fbpx Grazie, Rosetta! | Science in the net

Grazie, Rosetta!

Primary tabs

Tempo di lettura: 9 mins

Venerdì 30 settembre, alle 13:19 italiane, la sonda Rosetta ha terminato la sua missione posandosi sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Missione lunga e faticosa: prima la rincorsa alla cometa durata oltre 3800 giorni e culminata il 6 agosto 2014 con l’inserimento orbitale intorno al corpo celeste, poi lo studio ravvicinato della superficie cometaria e, nel novembre 2014, l’emozionante e in parte sfortunata discesa del lander Philae. Un totale di 780 giorni trascorsi nei pressi della 67P/C-G studiandone i minimi dettagli. Indizi che, già da soli, tratteggiano l’incredibile valore di questa fantastica missione. Azzardiamo un sommario bilancio.

Non tutte le missioni spaziali sono uguali. Di tutte ammiri la spinta scientifica e l’azzardo tecnologico che le anima e, per quanto freddo e razionale, riesci anche ad emozionarti per le nuove conoscenze che ti offrono. Alcune, però, ti si appicciano addosso e guadagnano un posto particolare nella tua personale classifica. Rosetta è una di queste. Proviamo dunque a stendere un bilancio a caldo – sicuramente provvisorio e inevitabilmente parziale – di questa fantastica missione dell’ESA.

Il lungo cammino

Uno degli elementi che hanno contraddistinto la missione di Rosetta è senza dubbio l’arco temporale su cui si è sviluppata. La prima idea di una missione cometaria risale alla fine degli anni Settanta, quando ancora si discuteva se dovesse prevedere un prelievo di campioni oppure la discesa di un lander. Per l’inizio ufficiale della missione, però, dobbiamo attendere il novembre 1993, con la definitiva approvazione del progetto da parte del Science Programme Committee dell’ESA. I tempi vengono ulteriormente allungati per un guasto al lanciatore Ariane 5, verificatosi un mese prima della partenza di Rosetta, che obbliga anche il cambio di destinazione: non più la cometa 46P/Wirtanen, bensì la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Finalmente, il 2 marzo 2004, il lancio.

Limitandoci unicamente alla fase più appariscente, cioè al cammino spaziale che ha condotto la sonda a destinazione e le ha permesso lo studio ravvicinato della 67P/C-G, stiamo parlando di 4595 giorni di volo, vale a dire oltre dodici anni e mezzo di permanenza nello spazio. Per sua stessa natura, ogni viaggio nello spazio è di per sé un’incognita e un rischio: a questo rischio Rosetta ha aggiunto anche il brivido di due anni e mezzo di ibernazione. Il momento del risveglio degli apparati della sonda era talmente delicato che qualcuno ha definito quel segnale lanciato verso Rosetta il 20 gennaio 2014 “la sveglia più importante dell’intero Sistema solare”. Una tappa cruciale dell’intera missione, opportunamente messa in evidenza dall’ESA con l’azzeccata campagna Wake Up Rosetta.

Man mano che, avvicinandosi alla sua destinazione, Rosetta mostrava con sempre maggiore evidenza la curiosa forma della cometa, diventava altrettanto evidente che orbitare intorno a quell’oggetto bitorzoluto – e soprattutto farvi posare il lander – sarebbe stato di gran lunga più complicato del previsto. Una nuova incredibile sfida affrontata e superata in modo impeccabile. Basta comunque una sommaria occhiata alle evoluzioni che i responsabili di volo hanno fatto compiere a Rosetta intorno alla cometa per rendersi conto della complessità e della difficoltà di quell’appuntamento orbitale con la 67P/C-G.

Questo lungo cammino ha permesso alla missione di collezionare alcuni importanti primati: anzitutto Rosetta è stata la prima sonda europea a transitare accanto a un asteroide della Fascia principale (in realtà gli asteroidi visitati sono due: Steins, il 5 settembre 2008, e Lutetia, il 10 luglio 2010); inoltre è stata la prima sonda in assoluto a immettersi in orbita intorno a una cometa studiandola da vicino anche durante il passaggio al perielio, il momento più delicato e critico di un’orbita cometaria; infine, è la prima missione che è riuscita a far posare dolcemente un lander su una superficie cometaria. Un primato, quest’ultimo, che non viene per nulla offuscato dai guai che hanno funestato la storica discesa di Philae.

Risultati scientifici

E’ ovvio che il bilancio di una missione scientifica debba avere nei risultati scientifici il suo punto cruciale. Già i risultati ottenuti finora – in attesa degli studi e delle analisi dei dati strumentali che terranno occupati i planetologi ancora per anni – confermano senz’ombra di dubbio come Rosetta sia stata una missione epocale.

Tra le finalità della missione vi era lo studio della struttura degli oggetti cometari, autentiche capsule del tempo che custodiscono i segreti dei primordi del nostro Sistema planetario. Una scoperta cruciale di Rosetta è stata senza dubbio quella riguardante la doppia struttura del nucleo di 67P/C-G: le simulazioni basate sui dati raccolti dagli strumenti hanno suggerito che lo scenario migliore per giustificare quella curiosa struttura a due lobi fosse quello che prevedeva due oggetti un tempo separati riunitisi a seguito di una collisione a bassa velocità.

Non meno significativa, grazie allo studio della composizione dei ghiacci, l’individuazione del possibile sito di formazione della cometa. L’elevata presenza di argon, di azoto molecolare e di particolari composti organici suggerirebbero infatti che la 67P/C-G si possa essere formata nelle propaggini più periferiche del disco protoplanetario, in quelle buie e gelide regioni che gli astronomi chiamano Fascia di Kuiper.

Notevole anche la scoperta della provenienza del vapore d’acqua che caratterizza l’emissione cometaria. Se la superficie estremamente scura della 67P/C-G (la cometa riflette solamente il 6% della luce che la investe) suggeriva un suolo generalmente piuttosto povero di acqua ghiacciata, i dati raccolti dallo strumento VIRTIS hanno permesso di scoprire che, anche nelle regioni con maggiore ghiaccio superficiale, vi era comunque in azione una sorta di ciclo dell’acqua in cui il ghiaccio superficiale, destinato a sublimare per il calore solare, veniva continuamente integrato e rimpiazzato dal vapore d’acqua proveniente dagli strati più profondi.

La possibilità di studiare il comportamento della cometa durante il passaggio al perielio ha dato ai planetologi preziose indicazioni non solo sull’attivazione degli attesi fenomeni cometari, quali i getti improvvisi di vapore espulsi dalla superficie, ma anche sulla composizione stessa del corpo celeste. Lo strumento GIADA, il rilevatore e analizzatore delle polveri cometarie realizzato in Italia, si è dimostrato fondamentale per ricavare il rapporto tra polvere e gas nella 67P/C-G, fornendoci la prova che tale rapporto è molto più elevato di quanto non suggerisca il nomignolo di “palle di neve sporca” affibbiato alle comete. Rosetta ci ha insegnato che quella neve è decisamente più sporca di quanto si sospettasse.

Tra le misurazioni più attese della missione dobbiamo certamente segnalare quella della composizione isotopica del vapore acqueo della chioma cometaria. La misurazione del rapporto tra idrogeno e deuterio, infatti, risulta decisiva per il confronto tra l’acqua cometaria e quella degli oceani terrestri, un confronto che può suggerire la possibile origine dell’acqua sul nostro Pianeta. Ebbene, i dati raccolti dallo strumento ROSINA, pubblicati su Science nel dicembre 2014, hanno indicato che il rapporto per l’acqua cometaria risulta tre volte maggiore di quello misurato per l’acqua terrestre: decisa incompatibilità, insomma. Con la conseguente necessità di cercare altrove le sorgenti per l’acqua del nostro Pianeta.

Doveroso, concludendo questo abbozzo di bilancio scientifico, sottolineare come i risultati avrebbero potuto essere ancora più significativi se gli arpioni di Philae avessero fatto il loro dovere impedendogli di rimbalzare un paio di volte prima di infilarsi ai piedi di un grosso macigno. Quasi fosse il sapiente disegno di una esperta regia, la precisa posizione del lander è rimasta sconosciuta fino a poche settimane fa, quando in un’immagine scattata dalla fotocamera ad alta risoluzione OSIRIS è stato possibile – non proprio agevolmente, a dire il vero – individuare Philae.

Un enorme successo mediatico

Al di là dei risultati scientifici che hanno fatto della missione Rosetta un successo assoluto, non possiamo ignorare l’incredibile popolarità che l’ESA è riuscita a catalizzare intorno alla missione. Il sapiente utilizzo dei social media e dei meccanismi della comunicazione hanno calamitato su Rosetta gli occhi di un numero sempre crescente di persone. Limitandoci a un paio di dati relativi al 2014, al momento del risveglio della sonda dalla sua ibernazione (gennaio), le pagine web dell’ESA dedicate a Rosetta contavano 101 mila visitatori; il numero saliva a 872 mila all’arrivo della sonda in prossimità della 67P/C-G (agosto) e balzava a 5,5 milioni nel mese di novembre, in occasione dello storico landing di Philae. Di queste visite, ben 1,39 milioni sono state registrate nella sola giornata del 12 novembre.

Spetterà agli studiosi di comunicazione analizzare i motivi del successo di questa vincente campagna dell’ESA. Anche ai non addetti ai lavori, comunque, risulta evidente come si sia rivelata azzeccata la scelta di puntare non solo su contenuti scientifici, ma di far leva anche sul coinvolgimento emotivo.

Ben riuscito, a tal proposito, il video Ambition: prodotto dall'ESA e diretto da Tomek Bagiński, era l'invito a partecipare di persona all'ambizioso e storico assalto alla cometa. Un corto coinvolgente che, una volta di più, conferma che se è vero che la fantascienza aiuta il corso della scienza, è altrettanto vero che la scienza può ispirare autentici capolavori.

Un elemento della strategia comunicativa che ha notevolmente contribuito ad accrescere il successo di Rosetta e Philae è senza dubbio la scelta di “personificare” le due sonde. In questa direzione si sono mostrati vincenti i disegni, tracciati in uno stile da vecchio libro di favole, che hanno accompagnato le varie fasi della missione Rosetta. Per chi fosse interessato, può trovare interessanti analisi e valutazioni di questi aspetti comunicativi in una decina di interventi pubblicati nel numero dello scorso marzo di CAP Journal, un numero speciale dedicato interamente a Rosetta e alle strategie comunicative che hanno accompagnato la missione.

Ci sembra appropriato concludere questo bilancio con alcuni passaggi di quello, estremamente significativo, che Fabrizio Capaccioni, responsabile dello strumento VIRTIS, ha proposto a caldo dalle pagine di Media INAF subito dopo che la sonda aveva concluso il suo estremo volo impattando delicatamente sulla superficie della cometa: «La missione Rosetta è stata un miracolo. E’ passata indenne attraverso una serie di “ostacoli” che nessun’altra sonda planetaria aveva mai dovuto affrontare: il risveglio da un’ibernazione di due anni e mezzo; il rilascio e il successivo atterraggio del lander; la navigazione in un ambiente totalmente ignoto che progressivamente è diventato ostile, a causa dell’avvicinamento al Sole; infine la discesa, che si è compiuta oggi, della sonda Rosetta sulla superficie. Le emozioni in questi momenti sono contrastanti, c’è senz’altro della malinconia per la missione che finisce dopo 31 anni dal momento della selezione della missione e dopo 22 anni dalla selezione degli strumenti scientifici. Molte persone purtroppo non sono più qui con noi e questo aggiunge un’ulteriore vena di profonda tristezza. Ma io penso che oggi debba dominare l’esultanza per una missione che ha dato enormi soddisfazioni, che ha contribuito a creare un “brand” ESA, che ha prodotto e produrrà negli anni a venire dei risultati scientifici di eccezionale valore: risultati che permetteranno di mantenere la comunità scientifica europea che si occupa dei piccoli corpi del Sistema solare ai livelli di eccellenza conseguiti con Rosetta almeno per i prossimi dieci anni.»

Come non essere d’accordo?

Leggi anche: Patrizia Caraveo, pubblicato su Chefuturo.it - 30 settembre: "Addio Rosetta, fine missione con gran finale (in diretta streaming) sulla superficie della cometa"

Per approfondire:
Rosetta’s final orbits – animation
ESA - Highlights from the Rosetta mission


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Why have neural networks won the Nobel Prizes in Physics and Chemistry?

This year, Artificial Intelligence played a leading role in the Nobel Prizes for Physics and Chemistry. More specifically, it would be better to say machine learning and neural networks, thanks to whose development we now have systems ranging from image recognition to generative AI like Chat-GPT. In this article, Chiara Sabelli tells the story of the research that led physicist and biologist John J. Hopfield and computer scientist and neuroscientist Geoffrey Hinton to lay the foundations of current machine learning.

Image modified from the article "Biohybrid and Bioinspired Magnetic Microswimmers" https://onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.1002/smll.201704374

The 2024 Nobel Prize in Physics was awarded to John J. Hopfield, an American physicist and biologist from Princeton University, and to Geoffrey Hinton, a British computer scientist and neuroscientist from the University of Toronto, for utilizing tools from statistical physics in the development of methods underlying today's powerful machine learning technologies.