Il citomegalovirus (CMV)
umano è un virus appartenente alla famiglia degli Herpes virus, chiamato così
perché le cellule infettate diventano giganti prima di morire. Il virus è molto
diffuso e infetta gran parte della popolazione mondiale. Nelle persone sane,
l’infezione è spesso asintomatica o molto lieve (come una banale influenza),
tanto che spesso non ci si accorge di essa. Tuttavia, questo virus, come gli
altri membri della famiglia degli Herpes, non abbandona mai l’organismo
infettato ma, dopo la guarigione, rimane latente per tutta la
vita, tenuto a bada dal sistema immunitario. Quando però le difese immunitarie
si indeboliscono, allora il virus si può riattivare e
divenire molto pericoloso. Questo avviene, per esempio, nei pazienti sottoposti
a trapianto (i quali devono assumere una terapia immunosoppressiva per evitare
il rigetto) o nei pazienti con infezione da HIV. Sia la primo-infezione che le
riattivazioni possono allora causare in questi pazienti gravi malattie in vari
organi: polmoniti, ulcere gastriche e intestinali, epatiti e retiniti (che
possono portare a cecità).
Ancora più gravi e subdole, sono le infezioni che
avvengono nelle donne in gravidanza, che non comportano rischi per la madre
(che spesso non si accorge nemmeno dell’infezione) ma possono essere trasmesse
al feto che può subire gravi conseguenze. Circa l’1% dei neonati ha una
infezione congenita da CMV e di questi 1 su 10 può sviluppare gravi sintomi sia
in utero (dal ritardo di crescita sino alla morte) che alla nascita, in
particolare sordità (anche bilaterale), ritardo mentale e di sviluppo.
A volte
i sintomi non sono presenti alla nascita ma si sviluppano più tardi. Si è
calcolato che negli Usa l’infezione congenita da CMV causa più morti neonatali
e problemi a lungo termine delle altre maggiori malattie congenite, quali la
sindrome di Down, la sindrome alcolica fetale, la spina bifida. Dato il grande
impatto sociale dell’infezione congenita da CMV, per prevenire o curare la
quale non ci sono attualmente trattamenti, la “National Academy of Sciences”
(Usa) ha dato alta priorità allo sviluppo di un vaccino anti-CMV.
Presso il Policlinico San
Matteo di Pavia il CMV viene studiato e combattuto da oltre trent’anni, da una équipe di virologi, ostetrici, ematologi e trapiantologi guidati da Giuseppe
Gerna e da Maria Grazia Revello.
Inizialmente sono stati sviluppati metodi
diagnostici in grado di identificare l’infezione il più precocemente possibile,
in modo da poter intervenire prima della comparsa della malattia. In seguito, lo
studio in laboratorio delle modalità di infezione e di trasmissione del virus da
cellula a cellula ha portato, nei primi anni 2000, all’identificazione di tre
piccoli geni di CMV responsabili della sua capacità di infettare i diversi tipi
di cellule dell’organismo umano. Grazie a questa scoperta, altri ricercatori
americani hanno in seguito osservato che da questi tre geni vengono prodotte
tre proteine che si combinano con altre due proteine note da tempo, per formare
una struttura “pentamerica” (complesso di cinque proteine).
Negli ultimi anni ha preso
avvio una proficua collaborazione dei virologi del San Matteo con l’Istituto di
Ricerca in Biomedicina di Bellinzona, Svizzera, diretto da Antonio
Lanzavecchia, per lo studio della risposta immune contro il virus. Questi studi
hanno portato alla scoperta che i più potenti anticorpi contro il virus che
l’organismo produce in risposta all’infezione naturale sono diretti proprio
contro questo “pentamero”: da qui, è nata l’idea di utilizzare questo complesso
proteico come possibile vaccino. A seguito di diversi tentativi, è stato prodotto in laboratorio un “pentamero”
uguale a quello naturale del virus. Sono stati vaccinati con tale composto gli
animali da laboratorio e nel loro sangue sono stati ritrovati anticorpi in
grado di bloccare l’infezione da CMV con una potenza fino a 1000 volte
superiore a quella riscontrata nei sieri umani nella fase convalescente
dell’infezione naturale.
I risultati di questi studi, condotti grazie ai
finanziamenti ottenuti dalla Fondazione Cariplo (Milano), dalla Fondazione
Denegri (Torino) e dal Ministero della Salute, sono ora pubblicati sulla prestigiosa
rivista americana PNAS. Il prossimo
passo sarà quello di sperimentare questo vaccino nell’uomo, per verificarne
l’effetto protettivo nei confronti sia dell’infezione congenita da CMV che
dell’infezione nei pazienti sottoposti a trapianto.