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La scienza aperta come questione sociale

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Il primo convegno annuale dell'Aisa onlus – Associazione italiana per la promozione della scienza aperta - si svolgerà a Pisa presso il dipartimento di Scienze politiche, il 22 e il 23 ottobre 2015, nel corso della Settimana internazionale dell'Open Access.
L'apertura – come disposizione ad accettare solo l'autorità che si costituisce nella discussione libera e a mettere alla prova le proprie ipotesi con esperimenti pubblici e ripetibili – appartiene storicamente alla definizione stessa di scienza. In questo scorcio di XXI secolo, tuttavia, è divenuto necessario ricordarla e promuoverla perché il sistema della pubblicazione scientifica, che nell'età della stampa era anche il medium della pubblicità della scienza, ne è ora diventato il principale ostacolo.

In un mondo della ricerca sempre più burocratizzato e misurato da potenze esterne alle comunità scientifiche, la pubblicazione non serve più a render pubblico il nostro lavoro perché sia ricontrollato e discusso, ma ad apporre un marchio di eccellenza da cui dipende la carriera o la stessa sopravvivenza accademica dei ricercatori.
In un momento in cui la rivoluzione digitale renderebbe possibile una pubblicità disintermediata e meno costosa di quella della stampa, agli oligopoli editoriali è stata consegnato un enorme potere di ricatto. Frutto di questo potere è il rilevantissimo aumento dei costi degli abbonamenti noto ai bibliotecari con il nome di crisi dei prezzi dei periodici, o il più recente tentativo di far pagare gli autori, in luogo dei lettori, per l'edizione di testi la cui consegna e la cui revisione paritaria è di solito gratuitamente ricevuta. Ma la conseguenza più preoccupante è la divaricazione fra gli scopi della scienza e quelli degli scienziati che hanno accettato la competizione bibliometrica: siamo certi che il fine di indagare i segreti della natura sia identico allo scopo di pubblicare su Nature?
Siamo sicuri che l'impegno ad assicurare la pubblicità della ricerca sia indice di una scarsa qualità scientifica?

In questa situazione il convegno dell'Aisa vuole offrire l'occasione di un confronto paritario e interdisciplinare, fra ricercatori, bibliotecari ed editori, perché l'apertura della scienza ritorni, come è stata in passato, una questione in primo luogo scientifica e solo in secondo luogo amministrativa.
I lavori saranno aperti da Jean-Claude Guédon, autore di una della analisi più note sulla crisi della pubblicazione scientifica e sugli effetti culturalmente neocolonialisti del sistema dei core journal.
Parteciperanno inoltre studiosi di diverse discipline, dal diritto alla filosofia, dalla sociologia della scienza all'antropologia biologica, dall'archeologia alla fisica. Si discuterà non solo degli strumenti informatici e legali dell'accesso aperto – gli archivi istituzionali, gli open data, le prime policy di ateneo per l'Open Access – e della possibilità di modelli editoriali alternativi, ma anche del senso complessivo del nostro lavoro e della possibilità di scrivere – o riscrivere – un'agenda, anche normativa, per la ricerca fondata sulla libertà dell'uso pubblico della ragione piuttosto che sull'esoterismo e sul meccanicismo delle burocrazie e delle valutazioni tramite algoritmi fondati su metadati ricavati da database proprietari.

Björn Brembs ha recentemente osservato, riprendendo una riflessione di Cameron Neylon, che la prevalenza della scienza chiusa, con la sua editoria predatrice, e la laboriosità delle soluzioni discusse per contrastarla dipendono almeno in parte dalla passività – se non dalla complicità - dei ricercatori. Gli archivi aperti più ricchi – come, per esempio, l'ArXiv - non si riempiono semplicemente perché sono disponibili, ma perché al servizio di una comunità scientifica che ha reso l'apertura una norma sociale, senza aspettare di farsela imporre da un'autorità. In questo senso, discutere di scienza aperta – da scienziati, da umanisti, da sociologi, da giuristi, da bibliotecari o da citizen scientist – significa sempre riflettere su di noi e sulla nostra capacità di uscire di minorità: nostra res agitur . 


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