fbpx SESAME: un sincrotrone per la pace in Medio Oriente | Science in the net

SESAME: un sincrotrone per la pace in Medio Oriente

Tempo di lettura: 7 mins

E' stato inaugurato il 16 maggio ad Allan, in Giordania, il Synchrotron-light for Experimental Science and Applications in the Middle East – SESAME, appunto – e così si è realizzato uno dei sogni di quello straordinario visionario che era il pakistano Abdus Salam, primo e unico premio Nobel per la fisica di origine islamica e fondatore a Trieste dell’International Center for Theoretical Physics (l’ICTP).

Nella cittadina a nord di Amman, quasi ai confini con la Siria, si è accesa, ufficialmente, una luce. Autentica. Reale. Perché quella di SESAME è una luce reale: generata da una macchina, il sincrotrone, a uso della scienza sperimentale e delle applicazioni a beneficio dell’intero Medio Oriente.

Una luce per il Medio Oriente

Ma quella di SESAME è anche una luce in senso metaforico. Non meno speciale e forse persino più importante di quella reale, perché è la luce della speranza di pace in un luogo, il Medio Oriente, che ne ha estremo bisogno. Perché, lì ad Allan, lavorano fianco a fianco e in perfetto accordo scienziati e tecnici di paesi che in genere si guardano in cagnesco: israeliani, palestinesi, iraniani, oltre che gente, tutta altamente qualificata, di Cipro, dell’Egitto, del Pakistan, della Turchia e ovviamente del paese ospite, la Giordania.

Direttore scientifico di SESAME è l’italiano Giorgio Paolucci. Che ama dire che la luce di sincrotrone accesa ad Allen è una grossa lampadina. Una lampadina da 20 milioni di euro. Un congegno che produce luce, ma con una fisica un po’ diversa da quella dei sottili fili di metallo che diventano incandescenti e producono radiazione nel visibile (luce, appunto) quando sono attraversati da una corrente di elettroni. SESAME non è un piccolo filo incandescente, ma una grossa ciambella di 133 metri di circonferenza, sotto vuoto spinto, in cui gli elettroni vengono accelerati e portati a grandissima velocità. Spinti da intensi campi di forza (elettromagnetica), gli elettroni fuggirebbero via in linea retta se potenti magneti non imponessero loro di curvare, per seguire il toro della ciambella. E costretti a curvare a gran velocità – un po’ come fanno le ruote delle nostre automobili – gli elettroni stridono. Ma invece di emettere onde sonore, emettono onde elettromagnetiche alla lunghezza d’onda (anche) del visibile. In altre parole, (anche) luce. Ecco perché la loro si chiama luce di sincrotrone.

Le quattro linee del sincrotrone di Allan

In realtà quello di Allan, come tutti i sincrotroni, emette onde elettromagnetiche di diversa energia: dai raggi X ai raggi ultravioletti fino alla luce propriamente detta. Tutte queste radiazioni hanno caratteristiche tali da trovare impiego tanto nelle scienze sperimentali quanto nella produzione di tecnologie le più diverse: chimica dei materiali, biologia, medicina, studio dei beni culturali. Insomma quella realizzata con un sincrotrone è una lampadina piuttosto versatile e molto utile. Per questo ne sono state costruite molte in giro per il mondo. In Italia, come abbiamo detto, ne abbiamo una, molto avanzata, nell’Area Science Park di Trieste, che è stata voluta da Budinich e Salam, e a lungo diretta da Carlo Rubbia, e dove si è fatto le ossa anche Giorgio Paolucci.

SESAME è l’unica sorgente di “luce di sincrotrone” in Medio Oriente. Ed è competitiva in assoluto: perché è una macchina cosiddetta di terza generazione che, tradotto nel linguaggio comune, significa di tipo avanzato. Con un ritardo di qualche mese sui tempi previsti, sono oggi diventate operative due “linee di luce” sulle sette previste per la prima fase di lavoro della macchina.

La prima linea è nella frequenza dei raggi X e sarà impiegata per studi di base nel settore della scienza dei materiali, così come in applicazioni sia nel settore dei materiali avanzati sia nel settore delle scienze e delle applicazioni ambientali.

La seconda linea inaugurata è nella frequenza della radiazione infrarossa (spettro microscopia infrarossa, dicono i tecnici) per applicazione nei settori della biologia molecolare, delle scienze ambientali, dell’archeologia.

Presto ci saranno una terza linea, specifica per la scienza dei materiali, e una quarta “linea di luce” di cristallografia macromolecolare, che opererà a vantaggio degli scienziati e dei tecnologi che si occupano di biologia strutturale.

Ma, se l’aspetto scientifico e tecnologico di SESAME è interessante, non sfugge a nessuno che ad Allan si sta realizzando qualcosa di ancora più importante. Persone di cultura e religione diverse (musulmana, ebraica, cristiana), provenienti da paesi che sono considerati e si considerano nemici, lavorano non solo insieme: ma per un progetto comune, che va a beneficio di tutti. Nell’intero Medio Oriente non c’è nulla di simile. E SESAME è preziosa proprio perché rappresenta la pratica dimostrazione che quella del confronto militare non è l’unica opzione possibile in quell’area. E che lavorare insieme in pace è non solo desiderabile, ma anche possibile. SESAME è, appunto, una luce di concreta speranza. Un faro.

SESAME parla anche italiano

Ebbene, ad Allan si parla anche italiano. E non solo perché il direttore scientifico, Giorgio Paolucci, è un italiano che si è laureato a Roma, prima di trasferirsi a Trieste per lavorare a Elettra, il sincrotrone ospitato nella città giuliana. Ma anche perché l’iniziativa è sponsorizzata dall’Italia, paese osservatore tra i più generosi, e seguita da vicino dal nostro Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). In terzo luogo perché l’idea di realizzare SESAME è nata, all’incirca venti anni fa, proprio a Trieste, nella mente di Abdus Salam, un pakistano che è stato il primo e finora l’unico scienziato di origine islamica ad aver vinto il Nobel per la fisica.

Abdus Salam è arrivato in Italia, su richiesta del triestino Paolo Budinich, all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso, prima di ricevere il Nobel, per fondare e dirigere nella città giuliana il Centro Internazionale di Fisica Teorica (ICTP) con l’intento di formare al più alto livello nella fisica più astratta i giovani più promettenti dei paesi in via di sviluppo. L’ICTP è il primo centro di formazione e ricerca al mondo su cui ha garrito (e garrisce ancora) la bandiera delle Nazioni Unite.

Abdus Salam, con Paolo Budinich, ha promosso a Trieste la realizzazione di altri centri in altri settori scientifici, come l’ICGEB (il Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologie) che ha sede anche a New Delhi in India e a Cape Town in Sud Africa, sotto l’insegna delle Nazioni Unite (in particolare dell’UNESCO, che è dietro anche SESAME). Tra le iniziative promosse da Salam e Budinich c’è stata quella dell’Area Science Park di Trieste che ospita tra l’altro Elettra, la macchina italiana che produce “luce di sincrotrone”.

La fisica per la pace

Di qui la proposta di Abdus Salam, nel solco della “fisica per la pace”: costruiamo una macchina simile in Medio Oriente e chiamiamo intorno a essa scienziati e tecnici di tutti i paesi del Medio Oriente che lavorino a un progetto comune per lo sviluppo del Medio Oriente. La proposta è particolarmente ambiziosa, proprio perché in quell’area non esiste nessun progetto in comune e, anzi, esistono molti fronti di guerra latente e, spesso, conclamata. E tuttavia la scommessa viene accettata. Nel 1999 il Consiglio dell’UNESCO la approva in via definitiva. Salam è ormai morto da tre anni, ma il testimone viene preso da molti altri fisici. La Germania mette a disposizione un acceleratore di particelle. Altri paesi, come l’Italia, mettono a disposizione risorse, come si dice, finanziarie e umane.

Ora il sogno di Salam si è realizzato. Non sono mancati gli ostacoli, compresa la nevicata – del tutto eccezionale per la Giordania – del 14 dicembre 2014 che ha fatto crollare il tetto dell’edifico che ospita il sincrotrone. In breve, il tetto è stato ricostruito e, per prudenza, gli è stata data una pendenza “alpina” in modo che possa resistere alla prossima nevicata, se e quando ci sarà. Ma gli ostacoli principali hanno riguardato (e riguardano tuttora) il reperimento dei fondi: il progetto ha bisogno, in totale, di 110 milioni di euro. Non sono molti, ma neanche pochissimi. Ma ora tutto è risolto. Ad Allan la “luce di sincrotrone” si è accesa. Quella fisica. Perché quella simbolica era già attiva. SESAME è così diventata per il Medio Oriente quello che il CERN di Ginevra è stato per l’Europa dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale: la prima occasione e il primo luogo in cui gente, proveniente da paesi che si erano a lungo fronteggiati in guerre sanguinose, si è messa insieme per costruire un comune futuro di pace.

 

SaveSave


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Is 1.5 degrees still a realistic goal?

Photo: Simon Stiell, Executive Secretary di UNFCCC (Source: UNclimatechange, CC BY-NC-SA 2.0 DEED)

Keep 1.5 within reach, "keep the 1.5 degrees within reach." This was the slogan with which COP28 opened, the United Nations conference on climate change that just concluded in Dubai. The feasibility of this goal, however, now seems more uncertain than ever, even though many considered this aim too ambitious from the outset.