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L'arte di Guido Crepax al servizio della medicina

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WOW Spazio Fumetto – Museo del Fumetto, dell’Illustrazione e dell’Immagine animata di Milano dedica una mostra a Guido Crepax, uno dei maggiori protagonisti del fumetto italiano. Non si tratta però di un percorso convenzionale ma di un’esposizione davvero unica che per la prima volta rivela al pubblico un aspetto meno noto della produzione del grande autore: 60 tavole originali disegnate per illustrare le “Clinicommedie” pubblicate su Tempo Medico dal 1965 al 1994. È infatti sulle pagine della rivista scientifica, che annovera tra i suoi storici direttori i soci fondatori di Zadig (editore di Scienzainrete), che nascono tipi e silhouette di donna che saranno di ispirazione per Valentina e tante altre “eroine” di Crepax e in cui è possibile rivivere alcuni decenni della nostra vita e del costume, seguendo l’evoluzione della figura del medico.  La mostra – che si potrà visitare dal 15 ottobre al 13 novembre - è allestita da WOW Spazio Fumetto con il contributo dell’Ordine dei Medici di Milano, con la collaborazione di Zadig e Archivio Crepax e con la sponsorizzazione tecnica di Pixartprinting.

Inoltre, quasi in contemporanea (dal 9 novembre al 6 dicembre), grazie al contributo dell’Università degli Studi di Milano, sarà visitabile nella storica sede della Statale (Loggiato del Rettorato) una mostra parallela dedicata all’altra attività che Crepax ha svolto per Tempo Medico, quella di autore delle copertine: oltre 200, che consentono di seguire lo sviluppo dei maggiori temi della Sanità italiana ma anche di offrire una carrellata sui grandi personaggi che hanno fatto la storia della Medicina nel nostro paese.

Comunicato stampa L'ALTRO CREPAX

Pubblichiamo in anteprima i testi che Roberto Satolli, presidente di Zadig e direttore di Tempo Medico dal 1988 al 1995 e Pietro Dri, direttore dal 1995 al 2003 e autore di 59 “Clinicommedie”, hanno scritto per la mostra.

Storia di Tempo Medico

di Roberto Satolli

Solo i più giovani ignorano che Tempo Medico (TM) non è stato solo il periodico più amato dai medici per 50 anni, dal 1959 al 2009, ma un punto di riferimento per la cultura laica in generale, non solo scientifica.

Fondato da Nicolò Visconti, proprietario della Pierrel, con l’intento di creare il “Time dei medici”, ha mostrato subito un carattere di novità, anticonformismo senza ideologia e indipendenza, che derivava dalle qualità intellettuali delle persone scelte per lavorarci, e che andava molto oltre l’ambito angusto degli house organ farmaceutici.

Da allora lo stile della rivista si è sempre ispirato al miglior giornalismo anglosassone, per raccontare l’evoluzione della medicina e della società contemporanee con spirito critico, linguaggio piano e chiaro, forma spigliata e persino divertente. 

L’indipendenza, in particolare, era stata talmente radicata nell’imprinting della rivista, da mantenersi immutata sino alla fine, pur attraverso diversi passaggi di proprietà (dalla Pierrel alla piccola casa editrice milanese Editiemme nel 1976, alla francese Masson nel 1985, e infine alla olandese Elsevier, che lo chiude bruscamente nel 2009 insieme a tutti gli altri suoi periodici italiani): nessun nuovo editore si è mai azzardato a voler cambiare la linea del giornale, la composizione della redazione o i direttori responsabili, che si sono succeduti sempre per selezione interna.

A fare TM si veniva chiamati su base meritocratica, e questo portava in redazione un flusso continuo di nuove idee e punti di vista diversi, che si fondevano grazie alla condivisione di un metodo che si potrebbe definire “lo stile della ragione” (divenuto poi il motto di Zadig, l’agenzia editoriale fondata nel 1993 da cinque giornalisti della redazione).

Tutti i medici italiani conoscevano la rivista, le copertine di Crepax e i casi clinici a fumetti, ma pur essendo i destinatari principali non erano i soli.

Io, per esempio, avevo cominciato a leggerla da ragazzo, ben prima di iscrivermi a Medicina, perché ero non solo curioso di argomenti scientifici, ma soprattutto attratto da un modo di ragionare che non trovavo in altre pubblicazioni. Non mi sarei immaginato allora che mi sarebbe capitato, dopo la laurea, di essere chiamato a scrivere per TM, e più avanti di decidere di lasciare l’attività clinica in ospedale per fare del giornalismo l’unica professione. E men che meno che ne sarei diventato direttore responsabile, trovandomi per di più a gestire alla fine degli anni ottanta la fase più critica di trasformazione da mensile a settimanale, per inseguire una concorrenza che puntava addirittura sulla periodicità quotidiana.

Col senno di poi, è stata quella metamorfosi l’inizio del declino di una formula che per trent’anni aveva mantenuto un equilibrio miracoloso. E di quella responsabilità sento ancora il peso.

La storia della “Clinicommedia” uscita dalle mani di Crepax

di Pietro Dri

In una riunione nella redazione di Tempo Medico sul finire del 1964 sedevano attorno a un tavolo il direttore, Carlo Felice Venegoni e, tra le altre, due persone alquanto originali, l’una Guido Crepax, l’altra Pino Donizetti, medico e sceneggiatore. Erano stati chiamati per realizzare una nuova rubrica, la “Clinicommedia”: il secondo avrebbe dovuto sceneggiare in forma di dialogo un caso clinico con soluzione finale, l’altro pensare a come illustrarlo. Fu in questa riunione che nacque l’idea di usare il fumetto (pare che l’illuminazione sia venuta all’editore dei tempi Niccolò Visconti) e, come ricorda Venegoni stesso, “dal punto di vista storico il particolare ha la sua importanza, perché allora Crepax di fumetti, ufficialmente, non ne aveva ancora fatti. La prima puntata di questa rubrica fu pubblicata nel febbraio del 1965: i due fumetti di Crepax furono i primi che egli pubblicò su una rivista”.

In realtà l’idea nacque nel 1961, ma si era arenata perché il testo di un caso clinico discusso tra due medici appariva talmente noioso da non poter essere inserito in una rivista brillante e spigliata come Tempo Medico. Come fare a rendere piacevole questa possibile rubrica? Si pensò che occorressero due mani, quella di uno scrittore brillante per sceneggiare il caso e quella di un disegnatore per illustrarlo. La novità funzionò subito e piacque moltissimo ai lettori, tanto da divenire la rubrica più letta della rivista. Il nome “Clinicommedia” (che poi tornerà) venne però sostituito, fin dal primo numero, con “Circuito interno”, perché Donizetti si era immaginato di far svolgere l’azione in un Ospedale nel quale fosse disponibile un futuribile circuito interno che collegava via video e audio lo studio del direttore con lo studio dei medici. Nacquero in tal modo i personaggi che hanno fatto per i medici la storia, grazie alla mano di Crepax: il direttore, tradizionale ma non troppo, aperto alle nuove idee ma non giovanissimo, con la sua pipa immancabilmente in mano o in bocca; l’aiuto, che si scoprì col tempo chiamarsi Attilio, che doveva fungere da contraltare e impersonare il medico più giovane e che più si affidava al ragionamento scientifico, rispetto all’esperienza e all’acume clinico del direttore; due assistenti chiamati in maniera neutra Assistente I e Assistente II, di cui non si è mai saputo il nome. Ma a dominare la scena era la figura della specializzanda, affascinante e sempre elegantissima, prototipo di Valentina e, col tempo, variata nel vestire, nel taglio dei capelli e nel modo di porsi secondo le tendenze del momento e i gusti del suo autore: la specializzanda, nonostante il trascorrere degli anni e dei decenni, resterà sempre giovane e, purtroppo per lei, non arriverà mai a specializzarsi! Altri destini invece mutano, per esempio l’aiuto Attilio vince un primariato in provincia e viene quindi sostituito da un aiuto più giovane e aitante, William, un rampante yuppie della medicina moderna. O ancora si aggiungono nuovi protagonisti, come Alcibiade, vecchio medico di poca cultura ma di solido buon senso.

E’ a Massimo Obbiassi, medico e autore di oltre 200 “Clinicommedie”, che si devono le definizioni di questi personaggi, e a lui pure si deve la “teoria della Clinicommedia”, che si basa su quattro presupposti:

1. non si deve imbrogliare il lettore
2. la soluzione non deve essere assurdamente difficile
3. la soluzione deve avvenire attraverso un passaggio drammatico
4. la soluzione deve essere univoca.

Insomma sono le stesse regole di un giallo, visto che il lettore deve arrivare alla risoluzione di un caso sulla base degli indizi clinici che gli vengono via via forniti. E’ in realtà un gioco intellettuale, non un semplice caso o una rubrica con intenti didattici, tanto che è stata anche formulata la “teoria della Clinicommedia” per chi avesse voglia di cimentarsi con la sua non semplice scrittura:

TEORIA DELLA CLINICOMMEDIA

- si dà X (x1, x2, xn)
- si sospetta A (a1, a2, an)
- si dà Y (y1, y2, yn) che esclude A (a1, a2, an)
- per cercare Z risolutivo bisogna pensare a B 

Note:
- In X non deve mancare un elemento essenziale (salvo giustificazione)
- La soluzione B deve essere unica
- X e Y devono essere tipici di B, soprattutto se B è raro

 In trent’anni di storia, per un totale di 360 “Clinicommedie”, si sono succeduti molti autori dei casi (Sergio Mosna, Massimo Obbiassi, Maria Grazia Sabbadini, Mauro Venegoni, Raffaele Piffer, Stefania Riva, Silvia Cantoni, Pietro Dri) e delle sceneggiature (Pino Donizetti, Sandro Bajini), ma unica e indimenticabile è rimasta la mano dell’illustratore: Guido Crepax.


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