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Il gene editing e il futuro dell’umanità

Tempo di lettura: 9 mins

Quando la CRISPR/Cas9, più nota come tecnica che consente il “gene editing”, avrà dimostrato ogni oltre ragionevole dubbio di essere efficace e sicura, agli scienziati e ai medici dovrebbe essere consentito di modificare embrioni umani destinati a essere impiantati in utero e ad avere una normale gestazione per curare malattie che non hanno alcun altro trattamento come la fibrosi cistica o l’anemia falciforme.

Sono queste le proposte più “eticamente sensibili” contenute nel rapporto Human Genome Editing: Science, Ethics, and Governance pubblicato lo scorso 14 febbraio dalle US National Academies of Science, Engineering and Medicine. Un testo di 261 pagine che giunge a conclusione di una riflessione approfondita iniziata nel dicembre 2015 con un summit, organizzato a Washington dalle National Academies, cui avevano partecipato esperti (scienziati, bioeticisti, giuristi) ma anche rappresentanti dei malati (stakeholders) provenienti da tutto il mondo. Una sorta di vertice mondiale sul “gene editing”.

Il compianto Ralph Cicerone in quel dicembre 2015 chiuse l’ “International Summit on Human Gene Editing” sostenendo che: “siamo in un momento importante nella storia dell’umanità e noi scienziati abbiamo la responsabilità di fornire alla società le informazioni di cui ha bisogno per regolare l’uso del gene editing”.

Ralph Cicerone, morto il mese dopo aver pronunciato queste parole, si interessava di fisica e di chimica dell’atmosfera. Non era esattamente un esperto di ingegneria genetica. Ma al summit parlava in qualità di presidente della National Academy of Sciences (NAS) degli Stati Uniti d’America. Dunque la sua era la dichiarazione ufficiale da parte della più importante accademia scientifica del mondo su un tema, la possibilità di “riscrivere il genoma” (il gene editing), diventato di impellente attualità – tanto da imporre la convocazione, appunto, nella capitale americana di un vertice organizzato in maniera congiunta dalla stessa NAS, oltre che dall’inglese Royal Society e dalla cinese Accademia delle Scienze – dopo le recenti performance ottenute con la tecnica nota ai biologi come CRISPR/Cas9.

Una tecnica "economica, veloce e facile da usare"

No, non lasciatevi (non lasciamoci) ingannare dall’acronimo impronunciabile. Né dalla giovane età, meno di cinque anni, della CRISPR/Cas9, scoperta nel 2012 da Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentier della University of California di Berkely, come strumento molecolare di difesa dei batteri dalle aggressioni di virus e altro materiale gentio "alieno" potenzialmente pericoloso. Si tratta di sequenze geniche che si ripetono, le Clustered Regularly Interspaced Palindromic Repeats (CRISPR) con associati i geni cas (CRISPR associated, appunto) che codificano per enzimi capaci di tagliare il DNA nei punti giusti, eliminare le sequenze indesiderate e sostituirle con quelle volute. Le osservazioni delle due biologhe sono seguite a qualche mese di distanza da una pubblicazione del 2013 firmata da Feng Zhang del Broad Institute, che oltre a spiegare il meccanismo di rammendo generico reso possibile dalla nuova tecnica, riesce a dimostrarne l'applicabilità su cellule murine e umane (per approfondire leggi qui). Entrambi i gruppi fanno richiesta di brevettare la tecnica dando luogo a una feroce disputa che si è da poco conclusa con il riconoscimento della legittimità del brevetto del Broad Insititute, riconosciuto come distinto da quello presentato dall'Università della California (per approfondire leggi qui).

La tecnica ha mostrato fin da subito di possedere le caratteristiche per sgominare tutte le altre, produrre l’ennesima rivoluzione in biologia e in medicina, dalle biotecnologie alla terapia genica e segnare così un “momento importante nella storia dell’umanità”. Per un motivo molto semplice: perché è una tecnica, come ha rilevato qualche tempo fa la rivista Nature, economica, veloce e facile da usare. Alla portata, dicevano a Washington, tra l’allarmato e il soddisfatto, anche di “biologi dilettanti”.

Una tecnica economica, veloce e facile da usare che promette tanto si è ritrovata immediatamente al centro di discussioni approfondite e anche di polemiche al calor bianco che hanno consigliato le più influenti accademie scientifiche del mondo di convocare un summit mondiale del gene editing. Perché, come ha scritto The Economist, la più influente rivista economica al mondo, la tecnica CRISPR/Cas9 promette e insieme minaccia di “editing humanity”: di riscrivere l’uomo modificando a piacere il suo DNA.

Diciamo subito che non si tratta della “tecnica definitiva” del gene editing. Molti ricercatori confidano, infatti, di trovare sistemi analoghi, ma più evoluti, anche in organismi superiori. Tuttavia è già tanto. Perché questo “taglia e cuci” può essere utilizzato proprio come fanno i batteri: per espellere con grande precisione ed efficacia e a basso costo i tratti di DNA deteriorati, malati o comunque indesiderati, e sostituirli con tratti integri, sani o comunque desiderati. Di qualsivoglia organismo. La tecnica funziona bene su piante, topi e cellule umane adulte. Bello, no?

L'esperimento cinese

Certo, tutto sembrava molto bello fino a quando, il 16 marzo 2015, un genetista cinese, Junjiu Huang, in forze all’università Sun Yat-sen di Guangzhou, con un gruppo di quindici collaboratori ha reso noto di aver utilizzato la tecnica CRISPR/Cas9 su embrioni umani per verificare se funziona come terapia genica di una malattia nota e diffusa: la beta-talassemia. In pratica Huang e i suoi hanno utilizzato 86 zigoti nel tentativo di eliminare le mutazioni del gene HBB che causano la malattia o l’intero gene mutante. L’obiettivo dichiarato: curare fin dall’inizio, nella linea germinale, la grave patologia.

L’articolo con cui Huang e i suoi collaboratori rendevano noti i risultati della loro ricerca è stato rifiutato dalle riviste più prestigiose, come Nature e Science: la comunità scientifica internazionale, hanno spiegato i direttori delle due riviste, considera sbagliato e in ogni caso prematuro correggere i difetti genetici nelle linee germinali, perché ogni eventuale errore si trasmette di genitore in figlio. Il rifiuto non ha scoraggiato Huang che si è rivolto a una rivista cinese, la Protein & Cell. Risultato: la rivista ha impiegato due soli giorni per pubblicare l’articolo.

Rendendo così noti al mondo i risultati della ricerca. Che non si sono rivelati particolarmente brillanti: degli 86 embrioni utilizzati, infatti, ben 15 non sono sopravvissuti; mentre solo su 28 le mutazioni indesiderate del gene HBB sono state eliminate e solo in 4 zigoti il gruppo cinese è riuscito a sostituire l’intero gene HBB. Non basta: CRISPR/Cas9 ha tagliato e cucito in una quantità di luoghi diversi dal gene HBB in maniera del tutto indesiderata e potenzialmente molto dannosa.

La richiesta di moratoria sull'uso con le cellule germinali

Insomma, l’esperienza di Huang non è stata solo eticamente discutibile, è stata anche un insuccesso tecnico. Ed è per entrambi i motivi che ha suscitato veementi reazioni. Compresa una richiesta di moratoria sull’uso in medicina della CRISPR/Cas9 firmata, tra gli altri, da David Baltimore, premio Nobel e già presidente dell’AAAS, l’Associazione Americana per l’Avanzamento delle Scienze: la più grande società scientifica al mondo, editrice, tra l’altro, della rivista Science.

Una richiesta, quella della moratoria sulle applicazioni di una nuova pratica, per molti versi analoga a quella avanzata nel 1974 ad Asilomar, dopo la messa a punto da parte di Paul Berg della tecnica del “DNA ricombinante” che ha dato avvio alla stagione, ancora attuale, della “ingegneria genetica”.

Ancora una volta, dunque, ci troviamo di fronte a un bivio sulla strada dell’innovazione tecnica e scientifica. Questa volta il bivio, si sono detti Baltimore e Cicerone, è tra i più importanti nella storia dell’umanità. Proprio perché la CRISPR/Cas9 è così economica, veloce e facile da usare da consentire di riscrivere a piacimento il DNA dell’intero mondo vivente: batteri, piante e animali, non umani e uomini. La CRISPR/Cas9 che sta dando avvio alla stagione dell’“editing genetico” è potenzialmente in grado di debellare, tra l’altro, odiose malattie a base genetica e rendere finalmente fattibile la cosiddetta terapia genica. E tuttavia, come sempre, l’innovazione non è esente da rischi. E non solo perché (Huang insegna) c’è ancora molto da imparare per renderla docile e precisa, ma anche, e soprattutto, perché (Huang, ancora una volta, insegna) è possibile applicarla alla linea germinale e rendere ereditario un eventuale effetto indesiderato.

Una moratoria impossibile

Come far prevalere i benefici e minimizzare i rischi? La linea di David Baltimore – una moratoria sull’uso della tecnica simile a quella decretata ad Asilomar nel 1974 dai genetisti sulla tecnica del DNA ricombinante (anche lì era presente Baltimore) – non è passata nel summit di Washington del dicembre 2015.

La moratoria non è proponibile, ha convenuto anche il premio Nobel e presidente dell’AAAS, anche perché nessuno sarebbe in grado di farla rispettare in un mondo scientifico che si è notevolmente allargato – sia in termini geografici sia per enorme aumento di iniziative private – rispetto agli anni ’70 del secolo scorso. Cosicché, nel suo documento finale, l’“International Summit on Human Gene Editing” di Washington si limitò ad auspicare che i ricercatori di tutto il mondo si autoregolino ed evitino, almeno per ora, di impiantare in utero eventuali embrioni “editati”, in grado di trasmettere alle generazioni future eventuali effetti indesiderati. È da considerarsi irresponsabile procedere con l’impianto in utero di embrioni sottoposti al gene editing almeno fino a quando non saranno risolti i problemi di sicurezza e non si saranno valutati appieno i rischi. Ma anche fino a quando non si saranno valutate tutte le opportunità e non si sarà raggiunto un consenso sociale sufficientemente ampio intorno a questa tecnica.

Di qui l’importanza dell’invito di Ralph Cicerone ai colleghi scienziati affinché si assumano “la responsabilità di fornire alla società le informazioni di cui ha bisogno per regolare l’uso delle gene editing”. E decidere con cognizione di causa quale strada scegliere a questo bivio così “importante nella storia dell’umanità”.

Nel quadro dell’approfondimento caldeggiato dal summit di Washington del 2015 ci fu l’indicazione per l’elaborazione del rapporto che ha visto la luce, poco più di un anno dopo: il 14 febbraio 2017.

Per un gene editing "efficace e sicuro"

Lo Human Genome Editing: Science, Ethics, and Governance prende in esame sia gli sviluppi scientifici e tecnici della CRISPR/Cas 9 sia le norme e leggi che, attualmente, la regolano nei vari paesi. Approfondisce i temi del suo uso su cellule somatiche e su cellule germinali. E, infine, propone la differenza tra terapia e “miglioramento genetico”. Proponendo di risolverlo in questo modo.

Il “gene editing” deve dimostrare di essere efficace e sicuro. Ma pochi hanno dubbi che la tecnica lo farà, entro breve tempo. A quel punto sarà possibile l’uso per terapia genica sulle cellule somatiche. Mentre si dovrà intervenire sulle cellule germinali accettando il rischio della trasmissione di eventuali caratteri genetici indesiderabili a future generazioni, solo in caso di gravi malattie – come, appunto, la fibrosi cistica o l’anemia falciforme. È invece da evitare ogni uso del “gene editing” per migliorare le prestazioni delle persone: come aumentare le capacità cognitive o le performance fisiche.

La proposta è equilibrata. E costituisce una buona base di discussione. Che a questo punto – anche nella nostra distratta Italia – deve essere allargata all’intera popolazione. Perché in discussione è, come diceva Ralph Cicerone, il futuro dell’umanità. Un futuro in cui le opportunità sembrano di gran lunga prevalere sui rischi. Ma che deve essere costruito con saggezza e, insieme, partecipazione.

 

Errata corrige 25/02/2017: Il paragrafo intitolato "Una tecnica 'economica, veloce e facile da usare'" conteneva un errore di attribuzione della tecnica CRISPR/Cas9, ora corretto. E' nostra cura correggere gli errori il più rapidamente possibile. I lettori possono segnalarli scrivendo a: [email protected]

 

 


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