Caro Marcello,
Quando vedo tue interviste o interventi
sugli OGM(2) mi chiedo ma cosa ti è successo rispetto a
quando ci frequentavamo e si discuteva insieme sul futuro delle biotecnologie
in Italia. Era il 1991, stavo finendo la tesi di dottorato e venivo a Firenze a
rivedere con te alcuni capitoli. La mia ricerca era finalizzata allo studio
della variabilità somaclonale per la selezione precoce di
piante resistenti a funghi, una tecnica biotecnologica che allora sembrava una
mutagenesi innovativa ma già la vedevamo superata dalle nuove tecniche
di ingegneria genetica, molto più precise e capaci di
modificare caratteri utili a migliorare le piante di interesse per il nostro
paese.
Poi c’è stato il progetto
Mipaf Biotecnologie, per me fu l’opportunità per continuare nel mondo della ricerca ma con un
nuovo progetto dove tentavo di avviare i primi esperimenti di trasformazione
genetica in fragola, non certo con geni di un pesce ma con geni che altri
ricercatori italiani avevano identificato per aumentare la resistenza alla
malattie con la speranza di ridurre l’uso dei
pesticidi. Anche tu eri coinvolto in questi progetti, il tuo gruppo lavorava
sul pomodoro e ricordo di aver citato più volte alcuni tuoi
articoli pubblicati su riviste importanti dove concludevi che la tecnica dell’ingegneria genetica offriva importanti opportunità per il miglioramento genetico delle piante.
L’ultima volta
che ci siamo incontrati è stato nel 1996 quando ti invitai ad
Ancona a commemorare l’improvvisa scomparsa del Prof. Rosati,
mio maestro e allora tuo caro amico. Visitasti il laboratorio che avevamo
avviato ed ancora ricordo le tue parole incoraggianti nel continuare il lavoro
che stavamo facendo, compreso quello sulla trasformazione genetica della
fragola.
Poi nel 1998 arrivò Pecoraro Scanio come ministro dell’Agricoltura che chiuse tutti i progetti sulle Biotecnologie, vietò ai ricercatori degli Istituti del CRA di brevettare i risultati ottenuti dallo stesso progetto. Con questa decisione furono buttati i risultati ottenuti da quasi 10 anni di ricerca, con tanti soldi spesi e anche tanti giovani che erano stati formati come ricercatori nel settore delle biotecnologie e che emigrarono o cambiarono mestiere, solo pochi ebbero la fortuna di continuare riciclandosi in altri settori di ricerca. Inserirei questo tra i grandi sprechi del nostro paese. Quel progetto, certo con qualche difetto, aveva dimostrato che poteva esserci una via Italiana delle Biotecnologie, che la ricerca italiana poteva sviluppare nuove conoscenze in questo settore e nuovi prodotti utili per la nostra agricoltura.
Ma “l’effetto Pecoraro”, così molti lo
chiamavano, decretò la fine delle biotecnologie in Italia.
Per chi faceva biotecnologie non cerano più finanziamenti ma
improvvisamente comparvero tanti finanziamenti per chi sosteneva che le
biotecnologie non servivano e rimasi molto sorpreso vederti da quella parte con
un gruppo di ricercatori, mi viene da citare solo Giovannetti e Sorlini, altri
faccio fatica a chiamarli tali (Tamino, Vieri, Monastra, etc.). Di fatto questi
venivano identificati come ricercatori “buoni” mentre tutti gli altri erano diventati “cattivi”, inutili e solo al soldo delle fatidiche
multinazionali.
Da allora per avere finanziamenti
pubblici non si poteva più parlare di ingegneria genetica e OGM. Ci
furono finanziamenti per grandi progetti di genomica ma a cosa sono serviti se
poi non è possibile utilizzare le conoscenze del
genoma del melo e della vite per studiare, validare e applicare i geni utili a
migliorare importanti caratteri agronomici e qualitativi.
Solo pochi, quelli più convinti e che con un pò di fortuna sono riusciti a recuperare qualche
finanziamento, hanno continuato a fare piante transgeniche. Nel mio caso sono
riuscito a realizzare il primo vigneto transgenico, unico in Europa, l’ho tenuto in campo per circa 10 anni, in regola con le normative
Europee. Oltre al vigneto c’erano fragole (sempre senza geni del
pesce), lamponi e pomodori. Un piccolo orto biotecnologico. La scelta fu quella
di portare avanti la ricerca con un basso profilo, forse grazie a questo si è riusciti ad evitare incursioni e danni da
attivisti anti OGM.
Questa esperienza ha dimostrato che gli OGM non salvano l’agricoltura italiana e tanto meno quella mondiale ma che la ricerca in
campo OGM si può fare, così come dimostrato anche dal collega Rugini all’Università della Tuscia, che non crea problemi (la
collega Ilardi del CRA Patologia di Roma ha ricercato contaminazione geniche in
un area di 100 km dal campo e non ha trovando nulla), e che permette di
scoprire cose utili a migliorare l’efficienza
produttiva di alcune nostre importanti colture (in quel caso differenziamento a
fiore e produttività). Poi senza tanto spettacolo ho
abbattuto il campo perché l’autorizzazione
avuta dal Ministero, in regola con le normative comunitarie, era scaduta e non
era possibile rinnovarla visto che nel frattempo era uscito anche il decreto
Alemanno che con un balzello tecnico, neanche con una vera e propria
imposizione, era riuscito a bloccare, come è ancora ora, il
processo di autorizzazione per la sperimentazione in campo di OGM. Questo
balzello rimane, pur essendo a mio parere contro le direttive comunitarie. Far
saltare il decreto Alemanno e applicare le normative comunitarie, così come tutti i paesi in Europa, è l’unica via per far ripartire la ricerca
OGM in Italia. Cosa che spero si realizzi al più presto visto che per mantenere una competitività nel settore agricolo anche il nostro paese deve
prendere in considerazione, valutare e decidere come applicare tutte le
conoscenze e le tecnologie disponibili, compresi gli OGM.
A mio parere dipende anche da te se ci troviamo nella seguente realtà:
- Siamo incolpati di essere al soldo delle multinazionali quando sai benissimo che quel poco che si è riusciti a fare è stato grazie a soldi pubblici o di piccole aziende locali che ancora sperano di poter essere competitive a livello internazionale.
- Non è che si è fatto il grande favore alle multinazionali di togliere dal mercato le poche conoscenze e i risultati che la ricerca Italiana aveva prodotto consolidando così il loro monopolio?
- Bloccare la ricerca Biotech ha avuto un grosso impatto anche su tutta la ricerca genetica del nostro paese, tale da provocare la perdita di aziende, conoscenze e competenze.
- Si è favorito lo sviluppo di una coltura anti brevetti che ha permesso la perdita della proprietà intellettuale di quasi tutti i prodotti della nostra ricerca e come conseguenza della capacità imprenditoriale delle nostre aziende che credevano nelle tecnologie genetiche.
- Si continua a dire che gli OGM non servono quando, come tutti sanno, le nostre filiere alimentari sono sempre più dipendenti da loro, solo che li importiamo e sono prodotti dalle multinazionali, che come detto ringraziano, provocando la crisi per tante aziende e la perdita di quasi interi settori di produzione del nostro paese.
- Si propongono soluzioni genetiche uniche come i marcatori molecolari, tecnologie molto utili per accelerare i programmi di miglioramento genetico tradizionale, non alternative ma eventualmente solo integrative, come lo sono anche gli OGM, entrambi devono essere applicate per sviluppare nuove conoscenze e risolvere problemi delle nostre produzioni agricole.
- Si racconta di fantomatiche contaminazioni o alterazioni genetiche che si possono ottenere con gli OGM ma tu mi hai spiegato che le stesse alterazioni si possono ottenere con la mutagenesi e la ricombinazione che avviene con un incrocio. Saranno queste più naturali?
- Ricordo una tua relazione ad un congresso Eucarpia a Dublino dove raccontavi che le piante si erano evolute utilizzando anche geni dei batteri. Dimostrando quindi, così come poi hanno confermato molti ricercatori, che l’ingegneria genetica non l’ha inventata l’uomo ma l’uomo, come molte altre cose, l’ha copiata dalla natura.
- Molto curioso è anche il tuo sostegno al lavoro di Seralini sul grave rischio per la salute dei prodotti OGM. Tutto il mondo sta ridendo di questo studio anche retratto dalla rivista che l'ha pubblicato, smentito anche da accademie scientifiche. Per altro verso centinaia di lavori scientifici, da progetti pubblici molti dei quali finanziati dalla Comunità Europea, dimostrano quanto gli specifici prodotti biotech analizzati siano sicuri per l’ambiente, per la salute del consumatore e possano offrire opportunità importanti per i sistemi agricoli.
- Poi certo i prodotti biologici sono i migliori, i più sicuri per i consumatori (perché non si possono elencare i morti e gli intossicati per contaminazioni microbiologiche e da aflatossine o i campi che non si possono più coltivare per la quantità di rame usato per la coltivazione biologica della vite o del melo), i più sostenibili (ma perché un prodotto deve essere pagato 2 volte da un consumatore tramite i contributi che da anni sostengono le aziende biologiche e il prezzo aumentato al mercato), i più controllati (sappiamo che ancora è quasi tutto basato sull’autocertificazione e non su una vera e propria rete di controlli analitici).
Al termine della mia tesi di dottorato ero molto onorato di aver avuto la possibilità di realizzare la mia ricerca grazie anche ad una tua guida ma da tempo faccio fatica a rivedermi come un tuo ex studente. Sicuramente sarai fiero di quanto hai fatto e sarai pure convinto di aver fatto del bene al nostro paese. Io purtroppo non lo credo, anzi penso che è grazie a persone come te che si è persa la fiducia verso la comunità scientifica e ritardata (non è ancora completamente persa) la capacità del nostro paese di confrontarsi con un modo scientifico e imprenditoriale capace di sviluppare e applicare le biotecnologie vegetali per risolvere problemi della nostra agricoltura.
Cari saluti
Bruno Mezzetti
Borsista Progetto Mipaf Biotecnologie
(1992-1994)
NOTE
(1)
Versione pubblica di una nota inviata per email al Prof. Buiatti nella quale
chiedo un confronto su una serie di sue posizioni. Questa è una ulteriore occasione di chiarimento pubblico
(2)
A questo link è possibile ascoltare l’audizione del professor Marcello Buiatti presso la
Commisione Sanità in Senato.
Questo il link alle slide cui il prof. Buiatti fa
riferimento nel corso dell’intervento:
Questa la relazione depositata agli atti della Commissione
La scienza e gli OGM
di Marcello Buiatti
Con una
certa sorpresa negli ultimi giorni ho ricevuto una serie di mail che
attaccavano la mia presentazione sul tema degli OGM, effettuata in una
audizione al Senato della Commissione di igiene e sanità a cui ero stato
invitato ufficialmente il 19 maggio scorso.
Anzi, per
essere più chiari, quello che mi ha più nettamente colpito, è che l’attacco è
stato personale e sono stato accusato di aver distrutto la genetica vegetale
italiana bloccando i finanziamenti e quindi il futuro che, secondo i miei
interlocutori non può che venire dalla produzione di nuove piante geneticamente
modificate. Non commento le critiche anche piuttosto risibili che mi sono state
scritte. Come ad esempio la affermazione di un mio finanziamento fa parte delle
organizzazioni ambientaliste della agricoltura.
In realtà nel Ministero
della agricoltura per molti anni ho lavorato perché ci fossero finanziamenti
sia a livello nazionale che a quello internazionale quando sono stato
responsabile italiano del Comitato della UE per ben dieci anni. Non solo ma io
non sono mai stato contro le piante GM in quanto tali come è dimostrato dal
fatto che io e i miei collaboratori siamo stati i primi a compiere esperimenti
ingegnerizzando cellule vegetali, costruendo piante GM da esse derivate e
pubblicando i risultati su riviste internazionali.
Questo
fino ad oggi come è dimostrato dalla nostra recente partecipazione a un grande
progetto nazionale di studio sulla ingegnerizzazione di piante di una specie di
Nicotiana con il gene per il recettore dei gluco-corticoidi di ratto ottenendo
e studiando piante con l’intero sistema ormonale pesantemente cambiato.
Tutto
questo lavoro è stato fatto non tanto per immettere le piante GM in agricoltura
ma proprio per cercare di comprendere gli effetti e le interazioni positive o
negative della integrazione nei genomi delle piante.
Quando abbiamo incominciato con successo a modificare cellule e piante
speravamo infatti veramente che la ingegneria genetica potesse portare
facilmente risultati positivi e controllabili ma abbiamo invece dimostrato
anche nei primi esperimenti che le risposte delle piante non erano quelle
previste, una scoperta che adesso direi ovvia, dato che, mentre le macchine
sono costruite da pezzi indipendenti gli uni dagli altri, gli esseri viventi
sono reti connesse e dinamiche per cui anche un solo cambiamento di un
componente o la inserzione di un nuovo gene inevitabilmente modifica la
struttura complessiva. Su questo tema abbiamo lavorato a lungo studiando così a
fondo la dinamica fisiologica di diverse piante e confermando così la meravigliosa
duttilità e capacità di risposta di queste. Non solo, ma recentemente in
collaborazione con altri Dipartimenti a Firenze ci è stato chiesto dalla OMS di
vedere cosa succedeva nei topi se si inseriva un gene per la contrattilità dei
muscoli, un tentativo di ottenere e magari brevettare persone con capacità
atletiche elevate. Il risultato è stato negativo perché il DNA inserito si
distribuiva e interagiva in tutto il corpo tanto che ne abbiamo trovato tracce
anche nelle lacrime.
Questo confermava quanto era avvenuto molto prima con i tentativi falliti di
inserzione del gene per l le ’ormone somatotropo in topi, tutti diventati
sterili e poi deceduti in poco tempo e purtroppo anche nel caso della terapia
genica umana. Purtroppo la ricerca mondiale sulle piante non è stata condotta
per poter controllare il numero di frammenti di DNA che si stava inserendo
nelle singole piante, i luoghi di integrazione dei geni alieni, gli effetti
della rottura del DNA preesistente da parte di quello inserito, le interazioni fra
quel prodotto genico e il resto del genoma, fra i nuovi RNA e le proteine
“nuovi”. Purtroppo questo tipo di esperimenti che senza dubbio potrebbe portare
a miglioramenti di eventuali piante GM anche ora non è stato implementato e
dopo la immissione sul mercato di pochissime piante geneticamente modificate
non se ne sono viste altre ormai da molti anni che abbiano dato risultati
veramente utili alle agricolture. Anche qui, per rispondere alle critiche
ricevute io negli anni “90 non sono stato contrario per partito preso
alla sperimentazione anche in Italia delle piante GM già esistenti ma ho invece
partecipato insieme con il genetista vegetale Veronesi e il genetista ed
evoluzionista Tamino a interminabili discussioni in cui si cercava di stabilire
la grandezza delle fasce di rispetto che separavano le PGM dalle altre piante
per essere sicuri di evitare l’inquinamento da parte del polline delle prime.
Questo per separare secondo le direttive UE i diversi tipi di piante ed evitare
che piante derivanti dalla impollinazione portassero alla riscossione di
royalties dai prodotti anche con leggero inquinamento secondo il brevetto
internazionale industriale delle piante, appoggiato nel 1998 dalle
multinazionali. Le nostre commissioni di lavoro allora lavorarono bene e si
ottenne un protocollo con la unanimità dei componenti che era stato accettato
in commissione. Purtroppo questo protocollo è scomparso nei meandri del
Ministero della agricoltura e quindi si è acutizzato lo scontro fra pro e
contro le piante OGM ora in commercio. Purtroppo e lo dico seriamente dopo
tanti anni anche adesso, se si guarda in ISAAA, il sito delle grandi imprese
che producono OGM, si vede che la quantità di piante geneticamente modificate
coltivate è aumentata enormemente e in questo momento copre più di 171 milioni
di ettari a livello mondiale, ma le piante GM attualmente coltivate sono solo
quattro piante ( soia, mais, cotone e colza) modificate per soli due caratteri
( resistenza ai diserbanti e ad insetti) tutte prodotte e lanciate nei primi
anni ottanta del Novecento.
Sono invece stati tolti dal mercato precocemente il
pomodoro Flavr Savr che resisteva
alla marcescenza ma era immangiabile, il cosiddetto Golden Rice produttore di
provitamina A ma in quantità non sufficienti, che è stato ritirato mentre è in
corso un tentativo ancora non riuscito di miglioramento e molte altre che
nel mercato non sono mai entrate. Altri tentativi di introduzione di altre
piante GM come ad esempio la patata Amflora non hanno avuto successo nel mercato.
Quella patata infatti adesso copre solo pochi ettari coltivati e poco altro.
Questo tuttavia non significa che la genetica vegetale in tutto il Mondo non si
è davvero fermata e molte nuove varietà sono state brevettate con il sistema di
brevettazione classico della UPOV che ha il notevole vantaggio di non
richiedere le royaltie, in questo
caso giusti pagamenti ai selezionatori, vengono pagate solo la prima volta ma
dopo la prima coltivazione si possono seminare i prodotti della prima
generazione cresciuti nel campo del coltivatore che può persino incrociarsi con
altre varietà ottenendone una poi più terze e quarte.
Le nuove
varietà “tradizionali” sono moltissime centinaia in tutto il mondo a differenza
delle pochissime GM di cui ho scritto. Anche qui devo rispondere alla
affermazione dei miei detrattori ove mi si dice che ho distrutto le agricolture
mentre tutti sanno che mi sono strenuamente battuto e mi batto tuttora per
l’uso di metodi molecolari di vario tipo che non portano alle conseguenze
negative che hanno impedito il successo delle piante GM ma anzi accelerano la
immissione sul mercato di tante varietà anche derivanti dalla esistente
biodiversità vegetale esistente ancora nel Mondo e nel nostro Paese che è
l’unica speranza di risposta agli effetti negativi del cambiamento climatico
visto che nessuna pianta OGM che io almeno sappia sul mercato che sia
resistente alla siccità, all’eccesso di Sali, al calore ecc. Ci si potrebbe
chiedere a questo punto come mai tanti ettari sono coperti da queste sole quattro
piante modificate per soli due caratteri, ma la risposta ha ben poco a che fare
con la biologia, né con le tecniche di ingegneria genetica e in genere con la
scienza ma deriva invece dalla attuale economia mondiale che ha abbandonato il
vecchio sistema delle domanda e della offerta e si basa invece per il 92% sulla
economia finanziaria. Nel caso delle piante transgeniche infatti, sono
essenzialmente tre le grandi multinazionali che le hanno brevettate e ne
traggono ogni anno i diritti ( Monsanto, Syngenta, Dupont).
Di fatto la potenza delle “tre sorelle” quindi non deriva dalla immissione sul
mercato di nuove varietà come si fa invece con le tecniche tradizionali, ma
dalla occupazione anche forzata delle terre e la conseguente costruzione di
enormi imprese agricole soprattutto produttrici di soia e un po’ di mais, che
ogni anno pagano le royalties ai detentori dei brevetti come non avveniva con
il vecchio sistema di protezione delle novità agricole detto UPOV. Queste
imprese agricole hanno soppiantato, spesso con la forza, le agricolture
tradizionali ad esempio di Argentina, Brasile, Paraguay, che adesso producono
solo soia al posto delle innumerevoli varietà e specie delle piante locali che
costituivano la fonte di cibi delle popolazioni. I contadini per questo sono
finiti spesso nelle favelas dove hanno perso tradizioni millenarie e persino i
linguaggi e hanno contemporaneamente lasciato e perso i semi delle piante
coltivate riducendo così di un buon terzo la biodiversità agricola di cui
invece avremmo enorme bisogno vista la accelerazione letale del cambiamento
climatico globale. Le tre mega-imprese citate erano in realtà originariamente
chimiche e in seguito anche farmaceutiche e sono infatti collegate alla
cosiddetta
Big Pharma,
un altro insieme di holding che
controllano gran parte della nostra salute. Merita qui notare che sia le “tre
sorelle” degli OGM che le grandi farmaceutiche spendono sempre meno per la
ricerca come si può vedere dalla assenza di nuove piante geneticamente
modificate e dal fatto che da una diecina di anni non vengono immessi sul
mercato nuovi antibiotici e si torna quindi a morire per le polmoniti per la
presenza di ceppi batterici resistenti ai vecchi prodotti. Da tutto questo si
vede che le “tre sorelle” non sono davvero il futuro delle agricolture ma solo
il passato, visto che nessuna pianta geneticamente modificata è stata accettata
dal mercato mondiale in modo consistente dopo gli anni “80-“90, e le
agricolture tradizionali dei Paesi occupati sono scomparse quasi completamente
con tutti i problemi che citavo prima. Per tutto questo la mia personale
preoccupazione per la possibile introduzione delle piante GM nel nostro Paese,
deriva relativamente poco dai pericoli per la salute, anche se sappiamo che il
complesso diserbante Round Up è stato recentemente definito ufficialmente
cancerogeno dalla OMS, ma mi viene soprattutto dalla molto probabile
distruzione delle agricolture locali italiane che nel caso del nostro Paese
sono per noi direttamente e indirettamente fondamentali, per la enorme quantità
e varietà di cibi che ne derivano che vengono esportati con notevole guadagno e
attirano fortemente il turismo. La nostra agricoltura è adesso da molto tempo
la più ricca del Mondo e anche la più varia e vari sono i nostri cibi necessari
per le vite umane come continuano ad affermare agli altri 6 milioni di
contadini che sono riuniti nelle loro associazioni. Detto questo sono d’accordo
con alcuni dei miei detrattori che la spesa per la ricerca di nuove varietà e
in genere di prodotti agricoli è in questo momento quasi inesistente come
purtroppo del resto avviene in tutto il campo della ricerca agraria e
biologica. E’ assolutamente essenziale quindi che la ricerca sia rilanciata
possibilmente con metodi veramente innovativi che certo non sono almeno per ora
quelli della ingegneria genetica tradizionale che è come penso di avere
chiarito, quasi totalmente fallita. Le cose potrebbero cambiare solo se si
trovassero metodi innovativi che tengano conto della complessità degli esseri
viventi e in particolare delle piante e quindi dei modi per controllare gli
effetti possibilmente negativi dell’inserimento di geni alieni.
E’ ovvio da
questo punto di vista quindi che nuove piante GM potrebbero essere costruite se
si facesse quello che non si sta facendo nel Mondo e cioè se si studiassero
sistemi di controllo a livello molecolare, fisiologico, di interazione con
altre piante, batteri ecc. come purtroppo nel nostro pochi genetisti italiani
ma anche mondiali hanno fatto e tentano di fare ancora rendendo
utilizzabili senza problemi nuove piante GM controllate da agenzie ben più
sicure indipendenti e competenti di quelle attuali ad ogni livello dalla
cellula agli ecosistemi. Questo perché adesso come accennavo, quando facciamo
un esperimento di ingegneria genetica non sappiamo a priori a) quanto frammenti
di DNA inseriamo, dove si inseriscono nel genoma della pianta,b) che
interazioni ci sono fra il DNA inserito e il genoma ricevente, c) che
interazioni ci sono fra la o le proteine che producono il costrutto inserito e
il resto del corredo proteico della pianta, d) che interazioni ci sono fra i
prodotti dell’inserto e il resto del metabolismo ecc. Tutto questo è fattibile
e nel nostro laboratorio come in tanti altri se aumentano i finanziamenti
abbiamo sistemi utili per meglio prevedere gli effetti della modificazione
genetica sul metabolismo della pianta, sulla struttura cellulare , sulle
interazioni delle piante modificate e l’agro-ecosistema, sui possibili effetti
del cibo per la salute ecc. Solo così, mettendo in campo una scienza nuova e
non quella fallita ed obsoleta degli attuali prodotti geneticamente modificati,
potremmo pensare ad ottenere veramente piante utili e non pericolose. Va da sé
che questa proposta è molto diversa dalla cosiddetta “sperimentazione” di molti
miei colleghi che è soltanto almeno fino ad ora la immissione sul mercato
italiano di piante GM ben conosciute e in totale possesso da parte delle grandi
multinazionali.
La sperimentazione infatti può essere benissimo fatta con poca spesa con
varietà nuove o in un buon stadio di selezione, mantenendone il possesso ai
coltivatori del nostro Paese, in condizioni di totale sicurezza. Certamente ci
vogliono soldi ma basta vedere come sta ancora andando avanti qualcosa di
simile ed utile con metodi molto avanzati ma senza necessariamente la
introduzione non controllabile di frammenti di DNA, come fanno ancora con
grande fatica le organizzazioni FAO alcune delle quali come quella condotta da
Salvatore Ceccarelli in Siria.
Tutto questo però vincerà solo se il sistema agro-economico mondiale viene
modificato e non semplicemente controllato dalle tre mega-imprese di sempre. La
battaglia da condurre nella economia agraria è quindi una parte fondamentale
del ritorno a un vero mercato dei prodotti agricoli per cui vengano comprate
piante ed altri prodotti veramente migliori di altri per le nostre ed altrui
vite.