A beneficio di coloro che non hanno famigliarità con la tavola di Mendeleev, può essere utile ricordare che deriva dalla teoria della periodicità delle proprietà chimiche, al cui sviluppo contribuirono non pochi scienziati e in primo luogo John Alexander Reina Newlands (1837-1898). Fu tuttavia Dmitry I. Mendeleev (Tobolsk, 1834 – S. Pietroburgo, 1907) che con alcuni importanti articoli pubblicati a partire dal 1869 le diede una forma compiuta e la tradusse in un sistema di classificazione degli elementi chimici. La tavola (o tabella) che rappresenta graficamente il sistema, variamente integrata e modificata ma sostanzialmente fedele all’impianto originario, benché ordinata secondo i numeri atomici e non i pesi atomici, è ancora una mappa insostituibile per orientare studenti, professionisti e ricercatori nello studio sistematico delle proprietà chimiche degli elementi. Un po’ per tutti, anche per gli scrittori, è divenuta qualcosa in più di una sintesi rappresentativa dei costituenti il mondo materiale, una nuova “porta alchemica” che introduce alle meraviglie della natura.
E' il
caso, per esempio, di Oliver Wolf Sacks (Londra, 1933 – New York, 2015), il
neurologo-scrittore autore di Uncle tungsten: memories of a chemical boyhood,
una celebre autobiografia pubblicata nel 2002, riproposta in italiano da
Adelphi con il titolo Zio Tungsteno-Ricordi di un’infanzia chimica. C’è un passo del libro che riguarda il
racconto delle sue visite al Science Museum di Londra, l’imponente edificio di
Exbition Road, meta quotidiana di visitatori da tutto il mondo. A quei tempi,
tra un piano e l’altro del Science Museum c’era una monumentale riproduzione in
legno della tavola periodica di Mendeleev che al posto delle caselle aveva dei
comparti in cui erano collocati campioni dei diversi elementi chimici. Dopo la
descrizione che ne aveva ascoltato a scuola, il giovane Sacks rimase
letteralmente affascinato da quella rappresentazione e tornò più volte ad
ammirarla, riassumendo così l’influenza che ebbe su di lui: “vedere la tavola
[periodica], “capirla”, mi cambiò la vita”.
Se la reazione di Sacks fu così passionale, anche l’attenzione di chiunque entra per la prima volta in un’aula di chimica, sia esso studente che visitatore occasionale, è subito attirata dalla tavola che, in genere, fa bella mostra di sé alle spalle della cattedra.
E' una bella curiosità storica chiedersi come la tavola si fece strada nelle nostre scuole. La vicenda l’abbiamo raccontata in un libro di recente pubblicazione, al quale si rimanda per gli approfondimenti del caso.
I testi didattici in uso a quel tempo hanno
aiutato a risolvere l’enigma. E' al fisico Felice Marco (Vico Canavese, 1836 -?),
insegnante a Torino e autore di numerosi testi didattici di fisica e di
chimica, che spetta, secondo quanto ci è dato sapere, la priorità in termini di
diffusione del sistema di Mendeleev nelle nostre scuole. Gli interessi
scientifici di Marco erano principalmente di tipo fisico e i suoi obiettivi
culturali travalicavano il mero ambito scolastico al punto da apparire
abbastanza ambiziosi. Espose, ad
esempio, una sua teoria eterea dell’elettricità in un volumetto dal titolo
“Principi della teoria meccanica, dell’elettricità e del magnetismo” (1867). I
due testi di Marco qui considerati che riguardano il Sistema sono: “Nozioni di Chimica secondo il sistema
periodico” (1887) ed “Elementi di
Chimica secondo il sistema periodico-Corso completo” (1896). Il primo destinato
agli Istituti Tecnici e alle Scuole Universitarie e il secondo ai Licei e alle
Scuole Tecniche. In precedenza era un
unico testo poi, a partire dalla settima edizione, l’Autore preferì dividere il
materiale a seconda dei destinatari dell’insegnamento. L’importante modifica del testo “Nozioni di chimica moderna” (1872)
si realizzò con la settima edizione (1887) e fu il rifacimento “Secondo il
Sistema Periodico”. Da notare che questo compare già nel titolo di entrambe le
opere, tuttavia, nell’introduzione alle
“Nozioni”, l’Autore precisava che non era necessario comprendere il sistema
periodico nell’insegnamento ma che era
necessario darne informazione perché “somministra la divisione razionale degli
elementi in gruppi o famiglie naturali” e serve a farsi “un’idea chiara ed esatta dello stato attuale della
scienza”. Si può sospettare che proprio
gli interessi in campo fisico e la propensione all’elaborazione teorica abbiano
favorito l’interesse di Marco per il sistema periodico e ciò pare emergere
laddove si legge che mediante esso “la Chimica non ha più da invidiare alla
Fisica, il merito di saper profetizzare fatti che poi l’esperimento attesta”. In realtà Marco, per l’epoca, era abbastanza
ottimista ma in fondo aveva ragione.
Per approfondire:
Ciardi M., Taddia M., 2015. Popular
science, Textbooks, and Scientists. The Periodic Law in Italy in Kaji M., Kragh H., Palló G. (eds), Early Responses to the Periodic System,
Oxford University Press, New York, p. 262-279