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Ma l'Early Warning dei terremoti è una cosa seria!

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Sismografo. Immagine di Linnaea Mallette, licenza: CC0 Public Domain.

Tempo di lettura: 17 mins

Recentemente si è fatto un gran parlare nei media italiani di un dispositivo a basso costo, pubblicizzato sulle reti di un’importante piattaforma televisiva, che offriva una soluzione domestica per la protezione personale durante un terremoto, emettendo un segnale sonoro di allarme, all’arrivo  delle onde primarie del terremoto (onde P). Queste onde hanno normalmente un’ampiezza minore rispetto alle onde secondarie (onde S), che arrivano successivamente ma a cui è associato il danneggiamento delle strutture. In altre parole, lo strumento realizzerebbe un EarlyWarning sismico, lanciando un’allerta prima dell’arrivo del moto forte del suolo associato al terremoto. Le traduzioni di Early Warning nella nostra lingua sono “allarme sismico preventivo” o “allerta precoce”, talmente meno affascinanti ed esotiche, che si preferisce generalmente la sua definizione nella lingua di Albione. Il temine “Early Warning” è per altro utilizzato oltre che in Sismologia, in altri campi da quello militare, per i sistemi anti-missile, a quello economico per la previsione di crisi finanziarie fino a quello medico, molto recente, per l’identificazione in anticipo della propagazione virale di malattie infettive. Sulla pubblicità e sulla reale efficacia dello strumento sono piovute critiche severe da parte degli addetti ai lavori (vedi per esempio articoli e commenti di Alessandro Amato e Marco Mucciarelli), e finanche la segnalazione del Dipartimento della Protezione Civile all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust) per la potenziale ingannevolezza del messaggio pubblicitario che non fornirebbe le informazioni complete circa la reale efficacia dello strumento in caso di evento sismico che accada sul territorio nazionale.

È singolare tuttavia, che le critiche dei sismologi e in particolare la segnalazione della Protezione Civile all’Antitrust non riguardino le caratteristiche tecniche dello strumento e le sue presunte prestazioni ma, piuttosto la fattibilità dell’Early Warning sul nostro territorio, licenziando la metodologia come inutile e inefficace per la mitigazione del rischio sismico in Italia. L’Early Warning è una metodologia scientifica rigorosa che si sviluppa e sperimenta da almeno due decenni in varie parti del mondo, anche nel nostro paese. Le maggiori associazioni scientifiche internazionali di Geofisica e Scienze della Terra (AGU, American Geophysical Union; EGU European Geophysical Union; IASPEI, International Association of Seismology and Physics of the Earth Interior) dedicano una sessione sui metodi e le applicazioni dell’Early Warning nei loro congressi annuali da circa un decennio. Il Giappone ha avviato nel 2008 l’Early Warning Broadcast, cioè la diffusione capillare mediante mass-media del messaggio di allerta istantaneo oltre che promuovere campagne di educazione ed informazione alla  popolazione. In Giappone l’uso dell’Early Warning è disciplinato da un’apposita normativa , che definisce l’ente preposto alla diffusione dell’allerta, la Japan Meteorological Agency, le responsabilità legali circa l’uso corretto e non corretto dell’allerta e gli standard di qualità che devono soddisfare i dispositivi e le metodologie utilizzati per la disseminazione dell’allerta preventiva. Negli Stati Uniti , l’Early Warning  è in fase di sperimentazione in California da circa tre anni, attraverso la rete sismica integrata CISN. L’USGS, il Servizio Geologico che ha il compito del monitoraggio sismico a scala nazionale, ha lanciato il progetto “Shake Alert”. In collaborazione con un consorzio di partner universitari, il progetto ha come obiettivo la verifica e la sperimentazione dell’Early Warning negli stati lungo la costa occidentale, minacciati dai terremoti che possono generarsi lungo la famigerata faglia di San Andreas o, più a nord, nella zona di subduzione della Cascadia.

Figura 1. Distribuzione geografica dei sistemi di Early Warning nel mondo. Con i diversi colori sono indicati i Paesi nei quali il sistema di alerta è operativo in tempo-reale (nero), in fase di sperimentazione (rosa) e in fase di progettazione ed implementazione (grigio). La mappa riproduce la variazione della pericolosità sismica a scala planetaria, espressa dal livello di accelerazione che ha una probabilità del 10% di essere superato in 50 anni.

Infine, l’Europa ha finanziato nell’ultimo decennio due progetti in successione, SAFER e REAKT, con l’obiettivo di sviluppare e sperimentare l’Early Warning nelle principali zone sismiche dell’area Euro-Mediterranea. Nell’ambito di questi progetti è stato implementato in Italia Meridionale ed è in funzione per scopi di ricerca, un prototipo di sistema di Early Warning, chiamato PRESTo, sviluppato dai ricercatori del Laboratorio di Sismologia del Dipartimento di Fisica dell’Università di Napoli Federico II. L’obiezione principale che viene mossa all’ Early Warning  è che, considerata la distribuzione della sismicità rispetto a quella dei centri abitati, durante un terremoto il tempo a disposizione per mettersi in sicurezza dopo l’allarme sarebbe estremamente breve (qualche secondo o decina di secondi), quindi praticamente inutile per compiere qualsiasi azione di protezione personale. Inoltre, la sua sperimentazione e implementazione in Italia aprirebbe una questione di responsabilità legale in caso di falso o mancato allarme, responsabilità che in Italia non è disciplinata dalla legge. Su questo aspetto, non ha certo contribuito a fare chiarezza sul ruolo e le responsabilità di scienziati, Protezione Civile e amministratori pubblici, il processo dell’Aquila ai Sismologi della Commissione Grandi Rischi, accusati e poi prosciolti in secondo grado di giudizio, dall’accusa di errata comunicazione del rischio durante la crisi sismica che è culminata col terremoto distruttivo del 6 Aprile 2009.

Poco tempo per mettersi in sicurezza?

Gli specialisti dell’Early Warning quantificano questo tempo (in gergo tecnico: lead-time) come la differenza tra il tempo di arrivo delle onde sismiche S (le onde a più grossa ampiezza e capaci di produrre danni) ed il tempo a cui viene lanciato l’allarme. Quest’ultimo dipende a sua volta dal tempo di arrivo delle onde P al sistema di rilevazione, che può essere costituito da una rete di sensori posti in prossimità della sorgente (sistema di Early Warning regionale) o del sito da proteggere (sistema di Early Warning in-situ). Dato che le onde S viaggiano a una velocità di circa la metà delle onde P nella crosta terrestre, il lead-time dipende dalla distanza del sito di interesse dall’ipocentro del terremoto. Nei sistemi in-situ il lead-time è dato direttamente dalla differenza tra le onde S e le onde P al sito di misura, mentre nei sistemi regionali , esso è dato dalla differenza tra il tempo di arrivo dell’onda S al sito di misura e l’arrivo dell’onda P alle stazioni in prossimità della sorgente. Per questo motivo i sistemi di Early Warning in-situ sono estremamente rapidi nel rilascio dell’allerta e sono preferibili per i siti a piccola distanza dalla sorgente. I sistemi di Early Warning regionali invece producono lead-time più grandi e sono preferibili per siti posti a grandi distanze dalla sorgente. 

 

Figura 2. Rappresentazione schematica del principio di funzionamento di un sistema di Early Warning regionale (in alto) e in-situ (in basso). In entrambi i casi il lead-time dipende dalla distanza tra la sorgente sismica e la struttura o il sito da proteggere.  Nei sistemi regionali, l’allerta è basata sulla predizione del livello di scuotimento massimo atteso ottenuto mediante leggi empiriche di attenuazione delle onde conoscendo la distanza dal terremoto e la sua magnitudo. Nei sistemi in-situ, lo scuotimento atteso viene stimato attraverso misure di ampiezza/frequenza del primo segnale P alle stazioni in prossimità del sito da proteggere.

A un lead-time nullo corrisponde un’allerta contemporanea all’arrivo della prima onda S. L’area entro cui il lead-time è zero o negativo è definita “zona cieca” (blind-zone), e rappresenta la zona  in cui l’allerta è inefficace. L’analisi della pericolosità sismica, basata sui cataloghi storici dei terremoti in Italia, indica che la magnitudo massima attesa per un terremoto distruttivo che ha origine nelle regioni a rischio sismico più elevato del Paese è 7-7.5. Le tristi esperienze dei terremoti di Colfiorito nel 1997 e de L’Aquila del 2009, ci mostrano purtroppo che anche eventi di magnitudo moderata (M circa 6.0 - 6.5) possono produrre danni ingenti e vittime nella popolazione esposta al rischio sismico. L’area di danneggiamento di un sisma dipende primariamente dalla magnitudo dell’evento, ma anche da altri fattori legati a fenomeni di propagazione ed amplificazione al sito delle onde sismiche. Per i terremoti de L’Aquila del 2009 e Colfiorito del 1997, di magnitudo M 6.3 e 6.0 rispettivamente, i danni più importanti sono stati osservati entro un’area di raggio circa 40-50 km nell’intorno dell’epicentro del terremoto (intensità macrosismiche maggiori del VII grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg). Nel caso del più forte terremoto dell’Irpinia del 1980 (M 6.9) l’area di danneggiamento è risultata avere una estensione decisamente più ampia (raggio di circa 100 km).

Come funziona l'allarme precoce

Ipotizzando una rete densa di stazioni, quale quella attuale sul territorio italiano (l’inter-distanza tra le stazioni è di circa 20 km nelle zone sismo-genetiche), calcoli teorici del lead-time, indicano che per queste due categorie di eventi, M 6 e M 7, l’allerta di un sistema di Early Warningin-situ/regionale, raggiungerebbe gli abitanti delle aree maggiormente esposte ai danni del terremoto circa 5-6 sec dopo il tempo origine dell’evento, includendo anche il ritardo richiesto dall’elaborazione e analisi automatica dei segnali sismici in tempo reale, con una zona-cieca di raggio pari a 10-20 km intorno all’epicentro.   Considerando l’area del danneggiamento osservato in seguito al terremoto de L’Aquila, il lead-time teorico sarebbe pertanto positivo (tra circa 3 e 8 sec) in una vasta area compresa all’interno della zona in cui sono state rilevati i maggiori danneggiamenti.

Nel caso del terremoto dell’Irpinia del 1980, l’area di danneggiamento  è stata più ampia (circa 100 km di distanza dall’epicentro). Di conseguenza la regione che avrebbe potuto beneficiare di un lead-time positivo sarebbe anch’essa più vasta, con tempi disponibili per mettersi in sicurezza, compresi tra 3 e 20 secondi. Il tempo utile per misure precauzionali è però, probabilmente maggiore di quello indicato dai calcoli teorici perchè raramente i livelli massimi di accelerazione/velocità del moto del suolo e potenzialmente generatori di danni sono associati ai primi arrivi delle onde S. Inoltre il cedimento degli elementi non strutturali o i crolli parziali/totali degli edifici non sono istantanei e contemporanei al primo arrivo delle onde S ed anche in questo caso il tempo utile potrebbe essere maggiore di quello stimato teoricamente.

Ma quanto è utile ricevere un’allerta qualche secondo o qualche decina di secondi in anticipo, rispetto all’arrivo delle onde sismiche potenzialmente distruttive? Per rispondere a questa domanda, bisognerebbe analizzare tutte le possibili azioni automatiche o individuali che possono essere intraprese in tempi così limitati stando in casa, per strada o nel luogo di lavoro. In un rapporto realizzato qualche anno fa da J. Goltz, specialista nella Gestione dei Disastri e membro dell’Ufficio Emergenze del Governatorato della California, venivano passate in rassegna tutte le possibili applicazioni dell’Early Warning ed azioni di mitigazione del rischio sismico.

In questa analisi sono stati considerati i settori dell’Educazione, della Sanità, delle Agenzie di Stato e Locali per l’emergenza post-sisma, dei Servizi di trasporti e le Reti per l’erogazione di elettricità e gas. Il rapporto conclude che l’Early Warning è fattibile in California, previa la realizzazione di un sistema robusto di elaborazione e trasmissione dei dati in tempo reale e la definizione e sperimentazione pilota di un protocollo scientifico per la validazione e la diffusione del messaggio di allerta ai potenziali utilizzatori. Nel rapporto viene infine fornito un elenco di azioni possibili in seguito ad un Early Warning per ciascuno dei settori considerati e nel lasso di tempo utile. Tra queste, l’interruzione automatica dell’erogazione di energia elettrica/gas per la prevenzione di incendi, l’interruzione di interventi in sale operatorie, l’arresto di trasporti di materiali pericolosi in industrie chimiche o nei cantieri edili, l’attivazione di sistemi semi-automatici di protezione degli edifici, il controllo del traffico aereo, autostradale e ferroviario, l’attivazione degli interventi di emergenza da parte dei vigili del fuoco, una serie di azioni di protezione individuale a casa, nelle scuole, negli edifici pubblici.

Figura 3. Intensità macrosismica (effetti del terremoto osservati) e “lead-time” per il terremoto dell’Irpinia del 1980 (M 6.9) (da Picozzi et al., 2014). I lead-time sono stati simulati supponendo l’esistenza di un sistema di Early Warning basato su una Rete Accelerometrica Nazionale con la configurazione attuale ed operante in tempo-reale. L’intensità macrosismica per ciascuno dei Comuni in cui essa è stata rilevata, ed è rappresentata secondo la scala Mercalli-Cancani-Sieberg con i colori più scuri (arancione/rosso/marrone) associati ai livelli per cui sono stati osservati danni significativi alle abitazioni. Il cerchio più interno indica la Blind Zone (BZ), l’area entro cui l’allerta è emessa successivamente all’arrivo delle onde S, le più distruttive durante un terremoto. La figura mostra che un gran numero di Comuni ricadrebbe nelle aree a lead-time positivo, e per un numero consistente di essi sarebbero disponibili dai 5 ai 20 secondi per effettuare azioni automatiche o individuali di messa in sicurezza di persone o impianti.

Una tipica obiezione è che alcuni secondi di pre-allerta sarebbero pochi e insufficienti per l’evacuazione di interi quartieri di città popolate esposte al sisma. E’ bene però far presente che oggigiorno, senza nessun tipo d’informazione disponibile in tempo reale circa sull’occorrenza di un terremoto, i tempi di reazione nella popolazione sono probabilmente molto lunghi (minuti?). Al contrario, con solo pochi secondi di anticipo rispetto all’arrivo delle onde di ampiezza più importante, le persone potrebbero mettersi al riparo in una zona sicura della propria abitazione o all’esterno di essa. Ad esempio, il protocollo attuale per la sicurezza nelle scuole in occasione di incendi e terremoti prevede che l’evento disastroso sia riconosciuto dal personale presente nella scuola e che il responsabile allerti studenti e professori attraverso il suono di una campanella. Collegare in automatico la sirena in una scuola ad un sistema di early warning consentirebbe di anticipare le azioni di protezione degli allievi sotto i banchi, oltre che le operazioni di evacuazione dalle classi.

Il progetto REAKT, ha portato alla sperimentazione del primo prototipo europeo di un sistema di Early Warning

Un istruttivo esempio dell’utilizzo dell’Early Warning nelle scuole è dato dall’esperimento realizzato da studenti docenti dell'istituto tecnico industriale ITIS “Ettore Majorana” di Somma Vesuviana, in provincia di Napoli. La collaborazione tra i ricercatori dell'Università di Napoli e la scuola, resa possibile dal progetto REAKT, ha portato alla realizzazione e alla sperimentazione del primo prototipo europeo di attuatore di un sistema di Early Warning per le scuole. Per la simulazione, durante il normale svolgimento delle lezioni, è stato inviato dal centro di controllo di Napoli al dispositivo attuatore, un segnale di allarme, come se fosse davvero in atto un terremoto.

Al suono della “Sentinella” (cosi si chiama il dispositivo attuatore) i ragazzi e i docenti in aula hanno riconosciuto l’imminente arrivo dell’evento sismico ed avviato le procedure di emergenza. In pochi secondi i ragazzi hanno trovato riparo sotto i banchi, i docenti indossato il caschetto protettivo e si sono posizionati sotto l'arco della porta, restando in sicurezza  per tutta la durata dell'evento sismico simulato. Un secondo, e diverso, segnale sonoro ha avvisato poi della fine del terremoto e ha dato inizio all’evacuazione dell’aula prevista dal regolamento di istituto (video della simulazione). 

Inoltre, un aspetto molto sottovalutato è che l’Early Warning può risultare utile per ridurre l’effetto-panico in quelle zone in cui, sebbene risentito, lo scuotimento del sisma non produce danni sensibili alle abitazioni. La popolazione di queste aree potrebbe essere utilmente allertata circa l’occorrenza di un terremoto forte ma distante e rassicurata circa gli effetti minori del sisma al proprio sito.

Early Warning: gestione, comunicazione del rischio sismico e responsabilità legali dell’allerta

In Italia, la gestione dell’emergenza e la prevenzione di fenomeni sismici sono responsabilità del Dipartimento della Protezione Civile Nazionale (DPC), organo della Presidenza del Consiglio dei Ministri che si avvale della consulenza della Commissione Grandi Rischi, composta da esperti nei settori della sismologia, geologia e dell’ingegneria sismica. Il DPC segue da alcuni anni lo sviluppo della ricerca scientifica nel settore dell’Early Warning e ha partecipato, con suoi funzionari, ai progetti di ricerca nazionali ed europei su questa problematica.  L’implementazione di un sistema di Early Warning a scala nazionale non rientra, tuttavia, tra le priorità nel piano di prevenzione del rischio sismico a breve e medio termine del nostro Paese. Siamo, di fatto, lontani da una sperimentazione operativa dell’Early Warning, che richiederebbe un adeguamento tecnologico sostanziale delle reti sismiche che operano in Italia.

Nella sua segnalazione all’Antitrust, il Dipartimento della Protezione Civile dichiara che “una vera mitigazione del rischio sismico può essere perseguita seriamente attraverso una matura conoscenza del territorio, una consapevolezza dei comportamenti di auto-protezione da adottare sia quotidianamente che in situazioni di emergenza, la diffusione dei piani di emergenza alla popolazione, la messa in sicurezza degli edifici". Tra le azioni elencate non c’è , quindi, l’Early Warning sismico, il cui messaggio, veicolato al grande pubblico è ritenuto fuorviante dalla Protezione Civile, indicando una soluzione inefficace ed inaffidabile, al problema della mitigazione dei danni causati dai terremoti.

Tuttavia l’ Early Warning non si sostituisce alle azioni prioritarie suggerite dalla Protezione Civile ma, piuttosto le integra, promuovendo azioni automatiche o individuali, volte a limitare danni, ferimenti e perdite dovute agli effetti collaterali di un sisma.
Il messaggio di allerta ricevuto da un abitante di un edificio che collassa totalmente durante il terremoto, potrebbe non consentirgli di mettersi in salvo. Se la sua abitazione fosse invece capace di resistere al terremoto, l’allerta preventiva potrebbe consentirgli di mettersi al sicuro dal cedimento di elementi non-strutturali (gli elementi non-strutturali di un edificio sono, ad esempio, gli impianti elettrici/idraulici, controsoffitti, tamponature, tramezzature, facciate, scaffalature permanenti o mobili, ecc.), dalla frattura dei vetri delle finestre, dalla caduta di oggetti o mobili. Ma, come descritto sopra, molteplici sono le azioni di tipo automatico che possono essere effettuate e che riguardano gli impianti industriali, le reti di erogazione di elettricità e gas, le reti di trasporto, ecc.

Indubbiamente, l’attuazione di misure protettive in seguito ad un Early Warning  richiede una preparazione ed addestramento specifico della popolazione. Per ciò che riguarda l’educazione comportamentale durante un terremoto, il Giappone ci insegna che una popolazione addestrata a ricevere un segnale di allerta preventiva ed a comportarsi di conseguenza, è anche maggiormente informata sul rischio dei terremoti ed è particolarmente sensibile alle iniziative per la protezione e la messa in sicurezza degli edifici in cui risiede o lavora. Negli edifici pubblici (scuole, università, ospedali, ..) esistono già protocolli e misure codificate da adottare per la sicurezza del personale e dell’utenza, in particolare in caso di incendio e terremoti. In questi casi il sistema di allerta immediata dovrà integrarsi con le procedure ed i dispositivi di allarme esistenti, consentendo agli utenti di reagire e proteggersi in un tempo molto più rapido di quello attualmente perduto per riconoscere e fronteggiare l’emergenza sismica in corso.
La questione più delicata è senza dubbio quella che riguarda la responsabilità legale dell’Early Warning che, quando l’allerta è diffusa ad una vasta popolazione, può diventare una problematica di ordine pubblico, per il numero di abitanti che essa coinvolge e per la necessità di tutelare la loro sicurezza.

Essendo l’EW basato su misure sperimentali affette da incertezze, la probabilità di incorrere in falsi allarmi (la dichiarazione di allerta per un evento sismico che non produce danni sensibili o che non accade del tutto), oppure in mancati allarmi (l’assenza di allerta in caso di evento sismico disastroso) non è nulla.

La dichiarazione di allerta di un sistema di Early Warning è basata sull’elaborazione di pochi secondi di segnale ad un numero limitato di sensori, per cui la probabilità di falso/mancato allarme dipende dalla rapidità con cui viene dichiarato l’allerta, e la sua riduzione può avvenire solo a spese di un maggior tempo necessario ad acquisire maggiori informazioni sull’evento in corso. Ottimizzare la misura e la modellazione di parametri del moto del suolo in tempo reale, allo scopo di ridurre il numero di falsi e mancati allarmi è la sfida attuale della ricerca scientifica sui sistemi di Early Warning di nuova generazione. Sono tuttavia molteplici le problematiche di carattere legale e sociale che derivano dall’uso di un sistema automatico di decisione in caso di emergenza sismica con probabilità non nulla di falso e mancato allarme. A chi va attribuita la responsabilità di un falso allarme prodotto da una dispositivo elettronico senza l’intervento umano nella decisione? E nel caso di un mancato allarme? Quale autorità certifica per legge la qualità e lo standard del sistema di Early Warning? Poiché il segnale di allerta dev’essere diffuso mediante molteplici mezzi di  comunicazione come si definiscono le responsabilità nella catena che va dalla misura scientifica, alla decisione, alla diffusione dell’allerta e all’attuazione di misure di prevenzione?

Il sistema giapponese

In Giappone, queste questioni sono state affrontate e regolamentate in un apposito dispositivo di legge (Meteorological Service Law) che prescrive le modalità di diffusione al pubblico delle informazioni e delle osservazioni che riguardano i fenomeni meteorologici, sismici, vulcanici ed oceanografici. Per ciò che riguarda i sistemi di allerta automatica la legge definisce le responsabilità per il rilascio e la diffusione dell’allerta della Japan Meteorological Agency ed altre organizzazioni che sono preposte all’invio immediato dei messaggi di Early Warning alla popolazione. Inoltre stabilisce le caratteristiche standard e le certificazioni dei metodi/tecnologie a cui devono attenersi i fornitori del servizio di Early Warning, in particolare nella previsione dell’intensità macrosismica attesa (quantità che misura l’effetto ed i danni dei terremoti) e del tempo di arrivo delle onde di massima ampiezza. In Giappone, infatti l’allerta diramata per i terremoti dalla JMA include la magnitudo e la localizzazione dell’evento in corso, mentre non rientra nei compiti dell’agenzia nazionale la previsione degli effetti di danneggiamento e del tempo di arrivo delle onde potenzialmente distruttive.

Il pregiudizio nei confronti di una seria sperimentazione nel nostro paese di un sistema di Early Warning sismico a scala nazionale è ingiustificato ed è in controtendenza rispetto alle scelte fatte in questa materia da Paesi come il Giappone e gli Stati Uniti dove la gestione e la valutazione del rischio dai terremoti è all’ordine del giorno. L’implementazione di un sistema rapido ed avanzato di allerta sismica a scala nazionale e le azioni di mitigazione del rischio di medio e lungo termine intraprese dalla Protezione Civile non sono in antitesi, ma al contrario,  la riduzione della vulnerabilità  degli edifici e l’educazione al comportamento individuale e collettivo durante un’emergenza sismica sono requisiti essenziali per l’azione efficace di un’allerta sismica immediata.

 

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