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Ambiente, percezione e paranormale

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Si chiama “patternicity” o anche apofenia, l'istinto tutto umano di trovare relazioni di significato fra eventi appartentemente – e spesso realmente – scollegati fra di loro, di unire i puntini tracciando i contorni di immagini che solo noi vediamo. Stiamo parlando di strane luci nel cielo che vengono interpretate sovente come velivoli non meglio identificati, oppure ombre che ci evocano l'immagine sfocata di un nostro caro che non c'è più. L'uomo per sua natura è portato ad attribuire significati agli eventi, intenzionalità agli oggetti, e anche decidendo di mantenere uno sguardo scettico, il punto rimane comunque riuscire a dare una spiegazione ai fenomeni a cui assistiamo. Il nostro cervello non ammette ambiguità.

La domanda che si pone Armando De Vincentiis, coordinatore del CICAP Puglia, nel suo interessante e curioso libro “Ambiente, percezione e paranormale”, ultimo nato nella collana Scientia et Causa di C'era una volta edizioni, di cui De Vincentiis è anche curatore, è quale sia il ruolo dei fenomeni naturali e climatici nella costruzione di fenomeni classificati come paranormali e nella conseguente interpretazione semantica che ne diamo. Può essere l'ambiente a decidere per la nostra mente? “Siamo abituati a pensare ai fenomeni insoliti e paranormali come la conseguenza di una errata interpretazione di processi di varia natura, come ad esempio espressioni fisiologiche del nostro cervello - scrive bene De Vincentiis - quali le alterazioni della percezione, oppure come la reinterpretazione della realtà circostante sulla base di credenze culturali in determinati fenomeni. Meno frequente è l’osservazione dei fenomeni insoliti sotto l’aspetto relazionale.”

Quella che emerge è una variegata panoramica di molti dei fenomeni classificati come paranormali, dagli ufo ai fantasmi, passando per le stimmate, il mostro di Loch Ness e le streghe di Salem, osservati dal punto di vista ambientale, inteso da un lato come insieme di fenomeni climatici e meteorologici, dall'altro anche in relazione al sostrato culturale e al momento storico in cui un determinato evento si è verificato. Alla base dell'approccio tutt'altro che banale dell'autore vi è l'idea di una storia – per parafrasare Croce – intesa non come il susseguirsi di una serie di eventi casuali l'uno accanto all'altro, come perle di una collana, ma il dispiegarsi di un insieme di fattori storici, ambientali e culturali, che si mescolano insieme producendo un fatto. L'esempio più calzante in tal senso è senza dubbio quello delle “Streghe di Salem”. Può in questo caso un fenomeno prettamente naturale passare alla storia come segno di stregoneria, tanto da costare la vita a molte donne?

Ancora oggi un recento sondaggio condotto nel Regno Unito ha evidenziato che un terzo degli intervistati afferma di credere ai fantasmi, ma solo circa un caso su 1000 comporta un'apparizione ben definita; per la restante parte si tratta solo di ombre fugaci, sensazioni o rumori spaventevoli. Il “terreno”, e qui l'autore intende il nostro cervello che crea i significati, è infatti fondamentale.

La prospettiva costruttivista, sviluppatasi nel corso del secolo scorso parte dal presupposto di osservare i fenomeni sul piano anzitutto relazionale, sia come relazione interpersonale, ma anche fra uomo e ambiente. Basti pensare – racconta De Vincentiis – a tutti quei fenomeni condierati “mistici” che coinvolgono il Sole, come le presunte apparizioni mariane. “Non è un caso che nella maggior parte dei casi questi eventi siano strettamente correlati con la presenza del Sole – spiega l'autore – dal momento che gli effetti del Sole sui nostri bulbi oculari sono ben noti alla medicina, dalla retinopatia all'alterazione della percezione dei colori, fino allo scotoma, la cecità parziale del campo visivo. Per non parlare dello “Spettro di Brocken”.

Ci sono poi eventi in cui la semplice ignoranza di alcuni fenomeni climatici potrebbe da sola bastare a fugare ogni tentativo di attribuzione di significati paranormali. Effetti che vengono illustrati uno a uno con precisione dall'autore. Per sopravvivere i popoli hanno imparato a dare senso al mondo che li circonda.

L'ambiente – spiega Marco Ferrari nella prefazione – è “un “deposito” di forme, strutture, colori e schemi estremamente complessi, derivati da una storia dalla durata quasi inimmaginabile per la nostra percezione del tempo” ma è la percezione che si forma nel nostro cervello a creare il fenomeno. Un’esperienza sovrannaturale, per esistere, deve necessariamente trovare un terreno fertile che possa accoglierla e che possa garantire la sua proliferazione.


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