Riconosciamolo, noi italiani
non siamo solo “eticamente sensibili” ad alcuni temi di biomedicina – come il
testamento biologico (dichiarazione anticipata di trattamento) o l’uso delle
cellule staminali embrionali umane – ma addirittura quando quei temi ce li
troviamo di fronte ci accendiamo come un fiammifero, facendone occasione (una
delle occasioni preferite) di scontro ideologico.
Eppure, malgrado questa
nervosa sensibilità, a 25 anni dalla sua fondazione, conosciamo poco l’attività
e i documenti di un’istituzione, il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB), che si
occupa dei “temi caldi” con il compito di proporre al Governo, al Parlamento e,
soprattutto, a noi tutti cittadini comuni una mediazione argomentata non tra le
ideologie, ma tra le diverse visioni «sui problemi etici emergenti con il
progredire delle ricerche e delle applicazioni tecnologiche nell’ambito delle
scienze della vita e della cura della salute».
Perché noi, che eleviamo la
bioetica a occasione di scontro a tratti furioso, conosciamo poco l’opera di
chi da un quarto di secolo di bioetica e di diffusione della cultura bioetica
si occupa in maniera istituzionale?
La domanda non ammette né una
risposta singola né un insieme semplice di risposte. Una delle cause risiede,
certamente, nell’atto istitutivo stesso del CNB: il decreto con cui la Presidenza del Consiglio lo ha
istituito il 28 marzo 1990.
I compiti del Comitato non sono ben definiti e le
risorse scarse. Il CNB ha una funzione di consulente del Governo e del
Parlamento. Ma nulla obbliga il Governo e il Parlamento ha sentire e a decidere
in materie eticamente sensibili sulla base delle proposte del CNB. E, nel
medesimo tempo, nulla obbliga il Comitato a dare corpo alla funzione di
«informazione dell’opinione pubblica» che pure è prevista ed è considerata
essenziale nel decreto istitutivo.
Anche la composizione del CNB è,
probabilmente, concausa dei suoi limiti. È, infatti, sbagliato il principio con
cui il Comitato è stato istituito: formato com’è da esperti solo di alcuni
ambiti disciplinari, mentre dovrebbe dare spazio alla società; ed è sbagliato
il metodo di selezione dei suoi membri, fondato anche (forse soprattutto) sull’appartenenza
politica e religiosa. Questa struttura rigida e lottizzata fa sì che, spesso,
il Comitato decida “a colpi di maggioranza”, venendo meno alla sua funzione che
dovrebbe essere di consigliere autorevole per il governo democratico di una
società sempre più multietica.
Nei giorni scorsi è morto
Giovanni Berlinguer, che del CNB è stato per qualche anno (1999-2001) il
Presidente. Ebbene, Berlinguer ha caratterizzato la sua presidenza proponendo con
molta decisione due precise linee: l’attenzione a quella che lui chiamava la
“bioetica quotidiana”, ovvero il progresso scientifico e le cure della salute
che interessano la vita quotidiana delle persone, e il coinvolgimento attivo di
tutti i cittadini nel processo di elaborazione di una bioetica condivisa.
Entrambe le linee sono state
poi disattese. Per due motivi, solo in apparenza scorrelati: la mancanza di
risorse sufficienti per portarle a termine, la profonda divisione tra le due
“anime” principali del Comitato, quella cattolica (quasi sempre maggioritaria)
e quella laica.
Queste due cause hanno informato tutta l’attività del CNB impedendo che, sui temi più controversi, le funzioni di alta mediazione del Comitato potessero essere davvero svolte. In definitiva, il CNB ha avuto e ha tuttora scarsa influenza sul Governo e sul Parlamento e noi cittadini abbiamo avuto e abbiamo tuttora scarsa possibilità di influire – o meglio, di dialogare – con il CNB e persino di essere messi al corrente sulla sue attività.
Eppure i temi bioetici sono
parte non marginale della dimensione in cui emerge in maniera sempre più
significativa una nuova domanda di cittadinanza, quella scientifica, che
consiste nella richiesta sempre più ineludibile di compartecipazione attiva alla
definizione degli spazi di democrazia nella “società della conoscenza”. Ovvero,
di quella società che è sempre più informata degli sviluppi della scienza e
dell’innovazione tecnologica. Noi cittadini non esperti vogliamo dire
legittimamente la nostra sul testamento biologico, sull’uso delle staminali
embrionali umane e sulle infinite altre questioni bioetiche (comprese quelle di
bioetica quotidiana).
Il CNB dovrebbe essere uno dei
nostri interlocutori privilegiati quando chiediamo di soddisfare la domanda di
partecipazione. Addirittura uno dei
maggiori facilitatori nella costruzione di una matura cittadinanza scientifica.
Non lo è, invece. E per questo – come suggeriscono Giuseppe Schiavone, Matteo Mameli, Paolo Maugeri e Giovanni Boniolo in un
recente articolo pubblicato sulla rivista Bieotica
– va urgentemente riformato. In tutti e ciascuno gli aspetti che abbiamo
indicato: la struttura, le funzioni, il rapporto con il Governo e il Parlamento.
Ma il nodo principale da sciogliere – come, peraltro, suggeriscono Boniolo e i suoi collaboratori – è proprio quello della cittadinanza scientifica. Cosa dovrebbe fare il CNB finalmente riformato? Proporsi come catalizzatore della compartecipazione attiva di noi “non esperti” al governo di una matura e democratica società multietica.
Un compito che non è affatto
semplice in alcuna parte del mondo. Ancor meno in un paese, come l’Italia, dove
il confronto civile tende spesso a trasformarsi in uno scontro gridato.
Per renderla “matura” e
sottrarla ai venti della demagogia, occorre che in una società democratica e
multietica della conoscenza ci siano non solo buona informazione e reale partecipazione,
ma che la partecipazione sia informata. Per il governo democratico dei temi
eticamente sensibili occorre che ci siano tanto una cultura bioetica diffusa
quanto canali di partecipazione alle decisioni efficienti. Nessuno ha, finora, trovato
l’algoritmo giusto per soddisfare la domanda di partecipazione da parte di
cittadini critici perché consapevoli e informati: né all’estero né tantomeno
nel nostro paese.
Occorre procedere, ancora, per tentativi ed errori. La proposta di Giovanni Boniolo e dei suoi collaboratori – che il CNB diventi il promotore di una forma sperimentale di democrazia deliberativa in rete – è molto interessante. Se serve, Scienzainrete è pronta a fare la sua parte nell’esperimento.