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Al sistema Italia serve un'Agenzia per la ricerca

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E' necessaria una svolta radicale nella politica del governo su ricerca ed innovazione. I risultati della ricerca più recente nell'ambito della scienza economica testimoniano che la crescita economica di lungo periodo ha due motori:

Il primo. Gli investimenti, che espandono la capacità produttiva e permettono alle imprese di adottare tecnologie più efficienti, già in uso nei paesi che si trovano sulla frontiera tecnologica internazionale;
Il secondo. L'innovazione: la creazione di nuove idee e loro applicazione ai processi produttivi.

Entrambi i processi danno luogo ad un aumento della produttività, producendo crescita economica, ma con modalità e velocità diverse in fasi differenti dello sviluppo economico.  Per i paesi più lontani dalla frontiera tecnologica, la crescita economica è trainata da investimenti quantitativi e dall'adozione di tecnologie già sviluppate altrove, attraverso il supporto di grandi imprese (come i campioni nazionali dell'economia italiana degli anni 60). Ma quando un paese si avvicina alla «frontiera», diventa indispensabile l’accensione del secondo motore, per affrontare il processo di globalizzazione e di integrazione dei mercati con lo strumento adeguato: la crescita innovativa. L’alternativa sarebbe quella di una drastica riduzione di salari e costo del lavoro in competizione con i paesi emergenti, con il conseguente impoverimento di gran parte della popolazione attiva nel lavoro.

L'Italia spende oggi in ricerca e sviluppo meno dell'1.3% del PIL, ben al di sotto della media OCSE. I paesi industrializzati ed innovativi spendono oltre il 3%. Perfino un'economia emergente come la Cina spende più del 2%. Abbiamo infatti un numero di ricercatori pro capite tra i più bassi nell’ambito delle economie industriali, con condizioni ambientali molto peggiori di quelle offerte a nord delle Alpi. Non è un mistero che una parte significativa dei giovani cervelli lasci il paese anche per questo. Nonostante vi siano ancora significative punte di eccellenza nelle Università e nei centri di ricerca, la situazione è destinata a degradarsi ulteriormente se non si attuerà una rapida e profonda inversione di tendenza.

Studi empirici dimostrano che ricerca di base e capacità innovativa si muovono di pari passo e che i paesi con maggiore incidenza di pubblicazioni scientifiche qualificate sono anche quelli che spendono di più in attività innovative applicate. Pertanto, la ricerca di base è una necessità per lo sviluppo economico di un paese, e non un lusso da lasciare ai paesi più ricchi. Negli ultimi 20 anni i paesi che hanno beneficiato di una crescita economica più rapida sono proprio quelli che più hanno investito in innovazione e ricerca di base: la Germania, la Svizzera, la Svezia, per fare qualche esempio. E’ poi purtroppo evidente che le economie meno innovative stentano a riprendersi dalla crisi.

Ma in Italia non si tratta solo di un problema di spesa: da noi non esiste una moderna governance della ricerca. I ricercatori nelle università svizzere, tedesche, inglesi hanno a disposizione un sistema di bandi a scadenze regolari, senza trappole burocratiche ed amministrative, ed un sistema di valutazione dei progetti qualificato e credibile. Non è pertanto necessario “reinventare la ruota”, basterebbe fare riferimento alle esperienze di successo di altri paesi. Riteniamo che queste riflessioni debbano essere prese in seria e concreta considerazione dal Governo, per avviare un confronto urgente con la Comunità Scientifica italiana. 

I cardini istituzionali di qualsiasi intervento in questo senso sono:

  •  una seria ricognizione di tutte le fonti di finanziamento distribuite nei vari Ministeri:
  •  la costituzione di un’Agenzia per la ricerca scientifica che, collocata presso la Presidenza del Consiglio, raccolga tutti i fondi disponibili e supporti i progetti di ricerca secondo bandi aperti o tematici, facendo pervenire i finanziamenti ai ricercatori più meritevoli con regolarità e senza pastoie burocratiche;

Un primo passo concreto potrebbe essere l’attivazione di uno studio di fattibilità per l’Agenzia nei tempi più celeri.  Il Gruppo 2003 (www.gruppo2003.org) è lieto di mettere a disposizione tutte le proprie competenze ed esperienze per un rinnovo della governance, che consenta di riprendere in mano le redini della ricerca ed evitare che il suo progressivo declino comprometta in modo irreparabile le prospettive di sviluppo del nostro Paese.

 

Fabrizio Zilibotti, Presidente della Società degli Economisti Europei                                                                          
Gruppo 2003 per la Ricerca Scientifica  

Pubblicato sul Corriere della Sera, 22 Aprile 2016


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