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La NASA, la Terra 2.0 e il monossido di di-idrogeno

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A qualche mese di distanza dall’annuncio della scoperta del pianeta Kepler 452b da parte della NASA e dall’agitazione mediatica che ha generato, torno sull’argomento per esprimere alcune mie perplessità in merito.

C’è modo e modo di presentare dati, fatti, risultati. Alcuni sono sostanzialmente “neutri”, nel senso che chi li espone non ha interesse a influenzare l’atteggiamento di chi legge o ascolta, altri modi sono invece sfacciatamente di parte e intendono far raggiungere ben determinate conclusioni al destinatario della presentazione. Non mi riferisco a un uso mendace delle informazioni, bensì a una scelta del linguaggio utilizzato, a omissioni o ambiguità nel fornire informazioni (vere) che, sfruttando i pregiudizi, le abitudini e i condizionamenti di chi ascolta, li induce a sposare una determinata tesi.

Monossido di di-idrogeno alias acqua

Il caso del monossido di di-idrogeno (qualcuno di voi lo conoscerà senz’altro ma non credo molti) è un esempio, forse estremo ma senz’altro istruttivo, di questo secondo modo di informare che non dovrebbe trovare spazio nell’ambito della comunicazione scientifica. Cos’è il monossido di di-idrogeno (DHMO) e quali sono le sue proprietà? Il DHMO è una sostanza chimica che si trova nei fiumi, nei laghi e nei mari ed è la componente dominante delle piogge acide. Migliaia di persone muoiono ogni anno per averne inalata anche una modesta quantità. In forma gassosa può provocare ustioni mentre il prolungato contatto con la sua forma solida può danneggiare irreversibilmente i tessuti biologici. Accelera il processo di corrosione di alcuni metalli e contribuisce all’erosione del territorio. Causa frequentemente danni per centinaia di milioni di euro in molte parti del mondo. Potrei continuare elencando molte altre situazioni in cui è presente il monossido di di-idrogeno (dai pesticidi alle cellule tumorali) ma penso che quanto detto possa bastare a far sì che vi siate fatti l’idea che si tratta di una sostanza chimica pericolosa, da trattare con estrema attenzione. Se, appunto, vi siete convinti che l’acido idrico (è un altro nome del monossido di di-idrogeno) è pericoloso, ciò è avvenuto per il linguaggio che ho utilizzato (a partire dalla scelta del nome) per descrivervene alcune proprietà, tutte veritiere. Provate ora a riconsiderarle sapendo che il monossido di di-idrogeno (un atomo di ossigeno e due di idrogeno) oltre che acido idrico può essere chiamato anche acqua, e le vedrete sotto una luce diversa e molto meno preoccupante. E la cosa può anche essere divertente o, piuttosto, disarmante, se pensate che alla conferenza ONU sui cambiamenti climatici tenutasi a Cancun nel 2010 alcuni delegati furono convinti a firmare una petizione per la messa al bando del DHMO (potenza del linguaggio!).

Kepler 452b, fanfara mediatica e cautela scientifica

Ma cosa c’entra tutto questo con Kepler 452b? A me sembra che la conferenza stampa (e l’eccitazione che l’ha preceduta) con cui la NASA il 23 luglio scorso ha annunciato la scoperta del pianeta Kepler 452b (subito definito dai media pianeta gemello della Terra o “Terra 2.0”) siano un altro esempio di un modo molto di parte di presentare dati e risultati, un modo che a me fa venire in mente la cosiddetta “pubblicità ingannevole”, così come definita (e sanzionata) dal nostro ordinamento giuridico (DL 206/2005, art. 20): “qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, sia idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ...”. Se paragono ciò che, di quanto la NASA ha annunciato, è stato capito, ripreso e di uso dai media (e dunque recepito dal pubblico generico) con il contenuto scientifico così come effettivamente pubblicato sulla rivista professionale The Astronomical Journal dal gruppo responsabile della scoperta (Jenkins et al., http://iopscience.iop.org/article/10.1088/0004-6256/150/2/56), mi vien da pensare che usare il termine “Terra 2.0” per indicare Kepler 452b è anche peggio di riferirsi all’acqua con il termine monossido di di-idrogeno. Jenkins e collaboratori, quando mettono nero su bianco, sono ragionevolmente cauti nel presentare i dati e le conclusioni della loro analisi. Spendono pagine e pagine solamente per convincere i colleghi che Kepler 452b esiste veramente e non è un artefatto dei dati o una loro contaminazione (non era stato rivelato in una precedente e più conservativa analisi degli stessi dati); poi presentano i risultati chiarendo che alcuni dipendono da inevitabili assunzioni. La sua massa, ad esempio, deriva dall’utilizzo di una relazione statistica tra massa e raggio ricavata per altri pianeti, così come la stima della temperatura superficiale è ricavata assumendo un albedo di 0,3 e una completa ridistribuzione del calore dovuto all’irraggiamento (cosa che non avverrebbe se la rotazione del pianeta – che non si conosce – fosse bloccata in una risonanza orbitale e Kepler 452b rivolgesse sempre lo stesso emisfero alla sua stella).

Una rapida e preoccupante progressione di certezze nei media

Ciò che più interessa è ovviamente la sua abitabilità (che dipende criticamente dalla sua densità e temperatura) e un altro parametro importante per capire se lo sia o meno è la presenza di un’atmosfera di cui, al momento, nulla si sa. Nel lavoro che discute le caratteristiche di Kepler 452b si legge chiaramente che il pianeta è forse di natura rocciosa (con una probabilità stimata tra il 50% e il 60%) e probabilmente situato nella cosiddetta zona abitabile (ben dentro a quella considerata ottimistica, ma appena fuori da quella considerata conservativa). In altre parole, Kepler 452b è un buon candidato (se effettivamente roccioso, dotato di opportuna atmosfera e periodo di rotazione e altro ancora) a essere un pianeta simile alla Terra, in orbita attorno ad una stella simile al Sole, alla giusta distanza per permettere possibilmente la raccolta e la conservazione di acqua sulla sua superficie. È un buon candidato, migliore di diversi altri, ma sempre e solo un candidato. I media invece, indotti dall’enfasi con cui la NASA ha dato la notizia e complice l’illustrazione artistica da alcuni probabilmente confusa con una vera immagine, ci hanno parlato, con una rapida e preoccupante progressione di certezze di un pianeta, prima cugino, poi fratello, poi gemello del nostro, per poi arrivare a battezzarlo Terra 2.0 e cioè sicuramente roccioso, sicuramente abitabile ma purtroppo un po’ fuori mano (circa 1400 anni luce). Solo pochi giorni dopo sono comparsi su varie testate, ad opera di autori più informati e smaliziati, i primi articoli critici di tanta fanfara!

Ma allora perché tanta eccessiva enfasi da parte di un’agenzia come la NASA nei riguardi di un risultato certamente interessante ma altrettanto certamente non eccezionale? Se lo chiede anche Claudio Elidoro nel suo articolo su Kepler 452b (il migliore che io abbia letto sull’argomento) apparso su Scienzainrete (www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/claudio-elidoro/kepler-e-lesue-t...) pochi giorni dopo l’annuncio della sua scoperta.

Spot pubblicitario per la NASA?

Elidoro sospetta un premeditato e organizzatissimo spot pubblicitario o, in alternativa, la consapevolezza che senza tanta enfasi (un annuncio più scientificamente corretto) la NASA non avrebbe catturato l’attenzione dei media. Condivido; sarebbe stata preferibile una maggior sobrietà. Aggiungo che si rafforza la mia convinzione che questo possa essere considerato come un caso di pubblicità ingannevole nei confronti di un pubblico il cui sostegno è critico per ottenere finanziamenti dal Congresso (degli Stati Uniti). Il desiderio di “glamour” può portare a situazioni imbarazzanti e la NASA non è nuova a episodi di questo genere. Nel 1996, con ancora maggior fanfara annunciò la probabile scoperta di un microorganismo fossile in un meteorite di origine marziana e per l’occasione scomodò anche l’allora Presidente Bill Clinton. Sono un peccato questi passi falsi, soprattutto per una delle più stimate agenzie spaziali del pianeta. 

Pubblicato sul n. 148 di Le Stelle, pp. 8-9

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