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Il tabacco vince ancora

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L'edizione di quest'anno del World No Tobacco Day dell'Organizzazione Mondiale della Sanità ha scelto di focalizzare l'attenzione sulle conseguenze in termini di aumento della povertà, dovuto alla crescita dei profitti delle multinazionali del tabacco a scapito dei paesi più poveri. Il messaggio principale di quest'anno è infatti "Tobacco – a threat to development” (Tabacco: una minaccia per lo sviluppo). La prospettiva a lungo termine dell'OMS è ovviamente ottimista: “Immagina una regione europea dell'OMS in cui il tabacco sia una cosa appartenente al passato, una regione libera da morbilità, mortalità e dipendenza dal tabacco” si legge nella home page del sito - Questa visione è realizzabile.” Realizzabile o meno, certo non siamo ancora a buon punto.

L’esposizione al consumo di tabacco, per quanto complessivamente in riduzione soprattutto grazie alle misure di contrasto al fumo avviate dalla Convenzione Quadro per il Controllo del Tabacco dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO Framework Convention on Tobacco Control, FCTC), resta uno dei fattori di rischio modificabili con il maggiore impatto sulla salute in tutto il mondo. Il Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study (GBD) ne offre fotografie affidabili sia panoramiche sia a campo ristretto, in grado di orientare le politiche sanitarie a livello mondiale, nazionale o regionale. La recente indagine pubblicata su Lancet ha ricostruito la diffusione globale dell’abitudine al fumo e analizzato 38 fattori di rischio e i relativi esiti di salute.

Al momento nel mondo fuma il 25% degli uomini e il 5,4% delle donne (tassi standardizzati per età), con una riduzione del 28,4% e del 34,4%, rispettivamente, dall’anno in cui è iniziata la raccolta dei dati del GBD (1990). Tra gli uomini il calo è un dato abbastanza omogeneo, mentre tra le donne l’andamento è influenzato dal livello socio-demografico con prevalenze più elevate nelle realtà più avanzate. Il declino più marcato si è osservato nel periodo 1990-2005, per poi rallentare o arrestarsi, ad eccezione di 4 Paesi in controtendenza.

E’ fumo-correlata l’11,5% della mortalità globale. Si tratta in assoluto di 6,4 milioni di decessi, per più della metà concentrati in 4 grandi nazioni (Cina, India, Stati e Russia). In 109 Paesi il fumo si colloca tra i primi 5 fattori di rischio con maggiore impatto sull’attesa di vita corretta per disabilità (Disability-Adjusted Life-Years, DALYs). Nei Paesi con SDI basso o medio, la prevalenza del fumo risulta in relazione diretta con l’aumento della popolazione e il suo invecchiamento.

Quale il contributo dei dati GBD sul fumo alle politiche sanitarie? Mettere in guardia sulla decelerazione alla discesa dei tassi che richiama la necessità di intensificare gli sforzi per il contrasto al fumo specialmente tra le donne e nei Paesi con livello socio-economici medio-basso.

La situazione in Italia

Secondo l'indagine PASSI 2008-2015 nel nostro paese oggi una persona su 4 è fumatrice (il 26%, il 31% degli uomini e il 22% delle donne), e il 17,9% è ex-fumatore, con un gradiente nord sud notevole. Fuma 1 persona su 3 fra i 18 e i 34 anni e il 28% dei 35-49 enni, con una media di 12 sigarette al giorno. Una buona notizia c'è: dal 2008 al 2015 il numero di fumatori è sceso di oltre 3 punti in percentuale, anche se questa riduzione interessa in particolar modo le classi sociali più agiate e meno le persone economicamente più svantaggiate, fra le quali è più alta la quota di fumatori, segno che sembra si vada ampliando la forbice delle disuguaglianze sociali nel fumo. Secondo i dati GBD, in Italia fuma il 23,2% dei maschi e il 17,1% delle donne. Il tasso di riduzione dal 1990 al 2015 è rispettivamente dello 0,9% e dell’1,1%, in questo caso però più lento nei primi 15 anni di osservazione e più rapido successivamente. 

 

 

A che punto siamo con il Tobacco Control?

Da 10 anni esiste la WHO Framework Convention on Tobacco Control (WHO FCTC), un accordo sovranazionale che mira a "proteggere le generazioni attuali e future dalle conseguenze sanitarie, sociali, ambientali ed economiche dovute al consumo di tabacco e all'esposizione al fumo passivo", adottando una serie di norme universali che indichino i pericoli del tabacco e limitino il suo utilizzo in tutto il mondo. Con quali risultati?

Uno studio su Lancet traccia il bilancio a distanza di un decennio sulla base di dati OMS relativi a 126 Paesi dove, tra il 2007 e il 2014, sono state implementate le 5 misure “chiave” indicate nella Convenzione per prevenire e ridurre l’uso del tabacco: misure finanziarie e fiscali (art. 6), protezione contro l’esposizione al fumo del tabacco (art. 8), confezionamento ed etichettatura dei prodotti del tabacco (art. 11), pubblicità, promozione e sponsorizzazione (art. 13), misure tendenti a ridurre la domanda in rapporto alla dipendenza dal tabacco e alla disintossicazione dal tabacco (art. 14).

Emerge una significativa associazione tra il procedere dell’applicazione di queste misure e il ridursi della prevalenza dell’abitudine al fumo (riduzione assoluta del 2,5%, dal 24,7 nel 2005 al 22,2% del 2015).

Nonostante la provata efficacia, l’applicazione delle misure è lenta. Per esempio nel 2014, solo un quinto dei Paesi aveva attuato adeguate misure fiscali (aumento della tassazione e di conseguenza del prezzo per il consumatore) e solo il 28% aveva adottato normative a favore di ambienti smoke free. Attuando ciascuna misura al massimo livello possibile si otterrebbe una riduzione assoluta di circa un punto percentuale, dopo correzione per la variabilità geografica, la situazione socio-economica e l’appartenenza al FCTC.

Già la serie “Tobacco-free world” pubblicata su The Lancet il 13 marzo 2015 aveva segnalato il ritardo nell’implementazione delle misure del FCTC. In particolare, un’analisi dei ricercatori dell’Università di Auckland aveva sottolineato che solo il 15% della popolazione mondiale ha effettivamente accesso a programmi per la cessazione del fumo e che meno del 10% è “protetto” da provvedimenti di tassazione dei prodotti del tabacco adeguatamente deterrenti, a fronte di una stima ancora drammatica di decessi fumo-correlati (50 milioni).

Un’indagine coordinata dall’Università di Tokyo è stata ancora più pessimistica. Ha assunto che, nell’ambito di una riduzione complessiva del tasso di fumatori nel mondo, alcuni Paesi dell’Africa e del Medio Oriente si muovono e si muoveranno in controtendenza e ha tenuto conto dell’incremento demografico in atto, giungendo a stime di un miliardo di decessi fumo-correlati entro il 2025.

Italia a rilento nella lotta al tabacco

Limitandosi alla regione europea dell'OMS, su 53 paesi, 50 hanno rafiticato il trattato, 29 hanno aumentato le tassazioni sui prodotti a base di tabacco, 10 su 53 hanno introdotto leggi sulla limitazione del fumo nei luoghi pubblici, 8 hanno offerto programmi per smettere di fumare, 4 hanno eliminato la pubblicità dai media e solo 3 su 53 hanno richiesto l'apposizione di specifici avvertimenti con immagini sul packaging. L’Italia che nel periodo di interesse è intervenuta su una sola misura di contrasto al fumo (incremento delle tassazione) ha ottenuto una riduzione assoluta della prevalenza del 2,2%, passata dal 24,4 del 2005 al 22,2 del 2015.

Tornando all sondaggio PASSI, solo alla metà dei fumatori intervistati è stato espressamente consigliato dal proprio medico o da un qualche operatore sanitario di smettere di fumare, e solo al 38% dei fumatori è mai stato chiesto espressamente “lei fuma?”.

A cercarlo però un lato positivo c'è: i più giovani sono quelli che fumano di più, ma sono anche quelli che tentano maggiormente di smettere, anche se in pochi ce la fanno. In generale va detto che le persone che tentano di smettere di fumare non sono numericamente trascurabili: il 37% di essi ha tentato di smettere di fumare nei 12 mesi precedenti l'intervista, restando almeno un giorno senza fumare, ma solo l'8,5% di essi ci è riuscito, cioè non fuma da almeno sei mesi. Tuttavia si tenta sempre meno, stando alle serie storiche degli ultimi 10 anni, a cui si aggiunge il gradiente geografico: al sud si tenta di smettere molto meno. In Abruzzo, Basilicata, Calabria e Campania ha provato a smettere di fumare il 30% dei fumatori, mentre in Veneto, Trentino-Alto Adige ed Emilia Romagna si supera il 40%.

Inoltre, avere regole non significa rispettarle, specie in merito al fumo passivo. Nel 10% dei casi analizzati da PASSI il divieto di fumare nei luoghi pubblici non viene rispettato, con picchi di oltre il 20% in Calabria e Campania. Lo stesso vale sul luogo di lavoro: nell'8% dei casi il divieto non è rispettato. In casa poi la situazione è ancora meno sotto controllo, dal momento che nonostante la letteratura scientifica sull'impatto dannoso dell'indoor air pollution – che comprende anche il fumo di sigaretta – solo 8 famiglie su 10 di prassi hanno l'abitudine di non fumare fra le mura domestiche. L'86% delle famiglie con figli minori.

Fumo, economia globale e disuguaglianza

Nonostante gli sforzi, di tabacco muoiono ancora 6,5 milioni di persone all'anno, che secondo l'OMS potrebbero diventare 8 milioni nel 2030. E l'80% di queste morti – appunto – colpisce i paesi più poveri. Il fumo costa enormemente alle economie nazionali in termini di un aumento dei costi sanitari e di una diminuzione della produttività. Peggiora le disuguaglianze sanitarie e aggrava la povertà, dal momento che le persone più povere finiscono per avere meno risorse da spendere per cibo, educazione e assistenza sanitaria. Inoltre la produzione di tabacco – cresciuto di 100 volte in un secolo - richiede grandi quantità di pesticidi e fertilizzanti e incide sui livelli di deforestazione: ogni anno, la coltivazione del tabacco utilizza 4,3 milioni di ettari di terreno, con una conseguente deforestazione globale tra il 2% e il 4%.

Come già emerso dai dati del GBD, l’esposizione al fumo sostiene una buona quota delle disuguaglianze di salute e di mortalità nel mondo. Altri dati in merito sono stati pubblicati sulle pagine di Tobacco Control dai ricercatori dell’Università di Rotterdam, coordinati da Johan Makenbach, che hanno confrontato l’impatto della situazione socio-economica sulla mortalità fumo-correlata (generale e per cancro del polmone) in 14 Paesi europei. Nel quinquennio 2000-2004, la mortalità fumo-correlata è risultata più alta tra le fasce svantaggiate della popolazione in tutti i Paesi considerati e per entrambi i generi, fatta eccezione per le donne di Spagna, Italia e Slovenia. Il peso del fumo sulle diseguaglianze di salute variava dal 19% al 55% tra gli uomini e tra −1% e 56% tra le donne. Considerando la tendenza del fenomeno, a partire dal quinquennio 1990-1994 si delinea una progressiva riduzione tra gli uomini e un graduale incremento tra le donne.

La sigaretta che non fa male… fa male

Cosa aspettarsi da sigaretta elettronica e sigaretta cosiddetta “a fumo freddo” che utilizza tabacco riscaldato e non combusto (“heat-not-burn”), presentate come alternative alla tradizionale sigaretta a rischio basso o nullo per la salute? Per molto tempo, in assenza di prove, è passato il messaggio della “harm reduction” sostenuto anche da una forte spinta commerciale. Oggi si sa qualcosa di più. Uno studio internazionale che ha visto per l’Italia la partecipazione dei ricercatori dell’Istituto dei Tumori di Milano ha confrontato l’esposizione al fumo passivo da sigaretta elettronica, da sigaretta con tabacco riscaldato e da sigaretta tradizionale in termini di particolato metallico e di composti organici. Le condizioni sperimentali simulavano un ambiente chiuso ventilato artificialmente, frequentato da 2-3 persone e l’analisi dei vapori è stata effettuata ponendo gli strumenti di rilevazione a un paio di metri dal soggetto fumatore in più direzioni dello spazio. La composizione dei vapori emessi è risultata molto variabile. Nella sigaretta con tabacco riscaldato si è osservata una presenza minima di idrocarburi aromatici policiclici, bassa di metalli, significativa ma comunque inferiore a quella rilevata nella sigaretta tradizionale e nella sigaretta elettronica di aldeidi cancerogene. Nelle sigarette elettroniche, si è confermata la presenza di formaldeide ed acetaldeide oltre che di metalli pesanti, già segnalata da altri studi.

Infine, rispetto alla sigaretta tradizionale, quella elettronica emette quantità trascurabili di particolato e catrame, quella “a fumo freddo” concentrazioni di 1-2 ordini di grandezza inferiori.

Lo studio ha il merito di aver riprodotto sperimentalmente la situazione della vita reale e di aver dimostrato che le alternative al fumo emettono comunque, per quanto in quantità ridotte, composti chimici i cui effetti sulla salute a lungo termine non sono stati chiariti in modo definitivo. Va aggiunto che al momento non esiste alcuna normativa che ne disciplini l’uso in ambienti dove il fumo di tabacco tradizionale è già vietato.

Non bisogna inoltre dimenticare il meccanismo di falsa sicurezza associato al fumo alternativo che rappresenta un pericolo rilevante per gli adolescenti favorendo l’iniziazione e tende a instaurare negli adulti, compresi quelli intenzionati in tutta buona fede alla cessazione, l’utilizzo in parallelo di più modalità di fumare, tipicamente il fuma tradizionale all'aria aperta e lo "svapo" nei luoghi chiusi.

Di questo e di altri problemi riguardanti il rapporto fra l'aria che respiriamo e la nostra salute si parlerà a Milano dal 9 al 13 settembre, in occasione dell'ERS International Congress 2017, il Congresso Internazionale organizzato dalla European Respiratory Society, che riunirà esperti provenienti da tutto il mondo, con un copioso programma scientifico ed educativo progettato per soddisfare le esigenze di ricercatori, clinici, medici e professionisti della salute. Inoltre, la campagna 2016-17 denominata Healthy Lungs for Life, lanciata in occasione dello scorso Congresso ERS tenutosi a Londra nel 2016, ha come uno dei due temi portanti proprio la promozione degli incentivi per smettere di fumare.

 

Note

GBD

Il Global Burden of Disease (GBD) rappresenta uno dei più ambiziosi progetti mai mesi in atto per descrivere su scala mondiale, ma con dettaglio nazionale, la distribuzione delle malattie e dei loro fattori di rischio e il loro impatto (burden) in termini di mortalità e disabilità. E’ coordinato dall’Institute for Health Metrics and Evaluation (Ihme) dell’Università di Washington con la collaborazione dell’Organizzazione mondiale della sanità oltre che prestigiosi enti accademici, società scientifiche e fondazioni. La novità del GBD 2015, la terza edizione, è quella di aver utilizzato per la valutazione l’indice socio-demografico (Socio-demographic Index - SDI) e l’indice che riassume gli obiettivi di sviluppo sostenibile collegati alla salute SDG (health-related SDG index) offrendo così una sintesi dello sviluppo socio-economico nazionale a partire da una molteplicità di informazioni non strettamente sanitarie.

FCTC

La Convenzione Quadro per il Controllo del Tabacco dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO Framework Convention on Tobacco Control, FCTC) stabilisce obiettivi e principi giuridicamente vincolanti con lo scopo di proteggere le generazioni presenti e future dalle conseguenze sanitarie, sociali, ambientali ed economiche causate dal consumo di tabacco e dall’esposizione al fumo di tabacco. E’ stata adottata all’unanimità nel 2003 dalla 56a Assemblea Mondiale della Sanità, è stata siglata nel 2004 da 192 Stati membri ed è entrata in vigore il 27 febbraio 2005. Rappresenta la prima convenzione adottata dall’OMS e il primo trattato internazionale per la tutela della salute pubblica. Le disposizioni chiave sono rivolte a interventi che riguardano:

  • industria del tabacco: non deve interferire nella definizione delle politiche per la salute.
  • fumo passivo: le parti attuano misure per tutelare i non fumatori dal fumo passivo nei luoghi pubblici, di lavoro e sui mezzi di trasporto.
  • etichettatura: la superficie del pacchetto deve essere coperta per almeno il 30% da avvertenze per la salute. Sono vietate designazioni come light e mild.
  • pubblicità: orientamento verso il divieto generale di pubblicità, promozione e sponsorizzazione.
  • responsabilità: le aziende che adottano comportamenti reprensibili devono essere perseguite con richieste di risarcimento dei danni.
  • traffico illecito: necessità di negoziati per un protocollo contro il traffico illecito, basato sulla marcatura degli imballaggi, al fine di tracciare l’origine e la destinazione finale.
  • regolamentazione dei prodotti del tabacco: i produttori devono rendere noto ai governi il contenuto dei propri prodotti.
  • tassazione: attuazione di misure fiscali e di prezzo per ridurre il consumo di tabacco.

L’Unione europea ha ratificato la Convenzione e ha adottato una serie di direttive su pubblicità, telepromozioni, sponsorizzazioni, lavorazione, presentazione e vendita dei prodotti del tabacco, distributori automatici, pubblicità indiretta. La FCTC è stata firmata dall’Italia il 16 giugno 2003 e ratificata il 2 luglio 2008; la ratifica è stata autorizzata con la legge n. 75 del 18 marzo 2008 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro dell' Organizzazione Mondiale della Sanità - OMS - per la lotta al tabagismo, fatta a Ginevra il 21 maggio 2003” pubblicata nel supplemento ordinario n.97 alla Gazzetta Ufficiale n. 91 del 17 aprile 2008.

Bibliografia

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Legge 18 marzo 2008 , n. 75. Ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità - OMS - per la lotta al tabagismo, fatta a Ginevra il 21 maggio 2003. G.U. Serie Generale , n. 91 del 17 aprile 2008.

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Gregoraci G, van Lenthe FJ, et al; DEMETRIQ consortium. Contribution of smoking to socioeconomic inequalities in mortality: a study of 14 European countries, 1990-2004. Tob Control 2017;26:260-8.

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