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Una democrazia cognitiva, per una cittadinanza scientifica

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È un dato fattuale incontestabile, consolidatosi attraverso millenni di storia: la conoscenza e il sapere portano alla società benefici culturali, economici, di benessere e sanità, e si pongono oggi come motore dell’evoluzione sociale ed economica.
Nel corso di circa 150.000 anni l’essere umano ha creato arte, conoscenza, tecnica, e nelle varie epoche la riflessione filosofica, la creazione artistica e l’innovazione scientifica hanno permesso uno sviluppo sociale e un’evoluzione culturale unici della nostra specie.

Dopo il secolo della Chimica (Ottocento) e quello della Fisica (Novecento) siamo ora in quello della Biologia e in particolare della Biologia Sintetica (BS) con il passaggio concettuale della Biologia da scienza storica, ontologica, descrittiva del vivente a scienza della sintesi del vivente.
Le culture e le economie delle società occidentali (le democrazie) si basano oggi sugli avanzamenti del sapere, in gran parte su quelli delle scienze della vita. Alcuni degli avanzamenti più recenti (per esempio ingegnerizzazione dei genomi, derivazione di linee di cellule staminali simil-embrionali e sintesi di nuovi organismi viventi) hanno determinato un ampio impatto da parte di tutte le biotecnologie sulle forme della politica, del diritto e, più in generale, sugli aspetti della vita sociale quotidiana. Lo sviluppo di strumenti di analisi della rivoluzione operata dalle biotecnologie, lo sviluppo di strumenti capaci di esplicitare al grande pubblico le opportunità offerte dalle bioscienze, è divenuto una necessità poiché siamo dinnanzi a una “rivoluzione biologica”. Rivoluzione che, come è accaduto per tutte le rivoluzioni, non può non destare, accanto a entusiasmi, anche timori.

L’enorme quantità di conoscenze che in modo rapidissimo la ricerca biologica va accumulando sta cambiando profondamente persino la nostra concezione di cosa sia l’essere umano, della salute e della malattia, con accesi dibattiti in merito a se, come e quanto utilizzare questo patrimonio di conoscenze per modificare aspetti della vita umana che potrebbero contribuire a un miglioramento della qualità della vita stessa, in particolare dei senescenti (stante l’attuale tasso demografico occidentale), delle nuove generazioni (grazie alle tecniche di diagnosi prenatale) e dell’ambiente (grazie alle biotecnologie ambientali e alimentari). E così i veri temi politici oggigiorno sono di natura biopolitica: basterà citare l’inizio-fine vita, la produzione alimentare e la gestione dell’ambiente. Tutti questi temi di biopolitica determinano una necessaria riflessione su giustizia ed equità, valori questi che comportano aspri confronti tra attori che rappresentano interessi spesso confliggenti.
Ne deriva che informarsi sui progressi della ricerca deve essere parte integrante della nostra cultura, deve essere una disciplina cui occorre dedicarsi con pazienza per impadronirsi degli strumenti concettuali utili per una valutazione consapevole delle applicazioni tecniche. E dunque per comprendere appieno le possibilità offerte dalla BS è necessario condividere una necessaria premessa.

È chiaro che in assenza di condivisione non ha senso parlare delle innovazioni tecnologiche offerte dalla capacità attuale dei biologi di sintetizzare organismi viventi mai apparsi in precedenza sul pianeta. Condivisione che deve essere basata sulla chiarezza di ruoli e di metodi e di epistemologia genetica o, se si vuole, ben più prosaicamente, sull’uso proprio dei termini (parole come “vita”, per esempio!) e delle definizioni procedurali del confronto.
Va inoltre sottolineato che solo la cultura umanistica può illuminare questo percorso, cultura che deve appartenere a un buon scienziato, così come un buon umanista deve impiegare non solo il metodo scientifico, che è uno, ma deve essere prono alla conoscenza scientifica. In altre parole, è solo il possedere entrambe le culture (pur con le proprie specifiche competenze) che fa di un individuo un cittadino partecipe del proprio tempo.
A questo riguardo è chiaro il ritardo dell’elaborazione filosofica degli avanzamenti del sapere delle scienze della vita nel nuovo millennio, proprio quando si realizza il grande cambiamento di quella che viene definita l’era dell’Antropocene, la convergence revolution, quel fluire insieme di Genetica, Informatica e Ingegnerie di varia natura a diversi livelli di organizzazione del vivente, quello della nanoscala in particolare (si pensi alle nanotecnologie).

“La vita inizia con la fecondazione”. Due errori in una sola frase

Due casi particolari possono essere analizzati (BS e cellule staminali, nel caso Stamina in particolare) per capire quanto l’avanzamento del sapere e l’alfabetizzazione scientifica dei cittadini sono mete da perseguire unitamente al fine di sviluppare una società democratica basata su giustizia ed equità: solo cittadini dotati degli strumenti concettuali per valutare criticamente le nuove frontiere del sapere scientifico possono garantire un sistema democratico, perché capaci di incidere efficacemente e direttamente sul corpo sociale con le proprie autonome opinioni.
Purtroppo siamo dinnanzi a una generale profonda ignoranza del sapere scientifico, in particolare di quello biologico, da parte dei testimoni più rilevanti della società civile (decisori politici, magistrati, operatori dei media) con un sistema autoreferenziale di ispirazione pseudofilosofica che ben si presta a creare una confusione di ruoli inaccettabile: politici, filosofi, giuristi, teologi e pensatori di varia estrazione che si occupano di natura umana (cosa che dovrebbe competere al solo biologo) e non, come dovrebbero, della sola condizione umana.
Con la grave conseguenza che i cittadini tutti finiscono con il recepire come “fatto naturale”, “cosa normale”, la produzione di significanti alieni alla Biologia (per esempio il concepito, la persona) o l’uso di termini scientifici in senso colloquiale da parte di costoro. È quest’ultimo il caso più frequente e basterà ricordare a titolo esemplificativo l’uso improprio del termine “vita” legato alle tematiche della BS. Per la comunità scientifica, “vita” è un processo materio-energetico iniziato circa 3.5-3.7 miliardi di anni fa (e che continua!) con la nucleazione di atomi di idrogeno e di elio e da questi carbonio, ossigeno, zolfo, ecc. sino alla formazione di formamide e delle basi degli acidi nucleici.
Con la comparsa di LUCA (Last Universal Common Ancestor) la storia evolutiva, così come indicato dal paradigma darwiniano, la conosciamo abbastanza bene. Nell’uso distorto dei testimonispeciali della nostra società – in primis i decisori politici – per vita si intende l’inizio ontogenetico, via fecondazione, di un nuovo individuo: quante volte si è ascoltato il doppio errore “la vita inizia con la fecondazione”! Due errori in una sola frase, poiché l’inizio ontogenetico di un nuovo individuo (“vita” per il nostro decisore politico) non passa necessariamente dalla fecondazione (si vedano tutte le tecniche di fecondazione in vitro che impiegano l’iniezione dello spermatozoo dove chiaramente non si verifica nessuna fecondazione, ossia fusione delle membrane dello spermatozoo e dell’oocita).

Biologia Sintetica

Il termine Biologia Sintetica si deve al biologo francese Stephane Leduc il quale pubblica nel 1912 un libro dal titolo La Biologie Syntetique. Il termine non è però ripreso se non a partire dagli anni seguenti alla scoperta degli enzimi di restrizione e dopo che nel 1974 il genetista polacco Waclaw Szybalski (1921, Lwów, Polonia) teorizza: “… sino a ora abbiamo lavorato sulla fase descrittiva della Biologia molecolare. Ma la vera sfida parti rà quando entreremo nella fase della sintesi biologica. Potremo elaborare nuovi elementi di controllo, costruire nuovi circuiti di controllo, aggiungere questi nuovi moduli ai genomi esistenti o costruire interamente nuovi genomi (Szostak et al. 2001).
La BS si occupa dunque della creazione artificiale di “nuovi” organismi viventi (cioè capaci di riprodursi) avendo i biologi acquisito le capacità tecniche di riprodurre artificialmente alcune delle fasi ontologiche del vivente e di isolare/trasferire/sintetizzare singole parti costitutive del vivente tra diversi organismi (già) viventi. Creando, producendo, in tal modo nuovi organismi viventi mai prima d’ora apparsi sul pianeta e che, come le macchine, possono essere costruiti per svolgere determinati compiti.

Molte delle proposizioni teoriche della BS derivano dalla Biologia dei Sistemi (Systems Biology) e sono oggi parte integrante di quelle che vengono definite tecnologie convergenti: certamente la più utile a ricordarsi al cittadino comune (laypeople degli anglosassoni) è la BS che per certi aspetti sarebbe meglio definire “vita ortogonale”. Quest’ultimo termine è stato creato per intendersi tra giuristi e biologi su alcune delle proprietà del vivente che possono utilmente impiegarsi per definire, per esempio, il contorno di caratteristiche brevettabili del vivente (tema sul quale non vi è consenso tra impresa mercantile e agenzie regolatorie).
La BS costituisce di per sé l’attuale terza rivoluzione scientifica dell’ultimo secolo (convergence revolution), la seconda essendo datata intorno al 1980-1990 (genomic revolution), la prima essendo datata intorno agli anni 1950 (molecular biology revolution).
Per ben intendere tutta la varietà delle potenzialità teoriche e applicative della BS e le complesse problematiche poste dall’affermarsi di questa disciplina è bene fare un passo indietro nel tempo e darsi una prospettiva storica.

– 1959: Biologia strutturale - Max Ferdinand Perutz, biologo, determina la struttura molecolare dell’emoglobina, ponendo così le basi della Biologia molecolare e strutturale; nel 1962 riceve il Nobel per la Chimica con John Cowdery Kendrew.

– 1968: Codice genetico - Marshall Nirenberg, Gobind Khorana e Robin Holley (Nobel per Medicina o Fisiologia) dimostrano che il codice genetico è universale e valido per tutte le specie viventi, animali e vegetali, sul pianeta (rarissime eccezioni per batteri e DNA mitocondriale). In altre parole, il come l’informazione ereditaria racchiusa nel patrimonio ereditario (nel genoma, nel DNA) è tradotta in proteine cellulari si basa su un codice (meccanismo) di lettura di triplette delle basi azotate che compongono gli RNA messaggeri trascritti a partire dal DNA di porzioni codificanti del genoma (codoni – triplette di basi lungo mRNA; anticodoni – triplette di basi lungo RNA di trasferimento).
In altre parole, il codice genetico è lo schema attraverso cui la cellula traduce, nel corso della espressione di un gene, una sequenza di codoni su di un mRNA in una sequenza di amminoacidi per formare una proteina durante la sintesi proteica.
La traduzione del mRNA è preceduta dalla sua produzione attraverso la trascrizione di una specifica sequenza di DNA di un gene in un filamento di mRNA. Il codice genetico è degenerato, poiché è ridondante (più di una tripletta codifica per uno stesso aminoacido). La possibilità di manipolare il codice genetico, ai vari livelli dell’espressione genica, è uno dei cardini pratici di lavoro della BS (per esempio, codoni/anticodoni artificiali; ribosomi artificiali).

– 1974: fondazione teorica “ufficiale” della BS. La Systems Biology, pur nella difficoltà teorica di definire in Biologia cosa sia “complessità”, “sistema”, “modulo”, è parte integrante dello sviluppo dei paradigmi concettuali della BS.

– 2004: prima conferenza internazionale di BS - La capacità di riprodurre artificialmente, e di manipolare, alcuni dei processi molecolari legati al metabolismo degli acidi nucleici e delle proteine porta a una definizione operativa della BS. Definizione comunque non univoca ma determinata dagli obiettivi che si intende raggiungere tramite la BS; obiettivi con il comune denominatore di ricostruire artificialmente sistemi biologici deputati alle più svariate funzioni. La definizione più frequente è basata sulla seguente riflessione: “Ogni sistema biologico può essere considerato come una combinazione di elementi funzionali individuali che possono essere ricombinati in nuove configurazioni capaci di modificarne le precedenti proprietà funzionali o di crearne di nuove” (De Lorenzo e Danchin 2008).

Due sono gli approcci pratici impiegati nella BS:

1. top-down: impiega organismi esistenti quali batteri e virus ed eliminando tutto il materiale genetico non utile alla minima configurazione vivente (cioè replicante) ottiene organismi da implementare con le funzioni (cioè moduli operativi) desiderate. È questo l’approccio impiegato da Craig Venter per la creazione del Mycoplasma micoides;

2. bottom-up: crea un catalogo di “parti comuni” (si veda il registro MIT delle “parti biologiche”, http://partsregistry.or/Main_Page) che vengono impiegate per ricostituire sistemi biologici. È l’approccio che esalta l’idea di modularità dei sistemi viventi.

Le attuali aree di ricerca e applicazioni della BS sono rivolte alla produzione di “capacità” in grado di rispondere alle esigenze di industria ed economia tramite la fabbricazione di strumenti biologici per:
1. produrre, a] nuovi materiali (plastiche biodegradabili, combustibili da prodotti alimentari) e b] circuiterie bio-elettroniche a nano-scala;
2. controllare il comportamento delle membrane cellulari (per esempio svilupparebiosensori artificiali; bio-rimedio e processamento di alcuni xenobionti);
3. rivelare e trattare patologie (rigenerazione cellulare).

Miriadi di applicazioni tecnologiche saranno così possibili, come per esempio la costruzione di strumenti di nano-memoria capaci di sfruttare l’abilità di certi batteri di navigare il debole campo magnetico terrestre usando delle nanoparticelle di magnetite. O ancora sviluppare bio-stampanti tridimensionali e abbattere i prezzi di tutti i prodotti manifatturieri. Solo la fantasia (dei biologi) e le richieste della società civile paiono essere limiti alla costruzione di nuovi organismi viventi per i più svariati impieghi. Entro il 2020 si ritiene comunque ragionevole la produzione di:
– nuove molecole grazie a catalisi chimiche ottimizzate;
– biocarburanti e cibo;
– organismi fotosintetici capaci di raddoppiare la loro biomassa in poche ore;
– farmaci da somministrare (per esempio vaccini, cellule staminali) in modo più efficiente;
– cellule e batteri capaci di individuare cellule cancerose (sfruttando immunologiche);
– sistemi computeristici basati sulle logiche del DNA a livello atomico.

Queste applicazioni tecniche faranno cadere i prezzi di moltissimi prodotti permettendo ai Paesi in via di sviluppo di “saltare” il passaggio dell’impiego in massa di fertilizzanti, l’uso intensivo dei carburanti fossili e l’agricoltura carica di patologie vegetali e animali per dei sistemi biologici più puliti e più efficienti, proprio come ora questi Paesi possono saltare l’installazione di costose linee telefoniche terrestri e impiegare reti di telefonia mobile.
È chiaro da quanto brevissimamente delineato che la grande sfida sarà quella di anticipare le possibili conseguenze non desiderate sui sistemi ecologici, economici e sociali al fine di non bloccare preventivamente lo sviluppo della BS per pregiudizi ideologici o infondate paure.
Già alcuni eticisti, in particolare richiamando i rischi (?) che può comportare la creazione di forme di vita sintetiche, questionano la liceità della BS e propongono di bandirla del tutto. Questa posizione è del tutto inaccettabile e fuori dalla storia umana; per una esauriente trattazione degli aspetti etici si veda: Ethics of synthetic biology (European Commission, Opinion n. 25, Brussels, 17 novembre 2009). Segno di grande democrazia è quanto accaduto negli USA, ove il presidente Obama ha chiesto a un gruppo di esperti (la Presidential Commission for the Study of Bioethical Issues, PCSBI) di avere nuove linee guida sulla BS e le tecnologie emergenti (pubblicate in data 16 dicembre 2010 come New Directions: The Ethics of Synthetic Biology and Emerging Technologies.
Le PCSBI di fatto rimandano a un continuo aggiornamento, ogni 18 mesi, delle linee guida, in modo tale da restare al passo con le future ricerche e applicazioni ma senza ostacolare gli studi in modo preventivo. Un bell’esempio di ciò che la comunità scientifica internazionale sempre chiede al decisore politico: di essere ascoltata (come in questo caso), di rendere pubblico l’esito del dibattito tra le speranze presentate dalla comunità scientifica e le decisioni dell’uomo politico. 

Solo così il grande pubblico, il cittadino, può sentirsi rassicurato e sostenere la ricerca. Ben sapendo che tutte le tecnologie, in particolare quelle legate alla BS, sono tecnologie “doppio uso”: ma certamente non si può pensare di ostacolare la ricerca di nuove positive applicazioni della BS per paura di futuri possibili errori. Da quanto ricordato risulterà comunque chiaro che la BS non crea la vita (“… and Man made life” è un buon titolo per i giornali!).

Stamina

Le applicazioni delle biotecnologie, in modo speciale in ambito biomedico, già oggi possibili pongono urgentemente la necessità di una riflessione bio etica capace di indirizzare le scelte degli uomini del diritto e degli operatori che quelle applicazioni sanno tecnicamente compiere.
Paradigmatico il caso Stamina, ove è emerso chiaramente il ritardo nell’elaborazione concettuale ora prospettata da parte della nostra società. Ha dell’incredibile che ciò non sia avvenuto a fronte del fatto che è universalmente accettato che alla base dei trattamenti medici (terapie) vi debbano sempre essere efficacia e sicurezza (in qualsivoglia scenario terapeutico, fatta eccezione per la efficacia nell’uso compassionevole dei farmaci), vi debba sempre essere la trasposizione dei risultati degli studi di laboratorio e sugli animali (pre-clinica) alla clinica.
È con le evidenze cliniche (di fase I, II e III) che le prove pre-cliniche entrano in una filiera di sperimentazione tesa a indicare la sicurezza ed efficacia (ed eventualmente le controindicazioni) dei futuri trattamenti terapeutici basati su protocolli standard.
Ora, nel caso specifico delle terapie che impiegano cellule staminali, la trasposizione dei risultati sperimentali di laboratorio e su animali (prove precliniche) della biologia delle cellule staminali è ben consolidata per alcune patologie (buona parte delle leucemie, grandi ustioni e cornea), è ancora in una fase preliminare (fase I) per altre (su tutte, infarto del miocardio, diabete e Parkinson), e in una fase pre-clinica molto promettente per una miriade di altre patologie.
In generale lo scenario terapeutico dei prossimi anni si presenta con grande ottimismo.
Ma a fronte di un grande ottimismo va precisato che a oggi è incontestabile l’assenza nel panorama delle pubblicazioni scientifiche a livello internazionale di dati relativi a sperimentazioni i cui risultati possano suggerire di trattare i piccoli pazienti con cellule staminali mesenchimali ematopoietiche prelevate dalla madre dei pazienti stessi (Thonhoff et al. 2009, De Francesco 2012). In altre parole la comunità scientifica internazionale non ha ancora prodotto dati sperimentali a sostegno di simili terapie; non disponiamo ancora di dati che possano sostenere la validità di simili proposte terapeutiche e passati al vaglio della procedura, ritenuta imprescindibile, perché dei dati possano essere considerati validi e utili per la costruzione di procedure terapeutiche: prove in laboratorio, su animali, su pazienti in fase I, in fase II e quindi in fase III (a questo proposito si veda il documento ufficiale più recente prodotto da un’Accademia di altissimo prestigio, il documento inglese del 28 marzo 2012 pubblicato il 3 di aprile 2012 nel quale non vi è traccia di simili proposte: A new strategy for UK regenerative medicine.
Vi è comunque da sottolineare la mancanza di un prerequisito essenziale (che ben dovrebbe indurre quei giudici che impongono “la cura” Stamina, equivocando il diritto di cura e di libera scelta delle terapie, a operare al rovescio: dovrebbero impedirne l’accesso!): la qualità del prodotto (cellule staminali mesenchimali ematopoietiche) impiegato nel protocollo Stamina per il trattamento dei piccoli pazienti!
La sospensione cellulare impiegata esce da laboratori non a norma (solo una cell factory di standard gold è accettata e accreditata a livello internazionale come stabilimento di produzione e manipolazione di cellule che verranno impiegate come farmaci). In base ai risultati della Commissione Ministeriale che ha esaminato il caso sia il protocollo, sia i laboratori, sia i campioni impiegati sono risultati non a norma: “I campioni sono conservati in contenitori con etichette scritte a mano, e a matita, a volte con una grafia poco comprensibile, i laboratori non sono adatti e non rispondono alle norme”.
Nella vita di laboratorio situazioni di questo tipo sono censurate come inaccettabili; ciò è molto grave poiché spalanca le porte a rischi ed errori di ogni tipo. Inoltre il fatto accertato che “a volte ai pazienti è inoculato materiale biologico prelevato dal malato, a volte da un altro paziente e altre volte ancora da una terza persona, con rischi di contagio batterico e virale, ma anche di altri effetti collaterali” chiude definitivamente le porte a ogni possibile accettazione di simili protocolli.
Il dato tecnico-biologico assume qui una potenza dirimente tale da trascendere qualunque fine disquisizione giuridica. Credo risulti chiaro dai due esempi trattati cosa è cambiato di paradigmatico nel mondo delle scienze della vita nelle ultime decadi e come questo cambiamento si riverberi sul nostro vivere quotidiano: dalla ricerca scientifica alle sue applicazioni biotecnologiche in medicina, industria e agricoltura tutte le tradizionali discipline sono oggi rivoluzionate dalla Biologia, a partire dalla Filosofia alla Antropologia, dalla Economia alla Giurisprudenza (vedi European Center for Law, Science and New Technologies).

Verso una "democrazia cognitiva"

Il sistema giuridico deve trovare le ragioni della sua affinità con il mondo biologico non solo nella necessità di individuare strumenti utili alla propria amministrazione (prove, saggi, eccetera, auspicabilmente senza restarne dominato) ma ancora di più nell’esigenza d’individuare strumenti per comprendere il mondo della ricerca e dunque meglio elaborare, e applicare, le norme che governano il sistema scientifico. In ciò il mondo della giurisprudenza può essere attore unico e indispensabile nella società civile per l’opera di mediazione tra bioetica, proprietà intellettuale, progresso e libertà di ricerca.
Cittadini bene informati sono garanzia di un forte sostegno all’investimento di risorse nella ricerca scientifica e di un autonomo formarsi di opinioni che si riflettono in democratiche decisioni su ciò che si ritiene lecito e su ciò che non si desidera venga applicato. Tutto ciò permette di realizzare un controllo democratico sull’elaborazione di principi e norme etiche rispettose della pluralità di valori che sempre più è presente nelle società multietniche.
Lo sviluppo e il sostegno della ricerca così come gli avanzamenti del sapere devono essere patrimonio culturale di tutti, pena un declassamento generale dei livelli di confronto tra membri della stessa comunità. Declassamento che inevitabilmente produce l’elaborazione di norme legislative non laiche e restrittive delle libertà individuali di alcuni cittadini a favore di imposizioni legislative frutto delle posizioni ideologiche preconcette di decisori politici e dei loro ispiratori. Pietro Greco chiama “democrazia cognitiva” il processo di organizzazione del nuovo sapere e lo sviluppo di nuovi modelli di rappresentanza, in cui le nuove conoscenze non siano viste come un pericolo ma come un’opportunità, non siano fonte cioè di nuove disuguaglianze ma servano a promuovere, come proponeva Francis Bacon già quattrocento anni fa, il benessere dell’intera umanità. E questo deve essere l’obiettivo ultimo da perseguire.

Bibliografia
- De Francesco L., “Adult stem cell therapies walk the line”, Nature Biotechnology, 30: 739-741, 2012.
- De Lorenzo V., Danchin A., “Synthetic biology: discovering new worlds and new words. The new and not so new aspects of this emerging research field”, EMBO reports, 9: 822-827, 2008.
- Szostak J.W., Bartel D.P., Luisi P.L., “Synthesizing life”, Nature, 409: 387-390, 2001.
- Thonhoff J.R., Ojeda L, Wu P., “Stem Cell-Derived Motor Neurons: Applications and Challenges in Amyotrophic Lateral Sclerosis”, Curr Stem Cell Res Ther. 4: 178-199, 2009.

Tratto da Scienza & società -  Scienza e Democrazia, Editore Egea


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Discovered a New Carbon-Carbon Chemical Bond

A group of researchers from Hokkaido University has provided the first experimental evidence of the existence of a new type of chemical bond: the single-electron covalent bond, theorized by Linus Pauling in 1931 but never verified until now. Using derivatives of hexaarylethane (HPE), the scientists were able to stabilize this unusual bond between two carbon atoms and study it with spectroscopic techniques and X-ray diffraction. This discovery opens new perspectives in understanding bond chemistry and could lead to the development of new materials with innovative applications.

In the cover image: study of the sigma bond with X-ray diffraction. Credits: Yusuke Ishigaki

After nearly a year of review, on September 25, a study was published in Nature that has sparked a lot of discussion, especially among chemists. A group of researchers from Hokkaido University synthesized a molecule that experimentally demonstrated the existence of a new type of chemical bond, something that does not happen very often.