Breve sintesi
della 5° udienza del 31 ottobre 2014
Il 31
ottobre si è svolta la quinta udienza del processo, iniziata con la lettura da
parte dell’avv. Stefànodi una lettera dell’avv. Biondi (difensore di Eva) e con
l’intervento dell’ultimo avvocato della difesa avv. Musco (difensore di G.
Calvi). Successivamente è intervenuto il procuratore generale, permettendo così
di procedere con le nuove arringhe degli avvocati delle parti civili e della
difesa. Il processo si chiuderà con l’udienza del 10 novembre, quando il
collegio giudicante si riunirà in camera di consiglio dopo la replica dell’avv.
Coppi (difensore di G. Selvaggi) e dell’avv. Dinacci (difensore De Bernardinis
e Dolce).
Avv. Musco (difensore
di G. Calvi)
Musco ha ricordato che
la sentenza di primo grado è stata commentata in tutto il mondo sia per gli
aspetti scientifici che per quelli giuridici. In particolare, molti sono stati
i giuristi (fra cui Civiello, Galluzzo, Valbonesi, Pagliaro) che ne hanno
fortemente criticato la correttezza, e in particolare la concatenazione logica
degli argomenti della sentenza.
L’avvocato ha poi
contestato l’accusa di cooperazione colposa, applicabile solo quando viene violata
una regola cautelare. Nel caso di Calvi, egli è stato condannato per avere
espresso un giudizio scientifico durante la riunione, illustrando i possibili
danni attesi sugli edifici a seguito degli eventi sismici in corso, i cui
parametri erano stati forniti dall’INGV (Calvi non è un sismologo, bensì un
ingegnere che si occupa di cose diverse da quello che fanno i sismologi): egli
ha svolto quindi la funzione di tecnico e non di decisore, partecipando alla
conferenza stampa solo come uditore. In questo senso non si ravvisa alcuna
regola cautelare che potrebbe essere stata violata e viene distinto il ruolo di
Calvi dagli altri imputati, ferma restando la condivisione dell’approccio
collettivo portato avanti dai difensori durante il processo di primo grado.
L’avvocato ha
quindi analizzato l’oggetto del giudizio di colpa, ovvero il concetto di
rischio sismico; il suo significato è stato distorto dal giudice di primo grado
per motivare la sentenza: in essa non si è tenuto conto del fatto che la
valutazione del rischio richiede studi molto complessi e tempi lunghi, e non
poteva quindi essere svolta durante la riunione degli esperti. Quello del
giudice è stato quindi un giudizio di colpa senza che esistesse una colpa.
Infine, viene
contestato l’ultimo passaggio logico che ha portato alla condanna dei
partecipanti alla riunione: come potevano essere consapevoli che quanto detto
durante la riunione avrebbe causato la morte delle vittime per un terremoto
avvenuto 6 giorni dopo? Il giudice di primo grado ha cercato una legge di
copertura tentando diversi approcci (regola generale, regola individuale, senso
comune) ma nessuno di essi permette di motivare la causalità psicologica delle
vittime, di cui non è possibile accertare la volontà. La teoria delle
rappresentazioni sociali usata come legge di copertura non ha un coefficiente
basso, come sostenuto nella sentenza, ma ha coefficiente nullo e quindi non ha
valore per l’accertamento del nesso causale. L’arringa si chiude quindi con
l’esortazione a non vanificare 200 anni di giurisprudenza e con la richiesta
d’assoluzione.
Procuratore Generale Romolo Como (procuratore
generale)
Il procuratore
generale ha iniziato la sua replica esortando i giudici a non lasciarsi
influenzare dagli ultimi interventi dei difensori; ha quindi esplicitamente
detto che ha deciso d’intervenire per ricordare alcuni passaggi che la
lunghezza del processo [20 giorni!] potrebbe aver fatto dimenticare e
per permettere alle parti civili di replicare.
Ha sottolineato come
le difese abbiano usato termini duri contro la sentenza, cercando di scaricare
le responsabilità sulla Stati (assessore regionale di protezione civile), sui
Sindaci e sulla stampa. Ma il profilo di colpa è ben chiaro: lo scopo della
riunione era ben noto (gli esperti sapevano di dover tranquillizzare); gli scienziati
erano consapevoli della presenza di non-esperti che non potevano conoscere
aspetti scientifici considerati scontati (il concetto di scarico di energia
doveva essere esplicitamente smentito, così come l’affermazione della Stati che
si dichiara tranquillizzata alla fine della riunione). Il
Il procuratore ha
infine affrontato il nesso di causalità che mette in relazione la condotta
degli imputati durante la riunione con la morte delle vittime: ha affermato che
gli esperti dovevano essere consapevoli di come le loro parole dette durante la
riunione sarebbero state percepite dalla popolazione, e che non c’è bisogno di
un sociologo per spiegare il peso dell’autorevolezza degli scienziati sul
comportamento delle persone come confermato dai testimoni, affidabili poiché
vicini alle vittime.
Avvocati di parti
civile (due sono stati gli
avvocati di parte civile intervenuti: avv. Gentile e avv. Di Rocco)
Nei loro interventi
hanno contrapposto la linea difensiva degli avvocati difensori, caratterizzata
da interventi dottrinali e filosofici, con quella delle parti civili, semplici
avvocati di provincia che non hanno bisogno di elevate citazioni giuridiche per
dimostrare un caso semplice e evidente a tutti: gli imputati sono pubblici
ufficiali e in quanto tali responsabili del ruolo assunto durante la riunione;
il messaggio uscito è stato univoco e rassicurante in quanto affermava che il
terremoto non è prevedibile, che lo sciame non è un precursore e anzi scarica
energia, che la sismicità sarebbe continuata e quindi la popolazione si sarebbe
dovuta abituare. Gli esperti dovevano essere consapevoli che i loro giudizi
scientifici sarebbero diventati la fonte informativa verso l’esterno poiché
alla riunione erano presenti degli uditori non-esperti.
Gli avvocati hanno
usato parole forti contro gli imputati, definendoli superficiali, asserviti e
supini, colpevoli di omicidio a causa di un errato, azzardato, temerario
giudizio di prevedibilità che ha disarmato la popolazione. Non ci può essere
alcun dubbio sulla cooperazione colposa, in quanto furono tutti d’accordo
nell’affermare che non era prevedibile che lo sciame sfociasse in un terremoto
forte e non emersero dissensi anche dopo la comunicazione dei media: gli
esperti avrebbero infatti dovuto prevedere gli effetti dei loro pareri espressi
durante la riunione e dissentire dalle notizie tranquillizzanti riportate dai
media. Avrebbero inoltre dovuto agire come durante la riunione della CGR in
occasione del terremoto dell’Emilia del 2012 [ma si dimentica che la
riunione in quel caso è avvenuta ben 15 giorni DOPO il terremoto!].
Avvocati della difesa - L’udienza è proseguita
con le repliche di tre avvocati della difesa: avv. Stefàno (difensore di Eva),
avv. Petrelli (difesa di Barberi) e avv. Melandri (difesa di Boschi).
L’avv. Stefàno ha
controbattuto alle dichiarazioni dell’accusa e ha ricordato l’Ordinanza PCM
3519 del 2006 con la quale lo Stato ha adottato la mappa di pericolosità
sismica che, come tale, essendo legge dello stato, doveva essere conosciuta da
tutti, in primo luogo dagli amministratori. Ha inoltre fatto notare che il
giudice di primo grado non ha considerato la deposizione di A. Leone e del
sindaco dell’Aquila: Cialente era infatti molto preoccupato, come dichiarato
durante la sua testimonianza, dopo la riunione del 31 marzo chiese lo stato di emergenza
e il 6 aprile si sarebbe dovuto recare con l’assessore regionale Stati da G.
Letta, sottosegretario alla PCM.
L’avv. Petrelli ha
ricordato come dai dati documentali risulti chiaro che dagli scienziati non è
uscito nulla di rassicurante e che nessuno è riuscito a descrivere i
comportamenti come colposi. Ha inoltre chiesto ai giudici di verificare il
nesso causale tra la condotta degli imputati, quanto percepito dalla
popolazione e la morte delle vittime, senza ricorrere ai testimoni che, seppure
in buona fede, rischiano di interpretare erroneamente il comportamento dei
familiari: la teoria delle rappresentazioni sociali non può avere accesso a
un’aula di tribunale dove bisogna attenersi ai fatti.
L’avv. Melandri ha
replicato alle accuse esortando a verificare tutte le affermazioni che sono
state fatte nelle motivazioni della sentenza di primo grado, dal procuratore
generale e dagli avvocati di parte civile. Esse peccano di generalizzazione
(non distinguono i diversi ruoli e non valutano quanto realmente accaduto
prima, durante e dopo la riunione) e interpretano in modo arbitrario quanto
detto dagli esperti. Per esempio, Boschi non poteva smentire la Stati in quanto
non era presente alla conferenza stampa, e non sapeva cosa avesse detto la Stati;
lo stesso Boschi disse che uno sciame non è un fenomeno precursore (e lo
conferma) ma non disse che non ci sarebbe stata una crescita di magnitudo.
L’udienza è stata aggiornata al 10 novembre, in cui dopo i due avvocati difensori Coppi e Dinacci la Corte si riunirà in Camera di Consiglio ed emetterà la sentenza.