Il caso Stamina è forse l’esempio più
recente, e di sicuro il più chiaro, di come il progresso biotecnologico sia in
grado di deragliare processi democratici rivelandoli inadeguati alla gestione
del disaccordo morale in società genuinamente pluraliste circa i valori.
Motivati dalle considerazioni sviluppate nell’articolo uscito su Scienza in Rete ad aprile 2013, abbiamo costruito un gruppo
ampio e multidisciplinare (formato da membri dell’Istituto Europeo di
Oncologia, dell’Università degli Studi
di Milano e dell’IRCCS S. Raffaele) e ci siamo imbarcati in un progetto
ambizioso: costruire uno spazio istituzionale per la discussione partecipata su
temi di bioetica.
Nel tentativo di perseguire questo progetto abbiamo deciso di
sperimentare uno strumento online di partecipazione informata e democratica.
Abbiamo pubblicato in questi giorni il report che raccoglie e presenta i risultati di questo esperimento ‘pilota’
condotto a inizio 2014 sul tema della distribuzione diretta — senza
intermediazione — di test genetici di suscettibilità medica.
Nel
report potete trovare il dettaglio dei dati rilevanti e seguire la
ricostruzione dell’intero percorso sperimentale.
In questo articolo riassumerò
molto brevemente solo parte delle conclusioni più significative che siamo
riusciti a tirare da questa esperienza. In particolare cercherò di mostrare (i)
in che misura la partecipazione reclutata dall’esperimento è stata ‘inclusiva’
e (ii) quanto partecipare abbia influenzato l’opinione dei partecipanti sulla
liceità della distribuzione senza intermediari di test genetici di
suscettibilità medica.
Per quel che concerne il primo punto, siamo
partiti dal rilievo che le democrazie occidentali più avanzate sono
caratterizzate da livelli di partecipazione sempre decrescenti. E la scarsa
partecipazione è spesso accompagnata da forme di disillusione che minacciano la
tenuta stessa delle istituzioni democratiche.
I dati riguardo l’affluenza alle urne sono da
anni in costante calo e indicatori come le dichiarazioni riportate dall’ISTAT
relative alla popolazione che intrattiene con regolarità conversazioni circa la
politica suggeriscono che a partecipare meno sono i più giovani e le donne (si
veda la figura sotto), le persone con più bassa scolarità e quelle con reddito
basso.
Figura 1: Uomini e donne che parlano quotidianamente di politica. Fonte: ISTAT.
Sappiamo però che, per
quanto non conclusiva, è stata prodotta evidenza circa la possibilità che
esperimenti deliberativi e partecipativi possano migliorare la situazione
almeno in quanto al recupero del deficit di partecipazione democratica
distribuito lungo un gradiente socio-economico (si veda, ad esempio, Neblo et al. 2010).
Il nostro
esperimento ha cercato perciò (tra le altre cose) di vedere se fosse possibile,
con lo strumento online che abbiamo costruito, raggiungere un buon livello di
inclusività in un esperimento di governance partecipativa della scienza.
Siamo riusciti, con qualche difficoltà, a reclutare e
profilare correttamente 310 partecipanti. Attraverso un questionario abbiamo
definito i principali tratti socio-demografici del campione, scoprendo che,
purtroppo, non eravamo riusciti, malgrado tutto, a ingaggiare le categorie
tipicamente poco propense alla partecipazione politica. Vi mostriamo qui un
riassunto della parte del report che indaga appunto i tratti del campione
reclutato e cerchiamo di capire come e in che misura questo differisce dalla
popolazione.
Genere ed età
In Italia, nel 2013,
erano censiti circa 24.6 milioni di uomini sopra i 15 anni (48%) e 26.7 milioni
di donne nella stessa fascia d’età (52%). Il nostro campione, al contrario, è
formato da una maggioranza di uomini (171, o circa il 56%) con solo 136 donne
(44%).
La mediana dell’età
dei nostri partecipanti è di 44 anni (mentre l’età media del campione è di 43.2
anni), con lo stesso parametro leggermente più alto per le sole donne (46
anni). La popolazione italiana, considerando unicamente persone che hanno più
di 14 anni, ha un’età mediana di 48 anni. Tutto sommato quindi il paragone tra
la curva di distribuzione della popolazione italiana per età e la medesima
curva per la popolazione partecipante all’esperimento non evidenzia differenze
macroscopiche, anche se rimane chiaramente sottorappresentata la classe che
comprende le persone dai 35 ai 44 anni.
Figura 2: Uomini e donne nel campione per gruppi di età.
Questi dati riflettono in parte quanto anticipato circa il coinvolgimento politico della popolazione (parlano di politica principalmente gli uomini, e in particolare gli uomini di più di quarant’anni).
Provenienza geografica
Una larghissima maggioranza di partecipanti profilati ha dichiarato di provenire dal nord-ovest (198 persone su 310). La scarsa presenza di partecipanti provenienti dal sud e dalle isole riflette in parte l’inferiore engagement politico dichiarato dagli abitanti di quelle aree: circa il 32% della popolazione residente al sud dichiara di non parlare mai di politica, contro il 23% del nord e il 21% del centro Italia. Anche scontando questo dato, però, la prevalenza di partecipanti provenienti dal nord-ovest è impressionante.
Figura 3: a sinistra la distribuzione geografica dei partecipanti all'esperimento profilati correttamente. In blu il nord-ovest, in rosso il nord-est, in verde il centro, in viola il sud, in celeste le isole e in arancio l’estero. A destra il confronto diretto tra proporzioni nel campione (in verde) e nella popolazione italiana (in grigio).
Il dato è fondamentale soprattutto se letto in combinazione con le informazioni raccolte circa il referral (il 44% dei partecipanti è venuto a conoscenza dell’esperimento tramite “Un amico”) e le strategie di pubblicizzazione dell’iniziativa. Essenzialmente tutte le realtà coinvolte nel reclutamento per l’esperimento hanno una chiara base milanese, così come la maggior parte dei membri del team di lavoro.
Scolarità
La distanza tra il
campione reclutato e la popolazione italiana è ancora più marcata se guardiamo
al parametro dell’istruzione. Anche considerando che buona parte del campione
proviene dalla parte nord-occidentale del paese, dove mediamente il grado di
istruzione della popolazione è più elevato rispetto all’intera nazione, la
percentuale risibile di persone con diploma di scuola media inferiore (o con un
titolo ulteriormente inferiore) va comparata al 50% della popolazione (che sale
al 52% per l’Italia) che ha invece raggiunto solamente questo grado di
istruzione. Questa fascia della popolazione non è stata perciò rappresentata
nel nostro esperimento.
Preoccupante è anche
la prevalenza di persone altamente formate, con una laurea o un titolo superiore
(230 su 309 che hanno risposto alla domanda). L’interesse che iniziative di
questo genere suscita in cittadini con un’istruzione superiore alla media è un
fatto noto e che in questa specifica istanza può essere stato ingigantito dall’appeal scientifico e non immediatamente
‘popolare’ del tema scelto per la consultazione pilota.
Figura 4: Proporzione di persone con diploma di scuola media inferiore (o titolo inferiore), di scuola media superiore e laureati nel campione (a sinistra con i numeri riportati in figura) e nella popolazione italiana (a destra). I colori vanno dal blu più scuro al più chiaro in ordine di scolarità crescente (blu scuro per scuola media inferiore, blu intermedio per scuola media superiore, azzurro per laurea o superiore).
Reddito
Una delle
preoccupazioni più pressanti riguardo l’implementazione, a livello
istituzionale, di tecnologie per la partecipazione è che queste attirano una
parte della popolazione avvantaggiata sotto il profilo socio-economico, garantendo
quindi un ulteriore vantaggio a chi ha già modo e risorse per incidere sulla
vita pubblica del proprio paese facendo valere i propri interessi. Interessi
che possono (e spesso lo fanno) confliggere con quelli di chi, già
svantaggiato, è anche disinteressato alla partecipazione politica. È
fondamentale, a questo riguardo, esplorare i dati relativi al reddito del
campione reclutato.
Come era ragionevole
attendersi, il reddito famigliare netto annuo dei nuclei di provenienza dei
partecipanti è significativamente più alto rispetto a quello della popolazione
italiana. In particolare i primi tre quintili sono evidentemente
sovrarappresentati.
Figura 5: Distribuzione del reddito annuo famigliare netto del campione paragonata ai quintili di distribuzione dello stesso parametro in Italia. La fonte per i quintili è l’ISTAT.
Affiliazione religiosa/spirituale
Per quel che concerne la religione di appartenenza dichiarata dai partecipanti all’esperimento, oltre ai dati specifici, c’è qualche difficoltà intrinseca nella rilevazione della confessione spirituale della popolazione in genere. Qui utilizziamo la frequentazione della chiesa come proxy per la confessione religiosa cattolica in Italia. Intervistati nel 2010, secondo ISTAT, il 32% della popolazione sopra i 6 anni di età dichiarava di andare in chiesa almeno una volta a settimana, mentre il 30.6% dichiarava di andarci qualche volta all’anno. Ora, considerando che ci sono sicuramente persone che pur non andando mai in chiesa si ritengono cattoliche, una stima estremamente conservativa sulla prevalenza di cattolici in Italia è che questi siano poco più del 60%. Anche adoperando questo termine di paragone, i cattolici nel nostro campione non superano il 31%, mentre gli atei e gli agnostici, aggregati, sono circa il 57%.
Figura 6: Affiliazione religiosa/spirituale del campione.
Attitudine politica
Per la
rilevazione dell’eterogeneità ‘politica’, per così dire, ci siamo affidati a
una scala validata che misura
l’attitudine progressista o conservatrice di ciascun partecipante lungo tre
assi: quanto il partecipante si ritiene progressista/conservatore in generale,
relativamente alle politiche sociali e relativamente alle politiche economiche.
Ciascuna rilevazione è misurata su una scala a 9 punti che va da “Per nulla” a
“Estremamente”. Ovviamente per questo dato non è disponibile un termine di
paragone immediato che riguardi la popolazione italiana. È però interessante
comunque individuare tanto la posizione del campione in media rispetto a una
scala discreta da 9 punti, quanto la deviazione standard per ciascuno degli
assi, un dato informativo dell’eterogeneità del campione (maggiore è la deviazione,
più variano le rilevazioni intorno alla media).
Il campione è
mediamente abbastanza progressista (sempre sopra i 6.5 punti, con un picco di 7
punti per le politiche economiche) e mediamente poco conservatore (di nuovo in
particolare poco conservatore nelle politiche economiche, con meno di 3 punti
lungo tutti gli assi). È interessante esaminare anche il merito della
consultazione (lo specifico outcome
riguardo i test genetici, che è presentato in breve più avanti) alla luce di
questa apparente spregiudicatezza progressista in quanto alle politiche economiche,
che si sostanzia però in una generale avversione alla libera distribuzione dei
test al consumatore senza l’intermediazione di un professionista sanitario.
I test genetici
Abbiamo chiesto
ai partecipanti al nostro esperimento di dirci se fossero d’accordo con la
pratica della distribuzione, senza intermediari qualificati, di test genetici
di suscettibilità medica. Le risposte a questa domanda potevano variare da
“Completamente in disaccordo” a “Completamente d’accordo” su una scala a 4
punti.
Per motivi che
sono chiariti nel report, i partecipanti sono stati attribuiti casualmente a
quattro gruppi. Un gruppo di controllo, in blu sotto, che ha risposto alla
domanda due volte, senza nessun input da parte nostra tra la prima e la seconda
volta e tre gruppi ‘sperimentali’, ciascuno dei quali aveva accesso a un
insieme di attività leggermente diverso (in rosso il gruppo informazione, in
verde il gruppo discussione senza la compilazione di un report e in giallo il
gruppo discussione con la compilazione di un report).
In figura 7
vengono illustrate le preferenze dei partecipanti dei quattro gruppi all’inizio
della consultazione.
Figura 7: Preferenze sui quattro gruppi lungo lo spettro da “Completamente in disaccordo” (a sinistra) a “Completamente d’accordo” (a destra).
Per quanto
possa valere, data la scarsa rappresentatività del campione, la popolazione di
partecipanti è intuitivamente (prima della consultazione), e in generale,
avversa alla commercializzazione dei test genetici senza intermediazione di
professionisti sanitari, con circa il 60% dei voti (91 voti su 151 totali) che
coprono la parte sinistra dello spettro delle preferenze. Notiamo inoltre che
meno di 20 partecipanti si sono dichiarati intuitivamente completamente d’accordo
con la pratica (il 12.6% circa).
Come
anticipato, questo dato è tutto sommato abbastanza sorprendente se assumiamo
che un pubblico più progressista, in particolare progressista per quel che
concerne le politiche economiche, dovrebbe supportare l’intervento del mercato
nella libera distribuzione di beni e, in qualche senso, avversare
l’introduzione di vincoli. Osserviamo invece come, malgrado i partecipanti si
ritengano decisamente progressisti, non vedono favorevolmente la distribuzione
non mediata dei test genetici di suscettibilità.
È noto che
contesti deliberativi informano significative trasformazioni delle preferenze
dei partecipanti. È utile perciò analizzare, gruppo per gruppo, come sono
cambiate le preferenze individuali dall’inizio alla fine della consultazione.
Passiamo quindi in rassegna i grafici che mostrano il cambiamento della
distribuzione dei voti nel gruppo di controllo e nei gruppi sperimentali.
I grafici
mostrano in colori schiariti le preferenze all’inizio della consultazione e in
colori pieni le preferenze, di nuovo per colonne lungo lo spettro descritto
sopra, alla fine della consultazione. L’attitudine media del gruppo di
controllo (lungo uno spettro che va da 0 a 1 dove 1 descriverebbe l’intero
gruppo completamente d’accordo con la pratica) passa da 0.31 a 0.34. Si tratta
di un cambiamento di scarsa entità, soprattutto considerato che 10 partecipanti
(sui 25 che hanno espresso la propria preferenza entrambe le volte) hanno
modificato la propria opinione da prima a dopo, il che suggerisce che questi
cambiamenti sono il risultato del caso, piuttosto che di un effetto
distinguibile (e quindi interessante).
Figura 8: Cambiamento delle preferenze nel gruppo di controllo.
I 26 partecipanti del gruppo informazione che hanno espresso la propria preferenza prima e dopo la consultazione hanno, in media, mostrato un’attitudine inizialmente leggermente più favorevole alla pratica (M=0.43) che si è però spostata verso sinistra, una volta che i partecipanti hanno passato in rassegna i materiali informativi (M=0.39).
Figura 9: Cambiamento delle preferenze nel gruppo informazione.
Pochissimi partecipanti randomizzati al gruppo discussione non finalizzata hanno espresso la propria preferenza sia prima che dopo la consultazione (15). Questi in generale avevano un’attitudine media già fortemente avversa alla commercializzazione dei test, che è cambiata di pochissimo (da 0.22 a 0.23 sempre lungo la stessa scala da 0 a 1).
Figura 10: Cambiamento delle preferenze nel gruppo discussione non finalizzata.
Figura 11: Cambiamento delle preferenze nel gruppo discussione finalizzata.
Infine, nel gruppo discussione finalizzata (con 21
partecipanti che si sono espressi entrambe le volte), l’attitudine media si è
spostata abbastanza visibilmente dalla parte sinistra alla destra dello spettro
(segnalando un’accresciuta accettazione della pratica) passando da 0.37 a 0.46.
Il dato relativo al cambiamento aggregato delle preferenze
(riassunto dalle medie presentate sopra) è interessante, ma richiede un’ulteriore
investigazione, che tenga conto dei meccanismi di cambiamento delle preferenze.
Per tentare un’analisi di questo tipo, abbiamo guardato ai dati da una
prospettiva più marcatamente individuale, cercando di connettere i tratti dei
partecipanti al loro cambiamento nelle preferenze, nel tentativo di meglio
comprendere che cosa abbia (o non abbia) avuto un effetto nello scatenare il
presunto potenziale trasformativo della deliberazione. Per condurre questa
indagine abbiamo preso in considerazione l’età, l’istruzione, il genere, il
reddito, la semplice appartenenza al gruppo sperimentale e l’aderenza al
trattamento previsto per il gruppo sperimentale (definita per il gruppo
informazione come il completamento di due test di competenza e per i gruppi
discussione come la visualizzazione o la contribuzione alla discussione online).
Data la scarsità di partecipanti aderenti al trattamento nei gruppi
discussione, l’analisi statistica ha un valore, per ora, meramente esplorativo
e, in parte, il suggerimento che partecipare al forum di discussione abbia
avuto un impatto sulle preferenze intrattenute dai partecipanti è sconfessato dai
dati della survey post-test
(presentata nel report).
Dall’analisi statistica[1] che
abbiamo applicato ai dati ci sono due caratteristiche dei partecipanti che
hanno avuto un effetto diverso da zero sulle preferenze individuali: la prima è
una caratteristica individuale, l’età; la seconda dipende invece dal
design sperimentale ed è l’aderenza al trattamento. Il primo effetto è
leggermente negativo, il che suggerisce che persone più anziane, o meno
giovani, hanno modificato la propria idea divenendo più avversi, dopo il
periodo della consultazione (e indipendentemente dal gruppo sperimentale di
appartenenza) alla distribuzione commerciale di test genetici direttamente ai
consumatori e senza intermediazione di professionisti sanitari.
L’effetto
dell’aderenza al trattamento è invece di segno opposto e, pure con tutte le
cautele di cui sopra, sembra indicare che chi ha avuto la pazienza di
argomentare (o nel contesto fittizio della controargomentazione prevista dal
secondo test di competenza, per il gruppo informazione, o nel contesto di una
reale discussione tra pari nei gruppi discussione) ha cambiato la propria idea
diventando più favorevole alla pratica rispetto a quanto lo fosse prima della
consultazione.
Conclusione
In conclusione,
la nostra preliminare sperimentazione con una tecnologia online per la
partecipazione al policy-making
relativo alla scienza ha evidenziato forti difficoltà nel reclutamento in
generale e in particolare nel reclutamento di sottoinsiemi della popolazione che
hanno mostrato una tendenza a venire esclusi dalla partecipazione politica (sia
elettorale che ‘extra-elettorale’). Inoltre l’impatto della partecipazione
sulle preferenze individuali circa la distribuzione al consumatore di test genetici
di suscettibilità medica, anche se distinguibile statisticamente, non sembra
essere legato alla parte ‘deliberativa’ dell’esperimento, data il
coinvolgimento davvero modesto dei partecipanti alla discussione online.
Future
implementazioni dovranno perciò tener conto tanto dei limiti dello strumento in
sé (circa i quali si rimanda al report), quanto dei limiti delle strategie di
coinvolgimento adoperate.
Note:
[1]
Per i dettagli dell’analisi statistica è possibile
scrivere a [email protected].