Tra le 10.25 e le 11.25 di mercoledì 18 gennaio la terra ha tremato ancora nel centro Italia. Si sono susseguite tre scosse di magnitudo superiore a 5, con epicentro a 9 chilometri di profondità tra le province di Rieti e L’Aquila (i paesi più vicini sono Montereale, Capitignano e Amatrice). Le scosse sono state avvertite anche dai ricercatori del Gran Sasso Science Institute (GSSI) a L’Aquila, ma non sono stati presi dal panico. Sono usciti sotto la neve, nello spazio antistante l’edificio e dopo poco sono rientrati, convinti di poter riprendere le loro attività. Intorno all’una tuttavia il prefetto dell’Aquila Giuseppe Linardi ha ordinato l’evacuazione e la chiusura di tutti gli edifici pubblici della città, compreso il GSSI. Gli studenti, i ricercatori e i professori sono stati costretti a rientrare nelle loro abitazioni private. “Non ci aspettavamo una misura del genere”, commenta Serena Cenatiempo, che lavora da un anno come post-doc per l'area di matematica del GSSI. “Le scosse di fine ottobre sono state le prime scosse forti che ho sentito da quando mi sono trasferita qui a L’Aquila. I miei colleghi, che lavorano all’Istituto da più tempo di me, mi avevano rassicurato in quell’occasione. Oscillazioni con basse frequenze sono tipiche di un terremoto con epicentro lontano e quindi poco pericoloso. Inoltre il GSSI è un edificio di natura strategica, con una bassa vulnerabilità”. Proprio per questo Serena e i suoi colleghi non si aspettavano l’ordinanza del prefetto mercoledì 18 gennaio, ormai allenati a pensare che con il rischio sismico si può convivere, se si è consapevoli del comportamento da adottare in caso di emergenza e si è a conoscenza del grado di vulnerabilità dell’edificio in cui si lavora o si abita. In particolare ha destato perplessità che l'ordinanza riguardasse indiscriminatamente tutti gli edifici pubblici compresi quelli di nuovissima costruzione come il Dipartimento di Scienze Umane dell’Università dell’Aquila.
Il GSSI come risposta al terremoto del 2009
Eugenio Coccia, Fabrizio Barca e Carlo Rubbia con gli studenti del GSSI in occasione della visita del Premio Nobel. Credit: GSSI.
Il Gran Sasso Science Institute è uno dei simboli della voglia di rinascita dei cittadini e delle istituzioni aquilane dopo il terremoto del 6 aprile 2009. Il GSSI nasce nell’aprile del 2012, grazie al supporto di Fabrizio Barca, allora ministro per la Coesione e lo Sviluppo Territoriale del governo guidato da Mario Monti. Fabrizio Barca arriva al governo Monti dopo aver rivestito la carica di Presidente delle Politiche Territoriali dell’OCSE (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). È proprio tra i documenti dell’OCSE che si trova la prima traccia del progetto Gran Sasso Institute. Il 3 luglio del 2009, una settimana prima del G8 che il governo Berlusconi decise di organizzare a L’Aquila, si era tenuto a Roma il forum “L’Aquila Earthquake: Re-launching the Economy” (qui una relazione dell’evento, qui invece il documento di studio completo preparato da OCSE per il forum).
Il documento contiene nove progetti per il rilancio dei territori colpiti dal sisma, tra cui il Gran Sasso Institute che viene descritto così:
“The Nest of the Eagle’s Future: the GRAN SASSO INSTITUTE for Research in Basic Sciences. The Gran Sasso Institute (GSI), located at and benefiting from the Laboratori Nazionali del Gran Sasso in Assergi, will be a unique international and widely recognised research centre in Physics, Math and Chemistry, affiliated with the University of L’Aquila School of Sciences.”
Il progetto segue gli sviluppi del piano di intervento più ampio che il Ministero per lo Sviluppo Economico promuove per l’area del cratere sismico. Si arriva così al 2012, quando l’Università di Groningen insieme all’OCSE presenta il documento di studio conclusivo del progetto “Abruzzo verso il 2030: sulle ali dell’Aquila”. Il report sottolinea la necessità di collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti perché il processo di ricostruzione possa funzionare. Altre esperienze simili hanno insegnato infatti che è fondamentale il coinvolgimento dal basso dei cittadini e che per favorirlo è necessario condividere dati sullo stato degli edifici, il grado di avanzamento dei lavori di ricostruzione, e le certificazioni sull’edificabilità dei terreni.
Un esempio di raccolta dati organizzata dal Lower Ninth Ward Center for Sustainable Engagement & Development dopo l’uragano Katrina. Credit: Alex Pandel.
Un esempio su tutti: l’uragano Katrina, che colpì New Orleans nel 2005. Dieci anni fa l’idea di open data era ancora poco diffusa, ma i cittadini di New Orleans divennero presto consapevoli della loro importanza. Cominciarono a raccogliere i dati che erano sparsi sui diversi siti governativi e a organizzarli e condividerli via mail. Quattro anni dopo, nel 2009, Vivek Kundra, Chief Information Officer, lanciò il programma data.gov. La città di New-Orleans sviluppò nel 2011 la propria piattaforma di open-data data.nola.gov (la storia della ricostruzione di New Orleans è raccontata molto bene qui). Queste piattaforme hanno avuto il pregio di rendere accountable il processo di ricostruzione. Almeno fino al 2012 la situazione era stata molto diversa all'Aquila: pressoché impossibile monitorare lo stato di avanzamento dei lavori di ricostruzione da parte dei cittadini, probabilmente a causa di una gestione autoritaria, in cui non erano previste forme di partecipazione, e del sospetto che ci fosse chi intendeva arricchirsi grazie al terrremoto (sospetto poi confermato dalle inchieste “Betrayal" e “Earthquake" che, tra il 2014 e il 2016, hanno coinvolto esponenti delle istituzioni locali, commissari per la ricostruzione e imprenditori del settore edile).
I giovani tornano a L'Aquila
Infine tra gli obiettivi fondamentali individuati dal gruppo di lavoro dell’Università di Groningen e dell’OCSE, c’è la necessità di riportare a L’Aquila una popolazione giovane portatrice di competenze di alto livello. Per raggiungere questo obiettivo l’azione suggerita è quella di rilanciare l’Università dell’Aquila, con una tradizione forte e ben radicata, e potenziarne la connessione con le imprese nei settori dell’edilizia innovativa (sia dal punto di vista dell’impatto ambientale che delle tecnologie anti-sismiche) e dell’energia, e allo stesso tempo dare maggiore visibilità ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS), una facility sperimentale unica nel suo genere che porta avanti un programma scientifico di eccellenza nell’ambito della fisica fondamentale.
Il Gran Sasso Science Institute rientra in questo progetto di rilancio dell’Università dell’Aquila e della valorizzazione dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, (come si legge al punto 66 del documento del 2012), diventando un’entità indipendente che lavora in sinergia con queste altre due realtà.
L’istituto nasce inizialmente come una scuola sperimentale di dottorato con ente attivatore l’INFN, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che si offre come “garante” per il triennio di avviamento e test, dal 2013 al 2015. Vengono stanziati 12 milioni di euro annui di finanziamenti (con Legge dello Stato n.35 del 4 aprile 2012), di cui 6 milioni provengono dal fondo per la ricostruzione post-sisma (stanziati con il decreto-legge n.39 del 28 aprile 2009) e i restanti 6 milioni da parte del Fondo per la coesione e lo sviluppo destinato alla regione Abruzzo.
La fase di sperimentazione dura tre anni e si conclude nel 2015 con una valutazione positiva da parte dell’ANVUR e dal 31 marzo 2016 il Gran Sasso Science Institute diventa una Scuola Universitaria Superiore a ordinamento speciale (Decreto del MIUR 31 marzo 2016) in grado di rilasciare autonomamente il titolo di Dottore di Ricerca ai suoi studenti (finora il titolo era rilasciato dagli istituti con cui il GSSI collaborava, l’IMT di Lucca, la SISSA di Trieste, la Scuola Sant’Anna di Pisa). La vocazione del GSSI è profondamente internazionale. Nello statuto approvato dalla ministra Stefania Giannini nel luglio del 2016 (Decreto del MIUR 15 luglio 2016) si legge che i corsi di dottorato saranno tenuti, oltre che dai professori e i ricercatori appartenenti all’istituto, da ospiti stranieri. Il GSSI offre quattro programmi di dottorato. I primi due riguardano la fisica e la matematica. Nell’ambito della fisica il GSSI si propone di lavorare a stretto contatto con i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS), dove si studia la fisica dei neutrini e della materia oscura, l’astrofisica e la cosmologia. Per quanto riguarda la matematica, l’attività di ricerca si articola in una parte più tradizionale che comprende la fluidodinamica, i processi stocastici, la meccanica quantistica, e una fortemente interdisciplinare al confine con le scienze sociali e la biomedicina. Alla fisica e alla matematica si affiancano un programma di dottorato in Computer Science, che si concentra su algoritmi e ingegneria del software, e un dottorato in Urban Studies and Regional Science, che riguarda gli studi economici, demografici e sociali sui sistemi urbani con particolare attenzione al ruolo dell’innovazione (smart cities una delle parole chiave).
Degli obiettivi per cui il GSSI è nato quali sono stati raggiunti? Finora in che modo ha contribuito alla ricostruzione e al rilancio dell’Aquila e dei comuni del cratere?
Interno GSSI. Credit: GSSI.
Per rispondere a questa domanda, Piero Marcati, direttore scientifico dell’area di matematica del GSSI fornisce alcuni dati riguardanti gli studenti e i ricercatori del GSSI. “Dei circa 40 studenti di dottorato in matematica che abbiamo avuto finora in questi primi quattro anni solo uno è Aquilano, mentre nessuno dei 6 post-doc che abbiamo reclutato viene dall’Aquila o dai comuni del cratere”, e prosegue “siamo riusciti a far venire giovani da altri paesi e altre zone d’Italia qui a L’Aquila, nonostante la crisi che la città sta attraversando“. La mobilità generata dal GSSI, che non riguarda solo lo staff ma anche i professori in visita temporanea per tenere corsi e workshop (centinaia di visiting scientist in 4 anni) tra i tanti altri benefici, crea anche un indotto sull’economia locale. Come altre Scuole Universitarie Superiori, il GSSI garantisce vitto e alloggio ai suoi studenti di dottorato, oltre alla borsa di studio, e questo ha generato domanda abitativa sul territorio. La percezione che il GSSI sia un progetto che sta funzionando è diffusa anche fuori dall’Istituto, tra i cittadini e gli operatori economici aquilani. Quando Serena Cenatiempo arriva a L’Aquila è il febbraio 2016 e inizia a cercare una casa dove trasferirsi insieme alla sua famiglia. Scopre presto che il mercato immobiliare della zona funziona grazie al “passaparola”. E parlando con le persone si ripete sempre lo stesso dialogo: - “E che ci venite a fare qui?” - “Fra un mese inizio a lavorare al GSSI” -“Ah, tutti per questo venite!”.
Open data della ricostruzione
Una vista del portale OpenData Ricostruzione.
Il GSSI contribuisce in maniera sostanziale al progetto “OpenData Ricostruzione”, il portale su cui sono raccolti tutti i dati relativi ai progetti di ricostruzione post-sisma sia della città dell'Aquila che dei comuni del cratere. Il sito è stato reso pubblico il 19 dicembre scorso durante l'inaugurazione dell'anno accademico a L'Aquila. A coordinare il progetto è stato Roberto Aloisio, astrofisico ricercatore al GSSI. "La necessità di raccogliere e organizzare i dati della ricostruzione", spiega Aloisio "rispondeva all'esigenza del legislatore, sancita dalla legge del 2012, ma anche quella di alcuni ricercatori del GSSI". Gli scienziati dell'area Urban Studies hanno infatti basato parte delle loro ricerche sui dati del portale OpenData Ricostruzione, e alcuni articoli verranno presto pubbicati su riviste di settore. L'idea di unificare e rendere accessibili i dati raccolti dalle due strutture tecniche di missione dedicate alla ricostruzione dei territori colpiti dal terremoto del 2009, USRA (Ufficio Speciale per la Ricostruzione dell'Aquila) e USRC (Ufficio Speciale per la Ricostruzione dei comuni del Cratere), esisteva dunque fin dal 2012, ma il lavoro concreto è cominciato all'inizio del 2016. Aloisio racconta che è stato cruciale l'apporto di alcune associazioni di cittadinanza attiva, come Action Aid, e la consulenza di Aline Pennisi, esperta di Open Democracy e mente del progetto Open Coesione. Visitando il sito opendataricostruzione.gssi.it si nota subito che la visualizzazione scelta privilegia il cittadino, più che il ricercatore, e punta ad attirare l'attenzione dei data-journalist italiani e stranieri. La costruzione del database ha richiesto un lavoro di relazione e negoziazione con gli uffici che possiedono i dati, ma ha portato buoni frutti (l'USRC ha adesso una sezione OpenUSRC). Ma questo è solo l'inizio: "le prospettive future sono di arricchire il database con i valori del coefficiente di antisismicità degli edifici ricostruiti e colmare alcune lacune relative soprattutto alla ricostruzione pubblica", conclude Aloisio.
Piazza del Duomo a L’Aquila. Credit: OffSiteArt.
Numerose anche le iniziative culturali promosse dal GSSI. Due esempi su tutti. Lo spettacolo "Onde gravitazionali: il jazz dei buchi neri" in cui Paolo Fresu e Gianluca Petrella hanno “suonato” le onde gravitazionali grazie alla consulenza scientifica di Eugenio Coccia, fisico delle astroparticelle, fondatore e rettore del GSSI, direttore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dal 2003 al 2009. E poi il progetto di street art Off Site Art/Art Bridge per L’Aquila, che trasforma le impalcature dei cantieri del centro storico in ricostruzione in un’enorme galleria d’arte en plein air, in parte finanziato dal GSSI.
Abbiamo imparato dal passato?
Scuola Internazionale Superiore Studi Avanzati (SISSA) a Trieste
Ma torniamo al 18 gennaio, alle tre scosse di terremoto. Alla decisione del prefetto di chiudere gli edifici pubblici. Al comunicato della Commissione Grandi Rischi sulla potenzialità dei territori verso Nord e verso Sud della faglia del Monte Vettore-Gorzano di produrre terremoti di elevata magnitudo (tra 6 e 7). Alla dichiarazione del presidente della Grande Rischi Sergio Bertolucci ai microfoni del Tg3 di un presunto pericolo Vajont per l’invaso di Campotosto, che ha spinto il vice-presidente della Commissione, Gabriele Scarascia Mugnozza, a dimettersi.
Piero Marcati teme che la scarsa preparazione delle istituzioni nel gestire la fase di emergenza, e più in generale nel predisporre azioni che aiutino a convivere con il rischio sismico, possa mettere in pericolo il progetto GSSI. In particolare Marcati fa riferimento all’importanza di conoscere i valori di alcuni parametri, come il coefficiente di vulnerabilità sismica, per tutti gli edifici pubblici dell’Aquila. La rettrice dell’Università dell’Aquila, Paola Inverardi, ha rilanciato la proposta del fascicolo di fabbricato, già avanzata dal sindaco Massimo Cialente. La sinergia tra tutti i soggetti coinvolti nella ricostruzione è un elemento fondamentale, come sottolinea, non sorprendentemente, lo studio Università di Groningen-OCSE del 2012:
“Tale prospettiva dovrà essere accompagnata da un chiaro coordinamento e una condivisione delle informazioni tra i diversi livelli di governo e le istituzioni, nonché con il settore privato, l'Università dell'Aquila, i residenti, gli studenti e il resto della società civile”.
“Non è la prima volta che la ricerca diventa volano della ricostruzione di un territorio in seguito a un disastro naturale”, continua Marcati. “Anche la SISSA di Trieste nacque dopo il terremoto che colpì il Friuli nel 1976, ed è oggi riconosciuta a livello mondiale come un’eccellenza per la qualità della scienza e della formazione che offre“. Nel 1976 la ricostruzione post-sisma in Friuli venne finanziata con una tassa di scopo e parte di quei fondi furono utilizzati per istituire la Scuola Internazionale di Studi Avanzati (SISSA) nel marzo 1978 (un progetto fortemente voluto dal fisico Paolo Budinich e concepito ben prima che il sisma colpisse il Friuli) e l’Università di Udine, la seconda della regione. Forte della collaborazione con l’Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics (ICTP), l’istituto per la fisica teorica che offre formazione di alto livello per studenti provenienti da paesi in via di sviluppo, la SISSA ha contribuito a trasformare Trieste in una “città della scienza”.
Chi perde se le autorità non mettono in atto una strategia chiara e trasparente riguardo la gestione del rischio sismico? Perdono gli studenti che hanno scelto il GSSI per la loro formazione. Perdono i giovani ricercatori che hanno creduto nel progetto e hanno deciso di trasferirsi a L’Aquila, come Serena che è arrivata qui da Zurigo, dove lavorava presso l’istituto di matematica dell'università fino alla fine del 2015. La ricerca scientifica è un’attività tutt’altro che ascetica. Non si può svolgere se non in comunità e la vita di questa comunità implica spostamenti, viaggi e scambi. Tutti elementi preziosi per contribuire a creare un clima di fiducia tra gli abitanti del territorio dell’Aquila che stanno affrontando un difficile percorso di ricostruzione.