Nei prossimi giorni a Milano ci saranno due eventi importanti che si spera rilancino il dibattito su inquinamento e salute: L'8 settembre verrà lanciata la campagna Healthy Lungs for Life, che informerà la cittadinanza su come preservare la salute dei polmoni, i principali - anche se non unici - organi bersaglio di fumo e inquinamento. Nello stesso periodo si svolgerà il congresso internazionale della European Respiratory Society, con la presenza di 22.000 esperti che presenteranno nuove ricerche di medicina respiratoria, molte delle quali dedicate proprio al legame fra inquinamento dell'aria indoor e outdoor e salute (qui il programma).
E' bene quindi ricordare ancora una volta ai distratti che l’inquinamento dell’aria ambientale da parte di gas (soprattutto ossido d’azoto e ozono) e particolato (il PM10, e soprattutto il famigerato PM2.5), prodotti dall’impiego di combustibili fossili, è la prima causa di morti premature ed evitabili nel mondo intero, particolarmente nelle aree urbane. Lo studio epidemiologico Global Burden of Disease e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno prodotto risultati coincidenti, dimostrando che ben 4 milioni di persone muoiono ogni anno per l’esposizione a questo killer (Lancet 2015;386:2287). L’Europa non è esente dal problema, in particolare in alcune zone infelici dal punto di vista orografico (mancanza di vento) e per alte concentrazioni urbane e industriali: la Pianura Padana, la Slesia in Polonia e altre zone dell’Europa Orientale. Nel 2015 l’Agenzia Europea dell’Ambiente ha dimostrato che l’aria inquinata causa quasi 500.000 morti evitabili ogni anno, di cui 90.000 in Italia. Con questo quadro allarmante, l’Unione Europea ha stabilito nel 2012 i limiti della concentrazione media annuale dei vari inquinanti che non dovrebbero essere superati dai paesi membri (vedi tabella qui sotto).
Tabella 1. Limiti dei principali inquinanti stabiliti dall’attuale normativa dell’Unione Europea e dalle linee guida dell’OMS
Inquinante | Limiti medi annui UE (mcg/mm3) | Limiti medi annui OMS (mcg/mm3) |
---|---|---|
PM10 | 40 | 20 |
PM2.5 | 25 | 10 |
Biossido d'azoto | 40 | 40 |
Ozono | 120 | 100 |
Limiti degli inquinanti alti e non rispettati
Questi limiti, che come vedremo non sono affatto stringenti, sono sforati da circa il 15-20 per cento delle zone urbane Europee. E l’Italia? In questa poco lusinghiera classifica figura purtroppo ai primi posti. Secondo un recente rapporto di Eupolis, ben 16 paesi hanno concentrazioni annuali di particolato PM2.5 inferiori all’Italia: si va dalle più virtuose Svezia e Finlandia all’Austria e Ungheria che ci precedono di poco nella classifica, battiamo solo la Grecia, Polonia e Repubblica Ceca. Se poi si considera la Lombardia (la regione italiana messa peggio), la media annuale di PM2.5 è più alta di ogni paese Europeo (26,3 microgrammi per metro cubo, più della maglia nera detenuta dalla Polonia con 20,6 mcg/mm3). Ci si più sempre consolare rilevando che in molte città della Cina e India (tra cui le capitali Pechino e Delhi) le concentrazioni annuali di particolato superano 100 mcg/mm3!
Il paragone con chi sta peggio non è consolante, se si considera che i limiti dell’Unione Europea, pur ampiamente superati da tante aree urbane (particolarmente in Italia), sono ben lontani dai valori necessari per tutelare la salute. L’OMS, la più importante autorità mondiale per la prevenzione primaria e secondaria delle malattie, raccomanda come soglia concentrazioni medie annuali di PM2.5 di 10 mg/mm3 (e valori corrispondentemente più bassi di quelle Europei per altri inquinanti come PM10, ossido d’azoto e ozono) (vedi tabella 1). Secondo questi criteri più stringenti, circa il 90% della popolazione urbana di molte zone dell’Europa (e dell’Italia in particolare) supera ogni anno la soglia OMS. Che questa soglia sia più idonea per la tutela della salute, lo dimostra l’Agenzia per la Protezione Ambientale (EPA) degli USA. Questo paese, che molto prima dell’Europa ha affrontato il problema dell’inquinamento dell’aria, ha adottato limiti di PM2.5 molto simili a quelli dell’OMS (12 mcg/mm3): almeno finché Donald Trump non avrà realizzato i suoi propositi di depotenziare l’EPA e incentivare il consumo di combustibili fossili, incluso il carbone!
Esistono soglie di sicurezza?
Chi ha ragione? Due recenti studi, condotti negli Stati Uniti e in Belgio, dimostrano che purtroppo non vi è una soglia di sicurezza, ma bensì un rapporto dose-effetto lineare. La famosa scuola di salute pubblica di Harvard ha analizzato l’esposizione a PM2.5 e ozono di nientemeno che 60 milioni di ultrasessantacinquenni di tutto il paese (N Engl J Med 2017;376:2513). Concentrazioni di PM2.5 ben inferiori a quelli della soglia EPA (e molto vicine a quelle OMS) aumentano ancora il rischio di morte prematura del 13,6%. Contemporaneamente il Belgio (un paese che attualmente rispetta i limiti europei quasi ovunque, con valori annuali che sono quasi la metà di quelli della Lombardia) ha dimostrato, nell’ambito di uno studio epidemiologico condotto nella popolazione fiamminga, che concentrazioni di PM2.5 ben inferiori alla soglia dell’Unione causano segni precoci ma inequivocabili di disfunzione cardiaca, con alto rischio di scompenso (Eur J Prevent Cardiol 2017).
In cerca di politiche più coraggiose
Questi risultati sono assai preoccupanti perché dimostrano che anche bassi livelli di inquinanti sono dannosi per la salute. Se valori che noi ci sogniamo non bastano, sorge spontaneo il quesito: è possibile azzerare i livelli? Non è possibile, soprattutto in aree urbane e senza vento come la Pianura Padana e la Slesia in Polonia: nonostante il buontempone che qualche decennio fa proponeva in televisione di spianare il Turchino per permettere al maestrale di entrare nella Pianura Padana e spazzare così via la nebbia e lo smog! Quello che è certo che l’Unione Europea dovrebbe rivedere le soglie stabilite nel 2012, che sono sicuramente molto più inadatte per la tutela della salute di quelle di OMS e EPA. Si eviterebbe così che paesi come il nostro e regioni come la Lombardia si accontentino degli indubbi miglioramenti che, pur registrati negli ultimi 10-20 anni, sono risibili se paragonati agli standard di cui sopra. Dispiace poi che di fronte all'inevitabile emergenza smog che anche quest'anno affliggerà tutte le regioni della Pianura padana si sia voluto rimandare all'ottobre 2018 il blocco degli euro 3 Diesel e altre misure di contenimento delle emissioni che avrebbero potuto fare segnare la differenza nella protezione della salute pubblica già da quet'anno (si veda una sintesi delle misure antismog previste in tutto il bacino padano e le critiche).
C'è chi osa di più. Negli USA, per esempio, gli sforzi fatti per migliorare la qualità dell’aria nel periodo che va dal 1979 al 1999 hanno documentato che al calo delle concentrazioni di PM2.5 vi è stato un aumento dell’aspettativa di vita di circa sette mesi, che ha riguardato 51 aree urbane indipendentemente dalle caratteristiche socioeconomiche e altri fattori che possono influenzare la mortalità. Vale quindi la pena di ridurre l’inquinamento, anche per le implicazioni economiche e i costi di questo fattore di rischio a cui inevitabilmente e involontariamente è esposta tutta la popolazione (Am J Med 2015;128:931).
La piaga del Diesel
Si può agire sul riscaldamento domestico e pubblico, evitando stufe e caminetti e aumentando gli impianti a gas e il teleriscaldamento invece dell’uso del gasolio e persino ancora della nafta. In Cina, il problema così gigantesco di quel paese viene affrontato seriamente: tra l’altro con il progressivo bando delle auto alimentate a Diesel, misura che è già stata annunciata anche se non a brevissimo da città come Londra e Parigi. In Giappone è chiaramente incentivata l’automobile elettrica o ibrida. Recentemente la Volvo svedese ha annunciato che entro qualche anno interromperà la produzione di auto alimentate con combustibili fossili. E noi? A Milano circola ancora una percentuale elevatissima di vetture diesel Euro 2 e 3, che sono altamente inquinanti, né è stata implementata nessuna azione per incentivare la loro sostituzione in tempi ragionevoli. Infine, il risultato quasi plebiscitario del referendum indetto qualche anno fa per estendere l’area C non ha avuto alcuna applicazione!