fbpx Asteroidi, nuova frontiera? | Science in the net

Asteroidi, nuova frontiera?

Tempo di lettura: 6 mins

Dalla rampa di lancio di Cape Canaveral è appena iniziato il lungo cammino spaziale che condurrà OSIRIS-REx verso l’asteroide Bennu. Dopo lo studio particolareggiato dell’asteroide, la missione prevede di recuperare un campione della sua superficie e di riportarlo a Terra. Missione ambiziosa, dunque, che farà da apripista ad altri progetti spaziali ancora più ambiziosi.

Una saga avvincente quella degli asteroidi, con alti, bassi e intriganti colpi di scena. Alle prime scoperte furono luci di speranza, una provvidenziale presenza con cui si confidava di colmare l’anomala e incomprensibile lacuna orbitale tra Marte e Giove. Erano tempi in cui questi oggetti astronomici erano molto alla moda, tanto da diventare ambite prede di una caccia accanita, con le scoperte esibite come prestigiosi trofei. Pian piano, però, la loro popolarità ebbe un calo e presso gran parte degli astronomi questi corpi celesti divennero ingombranti e inutili intrusi.

Dalla metà degli anni Settanta, però, si cominciò a registrare un notevole aumento di interesse per gli asteroidi, grazie anche al decisivo contributo dei planetologi italiani. Nel frattempo, comunque, non era mai cessato il flusso delle scoperte. A dispetto della debole luminosità, man mano che la tecnologia metteva a disposizione nuovi strumenti, il numero dei pianetini – per usare il termine caro a Giuseppe Piazzi – cresceva sempre più e oggi ne conosciamo oltre 700 mila. E’ vero che la stragrande maggioranza di queste montagne volanti percorre orbite innocue a distanza di sicurezza, ma un giorno si scoprì l’esistenza di asteroidi imprudenti che ronzano pericolosamente nei pressi della Terra. E la saga cominciò ad assumere toni decisamente preoccupati, sempre più cupi e inquietanti man mano che cresceva il numero delle scoperte di questi potenziali e micidiali proiettili.

Da qualche anno, però, a questa immagine allarmante se n’è aggiunta un’altra, in cui si guarda agli asteroidi come potenziali riserve di risorse minerarie (e non solo). Un radicale cambio di prospettiva, dunque, che si appropria di alcune visioni che finora hanno alimentato la fantascienza.

Bennu nel mirino

La missione OSIRIS-REx (Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security-Regolith Explorer) ha tutte le carte in regola per essere considerata il primo importante passo in questa nuova prospettiva. L’obiettivo è davvero ambizioso: raggiunto e osservato da vicino per oltre un anno fin nei minimi dettagli l’asteroide Bennu, la sonda dovrà recuperare campioni della sua superficie e riportarli a Terra perché siano analizzati. Per la NASA si tratta della prima missione di questo tipo, ma non è una novità assoluta. Il primato, infatti, spetta alla missione giapponese HAYABUSA che, lanciata nel 2003, solo dopo molte peripezie riuscì, sette anni più tardi, a portare sulla Terra minuscoli granuli dell’asteroide Itokawa.

Anche quella di OSIRIS-Rex sarà una missione a lungo respiro. Lanciata lo scorso 8 settembre da Cape Canaveral, la sonda raggiungerà Bennu nell’agosto 2018 e due mesi più tardi darà il via a una dettagliata analisi della sua superficie. Oltre che a definire la composizione dell’asteroide, lo studio dovrà individuare il punto migliore per attuare la fase successiva: la discesa verso il corpo celeste e il recupero di un campione di materiale superficiale. Questa delicata operazione sarà compiuta “al volo”, senza cioè posarsi su Bennu, ma impiegando un braccio robotico. OSIRIS-REx avrà tre tentativi a disposizione e il suo vano di carico permetterà di immagazzinare da 60 grammi a 2 chili di campioni. Nel marzo 2021 si aprirà la finestra orbitale per poter iniziare il viaggio di ritorno. Altri due anni e mezzo di attesa prima che, nel settembre 2023, la capsula in cui sono sigillati i preziosi campioni si separi dalla sonda e atterri nel deserto dello Utah.

Tra le finalità della missione OSIRIS-REx vale la pena sottolineare l’accurata mappatura che i suoi strumenti faranno della superficie di Bennu. Questo asteroide, infatti, appartiene al numero di oggetti potenzialmente pericolosi per il nostro pianeta e la conoscenza delle sue caratteristiche fisiche, come pure dei cambiamenti orbitali dovuti al calore del Sole (il cosiddetto effetto Yarkovsky) potrebbe esserci terribilmente d’aiuto per decidere come intervenire nello sventurato caso in cui Bennu mettesse la Terra nel suo mirino.

Prossima tappa: ARM

La missione verso Bennu, però, è solamente il primo passo di un cammino molto più ambizioso. Alla NASA gli occhi sono già rivolti alla missione ARM (Asteroid Redirect Mission) che dovrebbe svolgersi entro il prossimo decennio. Il progetto prevede l’impiego di un veicolo spaziale senza equipaggio per agganciare con un braccio robotizzato un grosso macigno dalla superficie di un NEA (Near-Earth Asteroid – asteroide vicino alla Terra) e trasferirlo su un’orbita stabile intorno alla Luna. Lì verrebbe successivamente abbordato da un veicolo dotato di equipaggio con il compito di esplorarlo, studiarlo e recuperare campioni da riportare sulla Terra.

La finalità della missione consiste principalmente nello sviluppo e nella sperimentazione di tecnologie che potranno essere utilizzate in missioni di lunga durata verso Marte (per esempio l'impiego intensivo della propulsione elettrica per navette-cargo) e nella dimostrazione di possibili tecniche di difesa contro potenziali proiettili cosmici, ma è evidente come abbia un occhio particolarmente attento allo studio della possibilità di sfruttamento delle risorse degli asteroidi (metalli e sostanze volatili).

Sembra proprio, insomma, che lo sfruttamento delle risorse degli asteroidi non sarà più confinato alle fantasiose pagine della letteratura di fantascienza. E’ piuttosto evidente che oggi non siamo affatto in grado di mettere in campo gran parte di quelle tecnologie che la fantascienza ci prospetta, persino di quelle che descrive come ordinarie. I progetti spaziali attuali possono per il momento valutare quanto possa essere efficiente e affidabile la nostra attuale tecnologia, in attesa che si riesca a dare forma a tecnologie nuove e rivoluzionarie.

Un mercato emergente

Fiutando il possibile affare, sul mercato si sono già affacciate un paio di agguerrite compagnie private. La prima, fondata alcuni anni fa da Eric Anderson e Peter Diamandis e oggi amministrata da Chris Lewicki, è la Planetary Resources. Nata nel novembre 2010 come Arkyd Astronautics, nel 2012 si è riorganizzata cambiando il nome in quello attuale e già ha mosso i primi passi. Nel luglio 2015 è stato rilasciato dalla Stazione Spaziale Internazionale il suo satellite Arkyd 3 Reflight, un prototipo destinato a convalidare i sistemi avionici, i sistemi di controllo e il software che equipaggeranno i futuri veicoli spaziali di Planetary Resources destinati ad avventurarsi nel Sistema solare. Il passo successivo sarà il progetto Ceres Constellation, una flotta di dieci micro-satelliti in orbita bassa in grado di fornire dati multispettrali dell’intera superficie del nostro pianeta a costi inferiori rispetto agli attuali sistemi satellitari. L’obiettivo a lungo termine di fondatori e finanziatori (tra i quali figurano anche il regista James Cameron, il fondatore di Virgin Group Richard Branson e i dirigenti di Google Larry Page ed Eric Schmidt) è comunque quello di sviluppare e rendere accessibili le tecnologie per l'estrazione mineraria dagli asteroidi.

Una seconda società, anch’essa con nel mirino lo sfruttamento minerario degli asteroidi, è la Deep Space Industries. Tanto esplicito quanto ambizioso il suo progetto, chiaramente indicato sul sito web istituzionale: “fornire la tecnologia, le risorse e i sistemi di integrazione necessari per la ricerca, la raccolta, la lavorazione, la produzione e il mercato delle risorse dello spazio”. Secondo i fondatori saranno queste risorse, facilmente accessibili sugli asteroidi vicini alla Terra, a fornire energia e materiali di consumo illimitato per un mercato spaziale in rapida crescita.

Estremamente concreti i piani di conquista dello spazio che Deep Space Industries intende realizzare. Il primo progetto, in calendario per il 2017, è Prospector-X, una missione sperimentale internazionale in orbita bassa con lo scopo di testare tecnologie e competenze che permetteranno il balzo verso lo spazio più esterno. Sarà poi la volta della missione Prospector-1, considerata un passo cruciale nei piani societari. Obiettivo della piccola sonda, di una cinquantina di chili, sarà quello di raggiungere un NEA, posarsi sulla superficie e studiarlo accuratamente per determinare il suo valore come fonte di risorse spaziali. «Con il prossimo decennio – ha dichiarato Daniel Faber, CEO di Deep Space Industries – inizieremo a raccogliere le risorse spaziali dagli asteroidi.»

La prima attività mineraria su un asteroide della storia umana, insomma, sembra appena dietro l’angolo. Vedremo.

Per approfondire:
Timeline della missione OSIRIS-Rex
http://www.asteroidmission.org/mission/
Leggi anche: Patrizia Caraveo, "Quella missione "egizia" di Osiris-Rex": http://www.chefuturo.it/2016/09/spazio-asteroidi-sfruttamento-minerario-...


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Discovered a New Carbon-Carbon Chemical Bond

A group of researchers from Hokkaido University has provided the first experimental evidence of the existence of a new type of chemical bond: the single-electron covalent bond, theorized by Linus Pauling in 1931 but never verified until now. Using derivatives of hexaarylethane (HPE), the scientists were able to stabilize this unusual bond between two carbon atoms and study it with spectroscopic techniques and X-ray diffraction. This discovery opens new perspectives in understanding bond chemistry and could lead to the development of new materials with innovative applications.

In the cover image: study of the sigma bond with X-ray diffraction. Credits: Yusuke Ishigaki

After nearly a year of review, on September 25, a study was published in Nature that has sparked a lot of discussion, especially among chemists. A group of researchers from Hokkaido University synthesized a molecule that experimentally demonstrated the existence of a new type of chemical bond, something that does not happen very often.