fbpx Terra dei Fuochi, Taranto, Val d’Agri: luoghi e fatti diversi, percorsi con molte analogie | Science in the net

Terra dei Fuochi, Taranto, Val d’Agri: luoghi e fatti diversi, percorsi con molte analogie

Read time: 15 mins

I fatti di questi giorni in Basilicata sembrano ancora una volta una puntata di uno stesso copione. A seguito dell’apertura di indagine da parte della Magistratura, come era avvenuto a Taranto nel 2012, mentre in Campania nel 2004 l’innesco fu causato da disordini pubblici e articoli di stampa, “scoppia” il caso ambientale della Val d’Agri in tutta la sua virulenza, con i tradizionali ingredienti del boom mediatico, della rabbia dei cittadini, della difesa delle amministrazioni pubbliche, della ricerca spasmodica dei dati ambientali e sanitari esistenti. Ancora una volta si assiste ad un coacervo di notizie, al rilascio di dati divulgati dalle diverse parti in gioco, ognuna propensa all’uso di quelli più convenienti, quasi mai accompagnati da una nota su come vanno interpretati. Ancora una volta emerge la difficoltà di inquadrare in modo chiaro e persuasivo ciò che si è verificato, e pertanto occorrerà attendere che si esplichino le attività in corso e quelle che verranno messe in cantiere. Come un rito che si ripete, occorrerà attendere che si svolgano le indagini della magistratura, che si attivino gli studi da parte di vari enti, che si consumino le attenzioni mediatiche fino allo spegnersi dei riflettori e al ritorno ad una “normalità” che poi si rivelerà tutt’altro che “normale”. La vicenda ultradecennale della terra dei fuochi è da questo punto di vista emblematica.

Perché sempre in ritardo sui fatti?

All’apice della crisi, ancora una volta si richiama l’epidemiologia con accezioni e finalità differenti, talvolta anche contrapposte: come strumento che ha già dato risposte, che non è in grado di darle, che non le ha date ma le darà. Meglio va per le scienze ambientali, più ancorate al dato esistente o, se non disponibile, che si può provvedere a ricavare, salvo ovviamente i monitoraggi non effettuati nel passato che non sono più recuperabili.

Ma perché tutte le volte ci si ritrova in ritardo e si deve rincorrere i fatti? Dare una risposta è semplice e al contempo complesso. Qui mi propongo solo di dare qualche elemento per la comprensione e la riflessione.

Quali studi epidemiologici

Innanzitutto voglio ricordare che di studi epidemiologici se ne possono fare di diverso tipo e la scelta non è aleatoria, ma dipende da qual è il contesto fattuale e da quali sono gli obiettivi.

a)    Per descrivere lo stato di salute di una certa popolazione che vive in un territorio sono sufficienti studi descrittivi, che rispondono alla domanda: in una certa area, ad esempio la Val d’Agri, lo stato di salute è simile, migliore, o peggiore di quello di una o più aree di riferimento opportunamente scelte?

b)   Per stabilire se una situazione di salute anomala è localizzata in una particolare porzione di un territorio, esempio uno o più comuni della Val d’Agri, sono da realizzare studi del tipo a) ma di maggiore dettaglio geografico e con analisi statistiche più evolute;

c)     Per stabilire se gli eccessi anomali di malattie osservati in comunità residenti in un certo territorio (esempio i residenti intorno all’impianto COVA di Viggiano) sono associati a pressioni ambientali specifiche sullo stesso territorio, occorrono studi più avanzati, da definire sulla base di conoscenze solide sugli inquinanti e sulle malattie correlabili.

d)    Per definire con elevata credibilità quali sostanze/composti hanno provocato danni sulla salute occorrono studi con disegno ancora più specifico e focalizzato all’obiettivo.

Risposte contraddittorie

Ciò che sembra non essere affatto chiaro è che, in assenza di studi con approccio analitico, quelli più in alto nella piramide (tipo c. e d.), e disponendo solo di risultati di studi descrittivi (tipo a. e b.), non è possibile dare risposte sull’associazione tra cause ed effetti. La tentazione di dire sì o no è sempre in agguato e quasi tutti si affannano a usare quello che c’è tirandolo da una parte o dall’altra. E’ stato così per la Terra dei Fuochi, per Taranto e per tanti altri luoghi dove, come in Val d’Agri, si è corso a posteriori a rincorrere i buoi usciti dalla stalla.

Ecco allora che a dati statistici ricavati da dati correnti di mortalità e ricovero o anche di incidenza di malattia vengono date accezioni diverse e talvolta opposte:

i) i dati sono in linea con il riferimento regionale e quindi tutto a posto, e deve essere “ricomposto” l’allarmismo esistente nella cittadinanza.

ii) i dati contengono eccessi di malattie (tumorali e/o non tumorali) e questa è la prova degli effetti nefasti dell’inquinamento.

Tutto nella norma, niente allarmismi?

Un esempio della prima fattispecie è contenuta nel Local Report 2014 di Eni in Basilicata, che dedica meritoriamente un capitolo alla salute riprendendo dati del Registro Tumori della Basilicata al 2011 che evidenziano tassi di incidenza in Val d’Agri, e anche nei comuni limitrofi il COVA, inferiori o in linea con il dato medio regionale (anche i successivi dati 2012 lo confermano). Il Report commenta anche dati di:  • incidenza, mortalità e prevalenza 1970-2010 – Basilicata verso Italia – per tutti i tumori;  • incidenza 1997-2001 e 2002-2006 – maschi e femmine, n. casi e tassi specifici – Basilicata, ASL e Comunità Montane; • incidenza per le principali neoplasie suddivisa per ASL, Comunità Montane e per l’intera Regione; • confronti fra i quinquenni 1997-2001 e 2002-2006 Basilicata, ASL e Comunità Montane.

Il Rapporto ENI ricava che “anche da questo studio emerge che non vi sono sostanziali e significative differenze di incidenza fra diverse aree della Basilicata valutando le aree territoriali di competenza delle 5 aziende USL e le comunità montane oggi aree programma. Tutti i dati e le valutazioni effettuate sono concordi nel sostenere che le variazioni in aumento dell’incidenza delle patologie neoplastiche sono in linea con quelle previste da studi su trend nazionali e internazionali e nel sottolineare come le cause ambientali (inquinamento) spiegano solo il 5% di tutte le neoplasie, contro un 45% dovuto alle abitudini di vita. L’incremento del numero dei casi di tumore deriva anche dal progressivo miglioramento delle tecnologie diagnostiche e dai programmi di screening che negli ultimi anni vengono adottati in maniera massiva, consentendo di individuare le patologie fin dalla loro insorgenza. Altre considerazioni sono quelle legate all’invecchiamento della popolazione (i tumori sono legati all’età).”. Considerazioni sulle quali non ho obiezioni puntuali, se non fosse che sono troppo spinte in relazione ai dati realmente disponibili. Inoltre non deve essere trascurato il fatto che si facciano confronti tra Val d’Agri e altre aree, perché presuppone un’ipotesi che in Val d’Agri sia plausibile un’esposizione diversa; cosa del resto difficilmente evitabile in un territorio ove sono localizzati impianti estrattivi, pipeline, un impianto di prima raffinazione, movimentazione di sostanze e rifiuti in entrata e uscita dagli impianti.

Eccessi di mortalità e ricoveri?

Un esempio della seconda fattispecie è l’uso errato nell’assegnare valore eziologico (cioè di relazione tra cause ed effetti) ai risultati di studi descrittivi ecologici, come quello prodotto dall’ISS sulla mortalità 2003-2010 e sulla ospedalizzazione 2005-2010 nel complesso di 20 comuni della Val d’Agri (Accordo di collaborazione ISS - Regione Basilicata, contributo dell’Ufficio di Statistica dell’ISSLa descrizione del profilo di salute delle popolazioni della Val d’Agri attraverso lo studio dei dati sanitari correnti”).

da Rapporto ISS per Regione Basilicata
Ciò premesso, il quadro dello stato di salute della popolazione in esame ha evidenziato che per entrambi i generi si osservano eccessi di mortalità per tumori maligni allo stomaco, per infarto del miocardio, per le malattie del sistema respiratorio nel loro complesso, per le malattie dell’apparato digerente nel loro complesso (ed, in particolare, per cirrosi e altre malattie croniche del fegato).Per gli uomini residenti nei comuni oggetto di analisi si rilevano ulteriori eccessi per la mortalità generale, per leucemia linfoide (acuta e cronica), per diabete mellito insulino-dipendente, per le malattie del sistema circolatorio nel loro complesso (ed, in particolare, per le cardiopatie ischemiche), per le malattie respiratorie croniche, per sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove e per cause esterne. Non si osservano difetti di mortalità. Per le donne si riscontrano ulteriori eccessi di mortalità per le malattie respiratorie acute. Si rileva un solo difetto per sintomi, segni e risultati anormali di esami clinici e di laboratorio, non classificati altrove. Età pediatrica (0-14) - Risultano 8 decessi durante i 6 anni analizzati e nessuno di essi provocato da una delle cause analizzate per questo studio. Seguono le due tabelle, che contengono i risultati dell’analisi della mortalità, rispettivamente per tutte le età e per la sola età pediatrica. Per i ricoveri ospedalieri, in entrambi i generi si registrano eccessi significativi nell’ospedalizzazione per il complesso delle diagnosi indagate. Per quanto riguarda le patologie tumorali, si rilevano, negli uomini, eccessi significativi per i tumori maligni dello stomaco e della vescica. Negli uomini si registrano difetti significativi di ospedalizzazione per gli altri tumori maligni della cute e per i tumori maligni del rene. Nelle donne non si registrano né eccessi né difetti significativi. Tra le patologie non tumorali, in entrambi i generi, si registrano eccessi per le malattie ischemiche del cuore ed, in particolare, per le malattie ischemiche acute, per il complesso delle malattie del sistema respiratorio ed, in particolare, per le infezioni acute delle vie respiratorie e per asma, infine per le nefriti. Inoltre, negli uomini si rilevano eccessi per il complesso delle malattie del sistema circolatorio ed, in particolare, per le malattie cardiache, per le malattie epatiche e per quelle dell’apparato urinario. Nelle donne non si registrano ulteriori eccessi di ospedalizzazione. Tra gli uomini si evidenziano difetti di ospedalizzazione per le malattie polmonari cronico ostruttive e per il complesso delle malattie dell’apparato digerente. Nelle donne si rilevano difetti per le malattie del sistema nervoso centrale e per il complesso delle malattie dell’apparato digerente. Età pediatrica (0-14) - Si registrano eccessi di ospedalizzazione per il complesso delle diagnosi di ricovero indagate, per le infezioni acute delle vie respiratorie e per asma. Si rileva un difetto per tutti i tumori maligni.

Il rapporto mette in evidenza numerosi e diversi eccessi sia di mortalità che di ricovero in ospedale che mostrano uno stato di salute alterato, e vale la pena riportarli. 

Dai risultati di questi due rapporti, con dati di incidenza di tumori apparentemente in ordine, e dati di mortalità e ricoveri con diversi eccessi, cosa può ricavare il comune mortale?

In effetti in epidemiologia questa è una situazione che si verifica non di rado, per tanti motivi ed in particolare perché la mortalità è un evento che riconosce cause sia remote che recenti, l’attitudine al ricovero in ospedale a sua volta dipende da molti fattori anche territoriali e organizzativi, i tumori sono non facilmente registrabili in modo completo, tanto è vero che il processo di accreditamento internazionale non è un’operazione né facile né veloce, come sta sperimentando anche il Registro Tumori della Basilicata che è ancora in via di accreditamento.

Tre nozioni basilari

Tra le cose fin qui poco trattate ci sono almeno tre nozioni basilari che non è possibile ignorare: 1) la inviolabilità del disegno dello studio, 2) la crucialità dei criteri per la scelta delle condizioni morbose da analizzare, 3) l’importanza dell’aggiornamento dei dati.

Andiamo per ordine:

1) Del disegno dello studio ne ho parlato all’inizio di questo intervento e richiamo solo l’attenzione sul fatto che tutti gli studi finora svolti in Basilicata - e in Val d’Agri in particolare - sono stati di tipo descrittivo, quindi informativi sulla stato di salute, ma inadatti a dire se esiste un’associazione causa-effetto tra le pressioni ambientali da tempo documentate. Aggiungo che nulla è stato studiato in loco sulle via attraverso le quali gli inquinanti arrivano all’uomo (pathways). Questo è un elemento fondamentale per impostare studi eziologici, basati appunto sulle differenze del profilo di malattia in gruppi di popolazione esposti e non esposti a inquinanti specifici.

2) Per la scelta di malattie da valutare occorre tenere conto del tempo di latenza di ciascuna malattia, cioè del tempo intercorrente tra l’esposizione ad uno o più fattori di rischio e l’esordio della malattia. La maggior parte dei tumori ha tempi di latenza lunghi o molto lunghi (10-25 anni, 15-45 per i mesoteliomi). Questo implica che eventuali eccessi possono essere messi in relazione con esposizioni avvenute almeno 10 anni prima dell'esordio della malattia. Malattie a breve-medio tempo di induzione-latenza, come le cardiovascolari, in particolare ischemie e infarto, e le respiratorie acute e croniche – che mostrano eccessi nel Report ISS - sono considerate indicatori appropriati perché dimostrati senza ogni ragionevole dubbio associati a molti inquinanti atmosferici.

3) La disponibilità di dati aggiornati è rilevante per dare risposte a popolazioni e amministrazioni riferite a tempi recenti ed è strettamente connesso al punto precedente, in particolare in situazioni in cui le prime esposizioni potenziali siano relativamente recenti, come ad esempio in Val d’Agri, dove le attività petrolifere si sono sviluppate nell’ultimo ventennio. Infatti risalgono agli anni ’90 i primi pozzi di estrazione, è del 2001 l’entrata in esercizio del Centro Olio Val d’Agri (ampliamento del preesistente “Centro Olio Monte Alpi” in produzione dal 1996), che nel tempo è più che raddoppiato con una 3a linea nel 2002, una 4a nel 2004 e una 5a da settembre 2015 (oggi prodotti oltre 82.000 barili di petrolio/giorno e quasi 4 milioni di standard m3/giorno di gas, dai 27 su 40 pozzi in esercizio). Inoltre, dall’ottobre 2001 è attivo l’oleodotto Viggiano-Taranto per il trasferimento del greggio direttamente alla raffineria di Taranto, fino allora trasportato con autocisterne. L’ oleodotto è interrato con profondità variabile, generalmente compresa tra 2,0 e 2,5 m, con punte di 6-7 m (in prossimità della Raffineria) e comunque mai inferiore a 1,50 m.

Considerando la latenza media della maggior parte dei tumori, si può capire quale importanza abbiano i dati dell’ultimo quinquennio rispetto a quelli dei periodi precedenti per evidenziare eventuali eccessi legati alle esposizioni rischiose sul tappeto in questi giorni.

Studio in corso

Sebbene in Val d’Agri non siano disponibili ad oggi risultati derivati da studi eziologici, uno studio di questo tipo è in corso di svolgimento nei comuni di Viggiano e Grumento Nova, all’interno dei quali ricade il COVA.

Si tratta di una Valutazione di Impatto sulla Salute (VIS) voluta dai due comuni e coordinata dall’Unità di epidemiologia ambientale e registri di patologia dell’IFC-CNR, con l’Università di Bari e altri due istituti del CNR, ISAC (Scienze dell’atmosfera e del clima) e ISE (Studio ecosistemi), basata su uno studio di coorte retrospettiva di tutti i residenti nei due comuni dal 2000 ad oggi e georeferenziazione sul territorio dei decessi e dei ricoveri analizzati secondo le mappe di ricaduta dei principali inquinanti aerei e altri dati ambientali su suoli e acque. Per il suo svolgimento sono stati acquisiti dati di mortalità e ricovero dalla ASP-Azienda Sanitaria di Potenza e dalla Regione Basilicata. I risultati principali si avranno entro l’anno e potranno dare indicazioni su relazioni tra livelli diversi di esposizioni ambientali e impatto sulla salute, e permettere di fare valutazioni preventive di scenari a diverso impatto ambientale sulla salute. Oltre ai risultati, il protocollo di studio, i metodi di analisi e valutazione, gli strumenti di scambio e diffusione delle conoscenze saranno resi disponibili ai cittadini e alle amministrazioni comunali coinvolte e a tutte quelle che ne faranno richiesta.

Ma la storia non è finita

Agli studi che hanno il compito di indagare fenomeni e chiarire relazioni, di norma riferiti a fatti accaduti, deve essere affiancata un’attività di monitoraggio in grado di dare alle popolazioni residenti in aree inquinate informazioni sull’andamento dei dati ambientali integrati con quelli sanitari, e fornire indicazioni per prevenire, prima di ulteriori accadimenti negativi.

Lo stesso studio SENTIERI, di tipo geografico e non eziologico, di straordinaria rilevanza per avere indicato i territori/popolazioni più impattati, in molte aree ha raccomandato l’attivazione di programmi di sorveglianza ambiente-salute.

Chiaramente, per un programma di sorveglianza efficiente, occorre uno sforzo ulteriore per rendere i dati sanitari correnti di sempre migliore qualità, aggiornati e aperti all’uso a scopi di sanità pubblica.

Monitorare per prevenire

Stabilire programmi di sorveglianza epidemiologica è dunque condizione essenziale per non attendere anni, a volte anche decenni, per sapere cosa è accaduto, che quando è riferito al passato non permette poi di intervenire efficacemente, cioè in tempo per evitare decessi prematuri e malattie evitabili, oltre alla frustrazione di ragionare su morti e malattie sulle quali nulla si può più fare in termini di sanità pubblica.

La sorveglianza epidemiologica in aree con riconosciute pressioni ambientali potenzialmente impattanti sulla salute ha il compito di monitorare l’andamento di condizioni morbose definite a priori, sulla base di conoscenze scientifiche aggiornate sulle associazioni con le sostanze/composti maggiormente presenti sul territorio. I dati sorvegliati potranno essere poi analizzati in modo appropriato e sono in condizione di dare in tempi rapidi risposte molto importanti per capire se esistono anomalie e dove esse sono localizzate.

In Val d’Agri, come nella maggior parte dei siti di bonifica e delle aree inquinate, oltre a studiare cosa è accaduto nel passato, è all’ordine del giorno la necessità di un sistema integrato di sorveglianza di indicatori ambiente e salute, dotato di moduli per la gestione e comunicazione del rischio misurato e di quello percepito, un tema quest’ultimo di enorme importanza (vedi scheda a seguire).

E sopra ogni altra considerazione non mi resta che richiamare l’attenzione sul recente rapporto del WHO (‘Preventing Disease through Healthy Environments: a Global Assessment of the Burden of Disease from Environmental Risks') che stima in ¼ i decessi prematuri attribuibili a fattori di rischio ambientale e sprona ad azioni di prevenzione primaria per evitarli.

Percezione del Rischio 
La percezione del rischio è il giudizio soggettivo che le persone maturano a proposito delle caratteristiche e della gravità di un rischio. Nel campo ambiente e salute il paradigma psicometrico (Fischhoff, Slovic, Lichtenstein, Read e Combs, 1978) è quello che viene maggiormente utilizzato, perché in diverse indagini sulla percezione del rischio ha sempre fornito risultati coerenti, tanto da farlo diventare il paradigma classico per l’indagine sperimentale del rischio. Il paradigma psicometrico si sviluppa entro un modello teorico che assume che il rischio è soggettivamente definito; si assume infatti che gli individuali possono essere influenzati, non solo dalle caratteristiche individuali, ma da molti fattori tra cui quelli psicologici, sociali, istituzionali e culturali, nonché dalle caratteristiche proprie dell’attività da valutare. Il contributo più rilevante e innovativo fornito dal paradigma psicometrico rispetto agli altri modelli teorici e metodologici presenti in letteratura riguarda la valutazione del rischio in termini qualitativi.
Le caratteristiche qualitative descrivono i fattori che caratterizzano la rappresentazione cognitiva del rischio; attraverso le valutazioni effettuate su queste dimensioni è possibile evidenziare quali sono le caratteristiche che determinano la percezione di rischiosità legata a specifiche situazioni. Ad esempio, nello studio di Fischhoff et al.(1978) sono state analizzate le seguenti dimensioni qualitative del rischio associato a diverse attività (es. uso di bevande alcoliche, energia nucleare): la volontarietà di esposizione, l’immediatezza delle conseguenze, la conoscenza del rischio da parte di persone comuni, la conoscenza del rischio da parte della scienza, il controllo personale del rischio, la familiarità  con l’attività rischiosa, la catastroficità del rischio, la capacità di convivere con il rischio, la gravità delle conseguenze. Le valutazioni qualitative del rischio permettono di evidenziare gli aspetti descrittivi  del rischio percepito e contribuiscono a fornire una spiegazione di come gli individui percepiscono il rischio a differenza dei giudizi quantitativi che vanno ad evidenziare quanto una situazione  viene percepita rischiosa. Le diverse applicazioni del metodo psicometrico (es., Benthin, Slovic & Severson, 1992; Pedron & Ferrante, 2003; Pedron & Ferrante, 2005; Savadori & Rumiati, 1996; Savadori, Rumiati, Bonini & Pedon, 1988) hanno evidenziato la struttura flessibile di questo strumento, come ad esempio la possibilità di modificare e/o inserire nel questionario nuove dimensioni qualitative del rischio a seconda del campione usato o degli obiettivi della ricerca. (di Liliana Cori)

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Discovered a New Carbon-Carbon Chemical Bond

A group of researchers from Hokkaido University has provided the first experimental evidence of the existence of a new type of chemical bond: the single-electron covalent bond, theorized by Linus Pauling in 1931 but never verified until now. Using derivatives of hexaarylethane (HPE), the scientists were able to stabilize this unusual bond between two carbon atoms and study it with spectroscopic techniques and X-ray diffraction. This discovery opens new perspectives in understanding bond chemistry and could lead to the development of new materials with innovative applications.

In the cover image: study of the sigma bond with X-ray diffraction. Credits: Yusuke Ishigaki

After nearly a year of review, on September 25, a study was published in Nature that has sparked a lot of discussion, especially among chemists. A group of researchers from Hokkaido University synthesized a molecule that experimentally demonstrated the existence of a new type of chemical bond, something that does not happen very often.