fbpx La top ten della fisica nel 2014 secondo Physics World | Science in the net

La top ten della fisica nel 2014 secondo Physics World

Primary tabs

Tempo di lettura: 6 mins

Si chiama Physic World 2014 Breakthrough of the Year il riconoscimento che Physics World, rivista mensile dell’Institute of Physics, ha assegnato questo 12 dicembre a quella che ritiene la maggiore notizia nel campo della fisica nel corso del 2014. I criteri di attribuzione erano: la rilevanza della ricerca, il progresso nella conoscenza scientifica reso possibile, il rapporto tra aspetti teorici e sperimentali, e in generale l’interesse della notizia nel panorama della fisica contemporanea. «Per la fisica questa è stata una grande annata – ha dichiarato Hamish Johnson, editor di Physics World – ed è stato bello avere da scegliere tra 10 lavori tutti di grande rilievo e ognuno dei quali rappresenta un grande passo avanti fatto dal team di ricercatori coinvolti».
Non c’è da stupirsi più di tanto se il “vincitore” è stato l’atterraggio di Philae, modulo della sonda Rosetta, sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. A poco più di un mese dal landing sono già due le scoperte interessanti effettuate dalla missione. La prima, annunciata appena pochi giorni dopo il touchdown, è il fatto che sulla cometa sono presenti molecole organiche: fatto, questo, che consolida l’ipotesi che i “mattoni della vita” possano essere arrivati, almeno in parte, dai corpi minori del Sistema Solare. La seconda notizia, più recente, riguarda l’abbondanza di deuterio nell’acqua di 67P misurata dallo spettrometro di massa ROSINA a bordo di Rosetta: tale abbondanza, troppo alta per essere compatibile con quella dell’acqua “nostrana”, rafforza l’idea che l’origine degli oceani terrestri vada ricercata negli asteroidi piuttosto che nelle comete.
Physics World elenca le altre 9 scoperte in ordine sparso, senza stilare una vera e propria classifica. Vediamole una a una.

I primi neutrini solari

Se ne è parlato molto quest’estate nel nostro Paese, soprattutto perché è una ricerca condotta interamente in Italia. Nei laboratori nazionali del Gran Sasso, per la precisione. L’esperimento Borexino, destinato ai neutrini, ha compiuto la prima rivelazione diretta di neutrini prodotti dalle reazioni nucleari che alimentano il Sole.
Questa scoperta è importante perché ha dato una conferma dei modelli teorici su ciò che avviene nel cuore delle stelle, ma anche perché è stata la prima misura diretta dell’attività nucleare del Sole: i fotoni, infatti, raggiungono la superficie della nostra stella circa 100.000 anni dopo essere stati prodotti.

Osservato un filamento cosmico

I filamenti cosmici sono strutture che collegano gli ammassi e i superammassi di galassie, formando la cosiddetta “rete cosmica” (cosmic web); ma a differenza degli ammassi di galassie non siamo ancora stati in grado di osservarli. Fino a quando Sebastiano Cantalupo, Piero Madau e Xavier Prochaska (Università della California), Fabrizio Arrigoni-Battaia e Joseph Hennawi (Istituto Max-Planck per l’Astrofisica, in Germania) hanno usato la radiazione ultravioletta emessa da un quasar lontano per osservare in maniera indiretta il gas di un filamento cosmico.
Questa scoperta apre una nuova finestra di osservazione dell’universo e avrà importanti conseguenze nello studio della formazione delle strutture cosmiche.

Simulare una supernova

L’astrofisica è presente nella “top ten” con un’ultima ricerca, condotta da Gianluca Gregori e Jena Meinecke (Università di Oxford) insieme ad altri scienziati. Il team di ricercatori ha creato in laboratorio l’analogo di una supernova. Non una a caso, bensì Cassiopea A, che si distingue per la sua forma irregolare dovuta alla presenza di intensi campi magnetici, la cui spiegazione però rimaneva abbastanza misteriosa.
Grazie all’uso di un laser, Gregori e colleghi hanno fatto esplodere una barra di carbonio immersa in un gas di argon attraversato da una griglia di plastica che aveva lo scopo di simulare le disomogeneità del materiale nei dintorni di Cassiopea A. Facendo le dovute proporzioni, l’esplosione ha creato un’onda d’urto in tutto e per tutto analoga a quella prodotta da una supernova. Il risultato? Un campo magnetico simile a quello osservato proprio in Cassiopea A.
Il successo di questo esperimento ha fatto pensare che tale metodo di studio potrà essere usato per studiare “in laboratorio” molti altri fenomeni astrofisici.

Fusione nucleare “fai-da-te”

Un gruppo di ricercatori del Lawrence Livermore National Laboratory e dei Los Alamos National Laboratory, guidati da Omar Hurricane, ha condotto il primo esperimento di fusione nucleare in laboratorio in cui si sia ottenuta più energia di quanta ne fosse stata fornita precedentemente. Il team di fisici statunitensi ha “acceso” una piccola quantità di deuterio e trizio, isotopi dell’idrogeno.
La strada è ancora molto lunga, ma quest’esperimento segna un passo in avanti nella possibilità di produrre energia pulita per uso civile tramite la fusione nucleare.

Compressioni quantistiche

Siamo tutti avvezzi alla compressione dei dati nei computer che utilizziamo quotidianamente. Ma prima di quest’anno non c’era un modo per comprimere i dati nel contesto della computazione quantistica. Il primo successo l’hanno ottenuto Aephraim Steinberg e altri ricercatori dell’Università di Toronto: il gruppo canadese è riuscito per la prima volta a immagazzinare le informazioni quantistiche di tre fotoni in due soli fotoni. Sembra poco, ma è il primo passo per arrivare dati in maniera efficace nelle prossime generazioni di computer quantistici.

La memoria degli ologrammi

Ha a che fare con la memorizzazione dei dati anche un’altro importante esperimento compiuto quest’anno, che riguarda però gli ologrammi. Questi sono il risultato dell’interferenza di due raggi laser identici, di cui uno ha compiuto un percorso libero, mentre l’altro ha incontrato un oggetto. Gli ologrammi permettono di condensare l’intera informazione dell’oggetto tridimensionale su una superficie bidimensionale: in questo modo si può immagazzinare l’informazione in maniera straordinariamente efficiente.
Il problema è la lunghezza d’onda della luce laser. Più è corta, meglio si riesce a “campionare” con precisione l’oggetto, aumentando la quantità di informazione ricavabile con questo metodo; ma realizzare ologrammi con laser di lunghezza d’onda molto corta è veramente arduo. Alexander Khitun e altri fisici dell’Università della California sono stati i primi a realizzare l’impresa, riuscendo a memorizzare dati usando tecniche olografiche con luce di lunghezza d’onda minore rispetto a quella visibile.

Fibre ottiche “disordinate”

La luce è protagonista di un’altra grande scoperta targata 2014. Parliamo questa volta di fibre ottiche, e in particolare di fibre ottiche “disordinate”. Più il materiale è disordinato (cioè disomogeneo e impuro da un punto di vista chimico) il materiale con cui si costruiscono le fibre ottiche, peggiore sarà la qualità delle immagini trasportate dalle fibre stesse. Ma un gruppo di fisici statunitensi guidati da Arash Mafi ha scoperto che, organizzando opportunamente il “disordine” di una fibra ottica, si possono ottenere immagini di qualità superiore a quella delle migliori fibre ottiche attualmente in commercio.
La scoperta apre la via per l’applicazione della tecnica usata dal team americano per ottenere imaging di altissima qualità a scopo soprattutto medico e biologico.

Magnetismo elettronico

Per quanto riguarda la fisica fondamentale, Physics World inserisce nella sua lista un esperimento effettuato da Shlomi Kotler, Nitzan Akerman, Nir Navon, Yinnon Glickman e Roee Ozeri del Weizmann Institute of Science. Il gruppo israeliano è riuscito per la prima volta a misurare l’interazione magnetica tra due singoli elettroni.
Le proprietà magnetiche dell’elettrone sono note da quasi un secolo, ma il magnetismo tra due elettroni non era mai stato misurato prima, perché è estremamente debole rispetto alle altre forze che agiscono tra le due particelle (per esempio la repulsione elettrostatica). Per misurarne l’interazione magnetica, occorre quindi che i due elettroni siano molto distanti, il che però rende gli effetti magnetici ancora più modesti.
I ricercatori israeliani hanno risolto il problema studiando elettroni legati a distanza tramite il fenomeno dell’entanglement quantistico.

«Beam me up»

Concludiamo con una nota fantascientifica. Se i raggi traenti luminosi non sono ancora realtà, Christine Démoré e Mike MacDonald dell’università britannica di Dundee ne hanno realizzato un analogo “acustico”. I due fisici hanno realizzato due particolari sorgenti di ultrasuoni; i fronti d’onda curvi prodotti da queste sorgenti interagiscono in modo tale che, incontrando un oggetto lungo il loro percorso, gli conferiscono una quantità di moto rivolta in direzione delle sorgenti stesse.
Questa tecnica potrà trovare applicazioni soprattutto in campo medico, specialmente per trasportare opportunamente il principio attivo di un farmaco all’interno dell’organismo


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

The Indi Gregory case: some questions for reflection

"The 'Indi Gregory Case' encompasses various levels of reflection (medical, ethical, legal, and political) that are interconnected but often confused in media debates. The philosopher of science and bioethicist Giovanni Boniolo analyzes them through a series of questions, the answers to which may also help us in similar cases that may arise in the future. Image: Twilight, by Dilma Freddi.

There has been, and continues to be, much talk about the "Indi Gregory Case." Indi was an eight-month-old baby suffering from a severe, and so far fatal, rare disease. More specifically, Indi was affected by D,L-2-hydroxyglutaric aciduria: a genetic disease with autosomal recessive inheritance caused by defects in the SLC25A1 gene.