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Le nanoparticelle: grandi potenzialità, ancora molti interrogativi

Tempo di lettura: 5 mins

Le nanoparticelle possono far male? Quest'interrogativo ci riguarda da vicino molto più di quanto si possa credere.
Le nanotecnologie il più delle volte sembrano una realtà distante e in divenire, non possono essere considerate la panacea dello sviluppo scientifico e tecnologico e c'è ancora molta strada da fare per completare e migliorare la nostra conoscenza sulle nanoparticelle (leggi qui e qui). E' molto importante quindi definire come e quanto le nanoparticelle impattano sull'ambiente e sulla salute dell'uomo per poter stabilire delle regole condivise sul loro utilizzo.
Questo è stato l'obiettivo del progetto Nanotox, sostenuto da Fondazione Cariplo, coordinato dal centro CI.Ma.I.Na dell'Università degli Studi di Milano con la partecipazione della Fondazione Humanitas, e AIRI - Associazione Italiana per la Ricerca Industriale. I risultati del progetto, chiuso nella fase più operativa nel 2014,  sono stati presentati lo scorso luglio durante il workshop "Nanotecnologie e sviluppo responsabile: il caso del nano argento", presso il Palazzo Giureconsulti di Milano.

Il nano-argento: molto diffuso, grandi potenzialità, ancora molti interrogativi 

La ricerca ha preso in analisi un elemento in particolare, l'argento, nella sua versione nano appunto (Ag-NPs) allo scopo di valutarne gli effetti tossicologici causati dall'esposizione acuta e cronica.
Perché è stato scelto questo elemento in particolare? Tra le nano-particelle già in uso, quelle di argento sono le più diffuse, prima dei nanotubi in carbonio, del silicio, del diossido di titanio, dello zinco e dell'oro.

Nano-particelle di argento si possono trovare in dispositivi medici, tessuti, cosmetici, prodotti per l'igiene personale, giocattoli, plastica ed elettronica, packaging per alimenti, vernici.
Questo successo a livello industriale e di mercato non è in realtà una novità, se consideriamo le sue proprietà naturali. L'argento, infatti, è noto da più di cento anni come un antibatterico naturale ed è stato usato già in passato per fabbricare secchi e contenitori per conservare e trasportare alimenti (per esempio la NASA l'ha usato più di recente nei sistemi di purificazione delle acque degli Space Shuttle e ha sviluppato un sistema per monitorarlo in orbita).
Se ingegnerizzato fino alla dimensione nano, le sue speciali proprietà antibatteriche vengono amplificate, ma gli eventuali rischi tossicologici non sono stati ancora del tutto analizzati.

Quanto è pericoloso il nano-argento?

Rispetto a quanto servirebbe conoscere per un quadro completo del risk assesment, sappiamo poco di eventuali effetti tossici del nano-argento. La ragione di questa scarsità d'informazioni a fronte di un alto livello di pervasività sul mercato, è da ricercare innanzitutto nella legislazione in vigore sull'etichettatura dei prodotti, che non prevede una specifica elencazione dei nanomateriali presenti, oltre a una certa frammentarietà degli studi finora disponibili in letteratura, che non trovano una reale linee comune per esempio a riguardo  di taglia, distribuzione e dosi usate di nano particelle di argento - in questo senso, un precedente contributo è arrivato dal progetto SCENIHR, 2009, condotto in ambito europeo.
A partire da quale dimensione e quantità usata possiamo parlare di tossicità del nano argento?
"La call 2011 del bando di Fondazione Cariplo ci ha richiamato ad avere indispensabili ricadute in ambito regolatorio" spiega Cristina Lenardi responsabile del progetto "E' per questo che, in conclusione di progetto, possiamo dire che abbiamo introdotto un percorso virtuoso negli studi sistematici sugli effetti del nano-argento. Non esattamente uno standard di riferimento, ma senz’altro un approccio rigoroso e integrato delle pratiche da seguire per la valutazione della tossicità delle nanoparticelle”.

Nanotox, indagine multidisciplinare

Per rispondere a domande ancora aperte e descrivere il ruolo che assume l'Ag-NPs nel produrre infiammazioni sistemiche e locali e nell'esposizione cronica, il progetto Nanotox si è occupato di studiare la biologia dei macrofagi, sia in vitro che in vivo, investigare in modo multidisciplinare la risposta infiammatoria  di cellule del sistema nervoso, oltre che monitorare criticamente lo stato dell'arte della legislazione a livello internazionale. "Innanzitutto abbiamo svolto un'indagine di mercato tra i maggiori produttori di nano-particelle, per selezionare il prodotto più adatto ai nostri scopi già disponibile per le indagini in laboratorio, in termini di grandezza - dell'ordine di poche decine di nanometri - e di rivestimento delle particelle - PVP (Polivinil pirolidone)", continua Lenardi.
La gran parte degli studi condotti finora -  in vitro e in vivo - risentono di una caratterizzazione incompleta del nano-argento commerciale, è in primo luogo per questa ragione che i dati sulla tossicità risultano di difficile comparazione.
Dopo le opportune caratterizzazioni di tipo morfologico - utilizzando tecniche come la TEM (Microscopia Elettronica in Trasmissione) e la STEM (Microscopia Elettronica a Scansione in Trasmissione) - e spettroscopico - con la spettroscopia in UV e visibile - il gruppo interdisciplinare di fisici, chimici, biologi e medici ha classificato il comportamento delle nano-particelle di argento nelle soluzioni utilizzate: queste si possono raggruppare in agglomerati e rilasciare ioni Ag+.
"Nello step successivo, abbiamo studiato la tossicità cronica in vivo, in base all'effetto della grandezza e della copertura sui tessuti delle particelle di Ag-NPs, l'assunzione per via orale delle cavie e l'applicazione puntuale, per poi passare agli effetti d'infiammazione e immunità sui macrofagi - e gli effetti dei recettori coinvolti - e sulla circolazione dei monociti. Infine, abbiamo studiato l'accumulo intracellulare, la potenziale infiammazione negli astrociti e gli effetti di esposizione nelle colture neuronali".
Tra i risultati più interessanti dello studio, per quanto riguarda l'esposizione in vitro agli astrociti - cellule del sistema nervoso centrale.
E' un dato già assodato che le nano-nanoparticelle di argento sono in grado di attraversare le barriere dei tessuti cerebrali, tuttavia in realtà poco si conosce degli effetti di citotossicità e di infiammazione indotta dall'esposizione cronica. I trend osservati in relazione alla taglia (10 nm, 40 nm, 100 nm) sono stati interpretati dai ricercatori del progetto Nanotox con in relazione diretta con il rischio di tossicità: più si scende in dimensione, più aumenta il rischio di nocività.

Il secondo dato di rilievo riguarda l'esposizione alle particelle Ag-NPs in vivo sugli animali e l'accumulo intracellulare. L'accumulo di particelle nel fegato risulta così più importante rispetto ad altri tessuti. Nel cervello, per esempio, non si osserva un accumulo significativo, mentre il rene è attaccato principalmente dallo ione argento. Anche in questo caso la taglia gioca un ruolo determinante.
In definitiva, grazie al progetto Nanotox, si conosce ora meglio la relazione tra dosi somministrate di nano-argento e risposta biologico-immunitaria.
Colmate le lacune conoscitive, tocca ora ai legislatori garantire informazioni nanospecifiche  sul rischio di esposizione, completando il REACH - ovvero lo strumento legislativo più forte che obbliga l'industria in generale a fornire nuove informazioni, ma ancora carente in ambito nanomateriali.

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