Mucche che diventano ansiose e poi aggressive
(altro che «pio bove») e poi perdono l'appetito e l'equilibrio.
È così che il grande pubblico a metà degli anni 80 viene a sapere della
malattia di Creutzfeldt-Jakob: colpisce il sistema nervoso centrale e può avere
un'evoluzione drammatica.
Si diffonde in Europa dall'Inghilterra e l'uomo si
infetta con la carne di animali nutriti con farine contaminate importate in
certi casi persino dall'India. Il prione, l'agente infettivo di questa
terribile malattia, si trasmette dagli animali all' uomo e poi da uomo a uomo.
«E se anche l'Alzheimer avesse un'origine infettiva?». Erano tanti a
chiederselo 30 anni fa, ma in tutto questo tempo mai nessuno è riuscito a
dimostrarlo. Ma qualcosa sta cambiando.
Proprio oggi su Nature esce un lavoro che potrebbe scuotere il mondo
delle malattie degenerative e rimettere tutto in discussione (0 forse no).
Viene dal gruppo di John Collinge,
un neurologo di Londra, notissimo anche perché a volte le sue interpretazioni
dei fatti della scienza per quanto brillanti si spingono un poco al di là dei
dati. Cosa ha trovato Collinge questa volta? Che oltre ai prioni nel cervello
di persone con Creutzfeldt-Jakob, c'è beta Amiloide, la proteina
dell'Alzheimer.
Andiamo con ordine. I neurologi di Londra hanno
studiato il
cervello di otto persone ancora giovani morte di malattia da prioni per aver
ricevuto tanti anni prima preparazioni di ormone della crescita infette.
Qui bisogna fare un passo indietro: erano almeno 30.000 fino a metà anni 80 le
persone trattate con ormone della crescita, soprattutto bambini. A quel tempo
l'ormone si otteneva dall'ipofisi —ghiandola che si trova alla base del
cervello — ma ne servivano migliaia prese da cadaveri per avere abbastanza ormone da farne un farmaco. Qualcuno di questi preparati era contaminato da
prioni e così circa il 6% dei bambini trattati si è ammalato di Creutzfeldt-Jakob, uno non se ne accorge subito perché il periodo di incubazione arriva
fino ai 40 anni. Fin qui non c'è niente di nuovo (e chiariamo subito che
bambini che dovessero avere bisogno di ormoni della crescita oggi non corrono
pericolo perché l'ormone della crescita non si ottiene più dall'ipofisi ma
dalla tecnica del DNA ricombinante).
Gli scienziati di Londra al momento dell'autopsia di quelle otto persone morte di Creutzfeldt-Jakob, hanno trovato nel cervello non solo accumuli di prioni ma anche di beta-amiloide senza che nessuno di loro avesse alterazioni dei geni che si associano all'Alzheimer. Collinge si convince di avere per le mani una scoperta così importante da rivoluzionare le conoscenze che abbiamo oggi sulle malattie neurodegenerative. Il lavoro viene mandato a Nature ma il direttore del giornale è prudente: «Davvero vogliamo prenderci la responsabilità di pubblicare un lavoro che suggerisce che anche l'Alzheimer come la malattia da prioni potrebbe essere infettiva e si può trasmettere col sangue o attraverso i ferri chirurgici? E se i preparati dell'ormone della crescita fossero stati contaminati anche da beta Amiloide?».
Chiedono agli autori di discutere questa
possibilità e anche tutte le altre, per esempio che la malattia da prioni possa
accelerare l'evoluzione di una malattia di Alzheimer latente. Lo studio
comunque è molto importante, alla fine si pubblica. Ma i revisori suggeriscono
di scrivere esplicitamente nelle conclusioni «non c'è alcuna evidenza che la
malattia di Alzheimer sia contagiosa e che ci si possa ammalare con le
trasfusioni o con strumenti chirurgici contaminati». Niente paura, per adesso.
Ma è importante che queste ricerche vadano avanti.
Certo, se sapessimo di più del rapporto tra prioni e beta Amiloide forse
capiremo perché ci si ammala di Alzheimer e chissà che un giorno non sapremo
trovare una cura. La demenza senile è la terza causa di disabilità per noi
italiani, che viviamo sempre più a lungo (lo studio è stato pubblicato sul Lancet
di questi giorni) ma siamo sempre più malati.
Pubblicato sul Corriere della Sera, il 10 settembre 2015