fbpx Rotture | Science in the net

Rotture

Primary tabs

Read time: 6 mins

Piani ondulati attraversati da fenditure dai contorni slabbrati. Sfere dalla superficie solcata da crepe. Aree segnate da grinze e increspature. Sono immagini che evocano paesaggi – se non addirittura pianeti – surreali, ma che in realtà simulano mondi microscopici, strutture molecolari che si deformano, si piegano e, in alcuni casi, si rompono.

Su questi modelli tridimensionali lavorano i ricercatori coinvolti nel progetto SIZEFFECTS, coordinati da Stefano Zapperi, professore di fisica teorica all’Università degli Studi di Milano, che nel 2011 ha vinto un Advanced grant dell’European Research Council (che quest’anno festeggia dieci anni di attività) per condurre le sue ricerche.

Lo scopo del progetto? Capire come si rompono i materiali. Perché non tutti si frantumano nello stesso modo. Contano le proprietà del materiale ma anche le dimensioni dell’oggetto in questione, poiché le dinamiche di formazione di una frattura cambiano se stiamo esaminando una parete di mattoni, una lastra di vetro o un foglio di grafene dello spessore di un atomo. Da un punto di vista pratico - se così si può dire parlando di ricerca di base - il progetto intende fornire guide più solide sui cosiddetti fattori di sicurezza.

"Prevedere come si possono fratturare materiali passando da una scala a un'altra non è un'operazione banale" spiega Zapperi. "Andando dal micro al macro si pone il problema di riscalare il modello in modo corretto, basandosi su leggi rigorose e non su semplici evidenze fenomenologiche. Stesso discorso vale nel passare dalla scala macroscopica, di cui abbiamo esperienza diretta, alla scala nanometrica. Se infatti proviamo a deformare un metallo, osserviamo che si piega in modo regolare e tutto sommato prevedibile. Ma ad una scala molto più piccola questo non accade. Anzi, possiamo dire che più la scala è piccola, più grandi sono le fluttuazioni". 

Per analizzare questi passaggi di scala, Zapperi e i suoi collaboratori ricorrono a un approccio diverso da quelli solitamente usati dagli ingegneri per descrivere la deformazione dei materiali, preferendo usare modelli teorici sviluppati nel campo della fisica statistica dei sistemi complessi e disordinati.

Le caratteristiche di questi sistemi emergono dalle interazioni fra i diversi oggetti che li compongono. Non basta quindi conoscere le proprietà di ogni singolo elemento per dedurre le proprietà del sistema complesso; è fondamentale comprendere come ciascun elemento interagisce con gli altri.

Complessità è dunque la parole chiave del progetto SIZEFFECTS e Zapperi è un esperto in materia, essendo anche coordinatore del giovane e dinamico Centro della Complessità e dei Biosistemi. Il Centro, nato nell’aprile del 2015 all’interno dell’Università di Milano, riunisce fisici, biologi e informatici per studiare i sistemi complessi in maniera interdisciplinare.

 

Simulazioni di un cristallo colloidale su di una superficie sferica in diversi tempi di deformazione (a, b, c, d). Cambiando la forma e il volume della superficie il cristallo si deforma e si frattura. Paper PNAS.

Il fine ultimo dello studio delle dinamiche con cui si rompono gli oggetti – dalla struttura nanomolecolare al ponte di svariati chilometri – è la ricerca di una teoria generale della deformazione e della rottura dei materiali, che potrebbe avere innumerevoli ricadute pratiche, dall’ingegneria allo studio dei movimenti della crosta terrestre. 

Nella figura sopra e in quella sotto, per esempio, si osservano cristalli autoassemblati su capsula microscopiche (simili a quelle utilizzate già oggi per la delivery dei farmaci). Le simulazioni effettuate dal team di Zapperi testano queste configurazioni per vedere come resistono a sollecitazioni esterne, come l'esposizione a flussi di un liquido o a compressione meccanica. Nelle immagini sopra, ad esempio, si cambia la forma ma non il volume. Il sistema si riarrangia producendo fluttuazioni microscopiche del sistema, ma senza fratture. Quando invece la sfera viene gonfiata (figura sotto) si determinano tipiche fratture determinate dai difetti del cristallo.

Simulazioni di un cristallo colloidale su di una superficie sferica. Cambiando la forma e il volume della superficie il cristallo si deforma e si frattura. Paper PNAS.

Anche il grafene, noto per le sue caratteristiche di resistenza, può rompersi per la presenza di difetti nella sua "tessitura" atomica. Nelle immagini riportate qui sotto, ad esempio, le lacerazioni sono dovute alla mancanza di alcuni atomi (si vedano i buchi) nel foglio a singolo strato atomico di grafene. Le simulazioni consentono di seguire l'evoluzione di queste rotture e i fenomeni di deformazione che le accompagnano, arrivando a leggi che descrivono la probabilità di frattura a certe condizioni di temperatura o deformazione.

Simulazioni di dinamica molecolare della frattura di un foglio di grafene. Paper Physical Review Applied.

Simulazioni di dinamica molecolare della frattura di un foglio di grafene. Paper Physical Review Applied.

Il grafene può essere utilizzato anche come conduttore, e a questo scopo il foglio viene sospeso sopra due elettrodi. Nell'immagine qui sotto si osserva come, al mutare della temperatura, il foglio aderisca alle pareti degli elettrodi formando come un avvallamento e cambiando di conseguenza le sue proprietà di sensore elettromeccanico. In questo caso la simulazione si ottiene integrando il moto degli atomi che costituiscono il foglio.

Simulazione di una rete di grafene sospesa a diverse temperature. Paper Nano Letters.

Lo studio SIZEFFECT studia anche materiali utilizzati a scopo medico, come il collagene, un componente importante dei tessuti. Questa parte del progetto è stata sviluppata insieme a Caterina La Porta, del Centro della Complessità e dei Biosistemi. Nella immagine riportata qui sotto viene simulata una rete che riporta le proprietà di deformazione e frattura di questo materiale.

Simulazione della deformazione di una rete di collagene. Paper Journal of the Mechanical Behavior of Biomedical Materials.

Cosa succede a una graffetta o a una barra di metallo quando la sottoponiamo a una deformazione irreversibile (immagine qui sotto)? Ciò che vediamo è ben diverso da ciò che accade a livello atomico: il metallo, infatti, presenta tipiche dislocazioni topologiche del suo campo elastico  che mutano durante la deformazione e che corrispondono a errori nella struttura periodica del materiale.

"In questo caso non ci troviamo di fronte a una 'vacanza' di atomi come nel caso visto prima del foglio di grafene" spiega Zapperi, "bensì a una 'vacanza' ricucita, a una sorta di adattamento in risposta alla deformazione. È come se noi tagliassimo via una fetta a una torta di gomma, e che questa si ricomponesse in corrispondenza della fetta mancante". Si forma in questo punto una specie di cicatrice che diminuisce la resistenza del metallo.

"Vedere" con opportune simulazioni il mutare del comportamento dei metalli a piccola scala consente di elaborare leggi che un domani potrebbero tornare utili anche agli ingegneri nel calcolare i fattori di sicurezza in ogni genere di costruzioni.

Una configurazione assunta delle dislocazioni in un cristallo simulata con un modello di dinamica molecolare. Paper Physical Review B.

Anche studi apparentemente molto lontani dalla nostra esperienza quotidiana possono avere importanti risvolti pratici. Il bello dei progetti ERC in fondo sta anche in questo: dare l'opportunità a menti brillanti e appassionate di condurre per un ragionevole numero di anni ricerche di base in totale libertà, nella speranza che facciano fiorire nuove idee e talvolta applicazioni inaspettate.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Discovered a New Carbon-Carbon Chemical Bond

A group of researchers from Hokkaido University has provided the first experimental evidence of the existence of a new type of chemical bond: the single-electron covalent bond, theorized by Linus Pauling in 1931 but never verified until now. Using derivatives of hexaarylethane (HPE), the scientists were able to stabilize this unusual bond between two carbon atoms and study it with spectroscopic techniques and X-ray diffraction. This discovery opens new perspectives in understanding bond chemistry and could lead to the development of new materials with innovative applications.

In the cover image: study of the sigma bond with X-ray diffraction. Credits: Yusuke Ishigaki

After nearly a year of review, on September 25, a study was published in Nature that has sparked a lot of discussion, especially among chemists. A group of researchers from Hokkaido University synthesized a molecule that experimentally demonstrated the existence of a new type of chemical bond, something that does not happen very often.