quando esponiamo questi dati (che contrastano fortemente con l’impressione degli addetti ai lavori che pensano che l’adesione alle vaccinazioni stia diminuendo) ci viene chiesto con insistenza se crediamo che i recuperi che abbiamo documentato per le coorti di nati degli anni precedenti si riprodurranno anche nei prossimi anni.
Premesso che non abbiamo sfere di cristallo, va tenuto conto che, come ancora ci insegnano Ippocrate e Tucidide, una buona descrizione di quello che è successo in passato è l’unica possibilità di fare razionali ipotesi per il futuro.

Ora, il grafico seguente che esplora le coperture vaccinali dell‘intera regione su un lungo periodo di tempo, prima e dopo la sospensione regionale dell’obbligo, evidenzia un’adesione sostanzialmente stabile, quasi che tutto il nostro industrioso operare, informare, formare e riformare sia poco influente, su larga scala e su lunghi periodi di tempo, sulle scelte della gente.
È quindi ragionevole supporre che la situazione di buone coperture (sia pur raggiunte in ritardo) rimarrà tale anche nel prossimo futuro sempre che riusciamo a mantenere un’offerta vaccinale di buona qualità.

Grafico 5. Adesione percentuale, per coorti di nascita semestrali, all’offerta della prima dose di vaccino antipoliomielitico all’età di tre e nove mesi, nelle 19 ASL della Regione Veneto (su un totale di 21) che usufruiscono del sistema di registrazione regionale ONVAC (escluse ULSS n. 4,8 e 14). Dati rilevati a fine agosto 2013.

Di fronte a questo fenomeno pensiamo sia, in ogni caso, utile modificare le modalità di rilevazione delle coperture, ampliando i tempi di osservazione, in modo d’avere un quadro più completo che possa essere raffrontato con la comparsa di focolai epidemici.
C’è la necessità di incoraggiare gli operatori sanitari, a iniziare dai pediatri di libera scelta, a mantenere una pressione costante, a ogni contatto, sui genitori per ottenere un’adesione completa al calendario vaccinale.

Ma per poter convincere i genitori a vaccinare i propri figli dobbiamo cercare di informarli, solo così si potranno contrastare le false informazioni sulla scarsa pericolosità del morbillo e sull’entità delle reazioni avverse. Molto spesso, come ha dimostrato l’indagine, il ritardo nelle vaccinazioni è dovuto proprio ai dubbi dei genitori provenienti dai mass media e da immotivati interventi della magistratura [2].

[1] “Indagine sui Determinanti del Rifiuto dell’ Offerta Vaccinale nella Regione Veneto”, iniziata il 1 giugno 2009 e si è conclusa il 31 maggio 2011, http://prevenzione.ulss20.verona.it/indagine_scelta_vaccinale.html
[2] Magistratura e salute. La credibilità perduta. Massimo Valsecchi ,  Salute Internazionale on-line del 9 giugno 2014


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