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L’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute in Italia

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Nei giorni scorsi è stato diffuso il report 2015 dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA European Environmental Agency), Air quality in Europe - 2015 report, che riporta i dati della Valutazione di Impatto condotta nei Paesi Europei per gli effetti a lungo termine (sulla mortalità) dell’inquinamento atmosferico, misurato in termini di PM 2.5, NO2 e O3.
Il rapporto conferma che l’inquinamento atmosferico permane uno dei maggiori problemi ambientali in Europa e in Italia, con conseguenze dirette sulla salute e sul benessere dei cittadini. A ottobre 2013, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro – IARC - aveva valutato la disponibilità di evidenze sufficienti per classificare il particolato atmosferico atmosferico come cancerogeno certo per l’uomo, con particolare riferimento al tumore al polmone.
Gli impatti per il nostro Paese calcolati dall’EEA sono rispettivamente pari a:

  • 59.500 morti/anno per il PM2.5
  • 3.300 morti/anno per l’O3
  • 21.600 morti/anno per l’NO2


Le Agenzie di stampa, TV e le testate nazionali e locali hanno riportato come impatto complessivo la somma dei 3 impatti (59.500 + 3.300 + 21.600 = 84.400), non rispettando l’indicazione presente nel report EEA che le stime non sono sommabili tra di loro, essendo riferite a inquinanti intrinsecamente correlati. Cioè il dato dei 21.600 decessi/anno per l’NO2 è già contenuto nel conto dei 59.500 decessi/anno del PM2.5 e parzialmente anche i decessi/anno per l’O3 sono contenuti nel conto di No2 o Pm 2.5, pur con una correlazione molto più bassa.
Pochi mesi prima, nell’aprile 2015 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato il documento “Economic cost of the health impact of air pollution in Europe”, in cui stimava i decessi attribuibili al PM 2.5 per utti i Paesi Europei, Italia compresa. Nel rapporto OMS la stima per l’Italia è di 34.511 decessi/anno per il 2005 e di 32.447 decessi/anno per il 2010. Il calcolo è stato fatto rispetto ad un valore di riferimento di 10 microgrammi/m3, valore che si può considerare molto vicino al fondo naturale, che risulta compreso in Italia tra 5 e 8 microgrammi/m3.
La stima dell’impatto dell’EEA ha seguito una metodologia nuova e differente dalle precedenti stime di impatto.
Il valore differente ottenuto (59.500 decessi/anno invece di 34.000) è dovuto al fatto che come riferimento per il PM 2.5 è stato usato il valore 0 (zero), seguendo la raccomandazione, contenuta in un altro documento OMS, relativo al progetto HRAPIE (Health risks of air pollution in Europe), che indicava di calcolare l’impatto sul “full range” delle concentrazioni.

Anche ricercatori italiani, da sempre tra i migliori in Europa su questo tema, hanno elaborato stime di impatto. Nel mese di giugno sono stati presentati a Roma i risultati del progetto italiano VIIAS (Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario), che ha fornito i risultati delle stime di impatto per alcuni inquinanti a livello nazionale, di macro regione per singole regioni e province, in termini di decessi attribuibili e di anni di vita persi.
Si tratta di impatti legati ad esposizioni a lungo termine (cioè legate a esposizioni prolungate nel tempo, con durata pluriennale e ricadute negli anni successivi all’esposizione). Per l’Italia sono stati calcolati gli impatti per 2 anni: 2005, 2010, e per alcuni scenari previsionali per il 2020.

I risultati complessivi del progetto VIIAS indicavano come l’inquinamento atmosferico è responsabile ogni anno in Italia di circa 30mila decessi solo per il particolato fine (PM 2.5), pari al 7% di tutte le morti (esclusi gli  incidenti). Gli effetti sono maggiori al Nord, più popolato ed inquinato. In termini di riduzione della vita media, questo significa che l’inquinamento accorcia mediamente la vita di ciascun italiano di 10 mesi; 14 per chi vive al Nord, 6,6 per gli abitanti del Centro e 5,7 al Sud e isole. Il solo rispetto dei limiti di legge salverebbe 11.000 vite all’anno.

Le stime nazionali di VIIAS, verso un valore di riferimento per il PM 2.5 di 10 microgrammi/m3, sono le seguenti:

  • 34.552 morti/anno per il PM2.5 (anno 2005)
  • 2.230 morti/anno per l’O3 (anno 2005)
  • 23.387 morti/anno per l’NO2 (anno 2005)

Nel progetto sono state calcolate anche le stime per ciascuna Regione e Provincia Italiana. La regione più colpita è la Lombardia, sia per l’altro numero di abitanti, sia per l’elevato livello delle concentrazioni osservate.
I dati per il 2010 sono decisamente migliori e gli scenari previsionali per il 2020 indicano una ulteriore riduzione dell’impatto anche nello scenario meno favorevole:

  • 28.595 morti/anno per il PM2.5 (anno 2020)
  • 1.927 morti/anno per l’O3 (anno 2020)
  • 10.117 morti/anno per l’NO2 (anno 2020)

In ogni caso, qualunque siano i metodi di calcolo adottati per le stime di impatto, l’inquinamento atmosferico si conferma come la prima causa di decessi di origine ambientale in Italia e in Europa.
Il Nord Italia e la Pianura Padana in particolare, è da sempre una delle aree più critiche a livello europeo e la situazione implica il mantenimento di un costante livello di attenzione e l’adozione di politiche mirate alla riduzione dei livelli di inquinamento per il futuro.

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