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6 agosto 1945. E oggi?

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Hiroshima dopo il bombardamento. Versione ritagliata con annotazioni di Paul Tibbets. Credit: US Navy Public Affairs.

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Il ricordo della distruzione atomica di Hiroshima e Nagasaki e della strage dei loro abitanti tocca profondamente l’animo di ciascuno, ma non deve ridursi a una commemorazione di un tragico segno della crudeltà della guerra e dell’inumana potenza distruttrice delle nuove armi. Questo evento deve farci razionalmente esaminare la situazione attuale e i rischi cui gli attuali sistemi nucleari stanno esponendo tutta l’umanità e incalzarci ad azioni per il loro superamento. Stiamo infatti assistendo a una vertiginosa corsa globale al riarmo nucleare in termini qualitativi, con effetti rivoluzionari sul ruolo degli armamenti nucleari nella strategia politica e militare dei paesi con tali armi, in una situazione di aggravata instabilità internazionale.

Tutti i paesi dotati di questi ordigni (Cina, Francia, India, Israele, Pakistan, Regno Unito, Russia, Stati Uniti e ora anche Corea del Nord) sono impegnati nel maggior sviluppo dei loro sistemi nucleari mai visto dagli anni ’80, con investimenti finanziari di migliaia di miliardi di dollari nei prossimi decenni. Attualmente ci sono in cantiere: nuovi missili balistici intercontinentali con base a terra o lanciati da sommergibili, a gittata corta o intermedia, missili cruise per aerei o con basi a terra o su navi, varie classi di vascelli navali, bombardieri strategici e caccia-bombardieri, nuovi tipi di testate multiple per bersagli differenziati e bombe a gravità a guida terminale, nonché nuove fabbriche di armi nucleari e impianti per la produzione di materiale fissile militare.

I piani di sviluppo in corso non riguardano solo specifici strumenti d’arma, ma coinvolgono in modo globale tutta la filiera nucleare inclusi i sistemi di comando e controllo terrestri e spaziali, le infrastrutture di produzione/manutenzione e le dotazioni e i programmi dei laboratori e dell’industria militari, i mezzi a disposizione della formazione e addestramento del personale, inclusi gli alti comandi e i pianificatori ed elaboratori delle dottrine strategiche e tattiche, con l’obiettivo dello sviluppo qualitativo del complesso dei sistemi nucleari offensivi. Particolarmente delicata è la formazione di nuove classi di esperti nei vari settori dell’armamento nucleare, a perpetuare un continuo sviluppo.

Cina, Corea, India e Pakistan, riarmo continuo

I programmi in fase di realizzazione vedono la consegna dei nuovi sistemi a partire dagli anni ’20 fino a metà degli anni ’40, mentre sono in fase di studio avanzato nuove generazioni di armi a “coprire” le esigenze militari fino a metà degli anni ’80. Mentre si assiste in alcuni paesi alla diminuzione del numero di testate nucleari, a favore del potenziamento delle loro capacità, gli arsenali di Cina, Corea del Nord, India e Pakistan continuano a crescere anche in quantità.

Questi progetti vengono presentati come necessaria “modernizzazione” di armi superate, per estendere la loro durata e renderle più sicure e affidabili, ma le modifiche in corso hanno di fatto un enorme impatto sulla sicurezza globale:

  • missili a più ampio raggio d’azione estendono la minaccia nucleare a zone sempre estese del mondo: l'India può ora colpire anche la Cina; la Corea del Nord mira a raggiungere l’Alaska e la maggior parte dell’Asia orientale, Israele tiene sotto tiro tutto il Medio Oriente
  • missili a corta gittata, posti in prossimità dei punti critici sono estremamente destabilizzanti, costringendo i militari preposti a impiegarli anche contro attacchi convenzionali, per non perderli, innestando così una spirale nucleare sempre più grave
  • la dotazione di testate multiple per i missili riflette una strategia per colpire rapidamente più bersagli e invita gli avversari a programmi analoghi
  • l’acquisizione di missili cruise con capacità duali, predisposti all’impiego sia di testate nucleari che convenzionali, aumenta il rischio di fraintendimenti ed errori di valutazione in analisi permeate dal metodo dello scenario peggiore possibile e accresce il pericolo di escalation nucleare in casi di crisi
  • il notevole aumento della precisione dei missili e dei bombardieri e il miglioramento dell’efficacia delle armi permettono di distruggere anche obiettivi corazzati con potenze inferiori e minori danni collaterali e minor fallout radioattivo, rendendo più “accettabile” l’impiego nucleare.

Questi sviluppi minano di fatto la classica politica di deterrenza, chiamata a giustificazione delle attuali forze nucleari, che mira a impedire una guerra nucleare con la capacità di infliggere a chi attacca dei danni intollerabili mediante ritorsione contro la popolazione. Viene sostituita da posizioni che mirano a piani di attacco più raffinati con opzioni multiple contro combinazioni diverse di obiettivi, per vari fini militari con una varietà di livelli di intensità.

Nuove armi

Un esempio di come un miglioramento tecnico “marginale” stia profondamente mutando il ruolo delle forze sottomarine americane è dato dalla introduzione delle nuove spolette Mk4A sulle testate W76-1 da 100 kton dei missili Trident II. Ai sommergibili con missili nucleari è storicamente affidato il compito di garantire la capacità di reazione a un attacco nucleare avversario, potendo essi sopravvivere dato il loro occultamento in alto mare, un aspetto cruciale della politica di dissuasione nucleare. Ora la nuova spoletta permette di far esplodere la testata a un’altezza variabile sul bersaglio, a seconda della traiettoria effettiva, aumentando enormemente le possibilità che l’obiettivo venga distrutto, anche se rinforzato ai massimi livelli correnti. In pratica la probabilità che le nuove armi possano distruggere un silo russo dei missili intercontinentali raggiunge il 90%. Questa capacità crea esattamente quello che ci si aspetterebbe di vedere se uno stato progettasse di avere la capacità di combattere e vincere una guerra nucleare disarmando i nemici con un primo colpo di sorpresa. Proprio l’opposto di una politica di dissuasione a favore di una struttura militare mirante all’impiego diretto delle armi nucleari in uno scontro armato.

Al di là degli aspetti tecnici, il primo fondamentale effetto della presente modernizzazione è la potente e inequivocabile affermazione delle armi nucleari come l’assoluto e fondamentale strumento di potere militare, garanzia per una (chimerica) sicurezza totale, alle quali pertanto non si può rinunciare. I processi di modernizzazione, considerati necessari e di natura difensiva dai proponenti, appaiono invece destabilizzanti e offensivi per le controparti, causando deterioramento delle relazioni fra le grandi potenze, fattore che contribuisce a ulteriore sviluppo militare.

L’insistenza sull’utilità, se non necessità, di armi nucleari per la sicurezza chiaramente indebolisce il regime di non-proliferazione dato che ogni altro paese è giustificato a mirare ad analoga sicurezza; ciò è particolarmente attuale in contesti ove sono presenti conflitti irrisolti, tensioni territoriali e sviluppi nucleari, quali nell’Asia nord-orientale e nel Medio-oriente.

Il miraggio del disarmo

Il differimento del disarmo nucleare a tempi indefiniti e comunque lontani costituisce un chiaro vulnus al trattato di non proliferazione (NPT), violandone l’articolo 6, tenuto anche conto dell’interpretazione unanime della Corte internazionale di giustizia (8 luglio 1996); ulteriori problemi al NPT vengono dalla decisa volontà di Israele di conservare le proprie armi nucleari, rendendo così inattuabile la creazione di una zona priva di armi di distruzione di massa in Medio Oriente, impegno preso nella Conferenza di revisione del 1995 e riconfermato nelle Conferenze di revisione del 2000 e del 2010.

Anche il secondo fondamentale limite alla proliferazione, il blocco dei test esplosivi, è messo a rischio dai piani di sviluppo di testate completamente nuove, in particolare miranti allo sviluppo di armi miniaturizzate o termonucleari e sistemi MIRV (gli USA e l’URSS a loro tempo per tali armi dovettero procedere a centinaia di test): ciò riguarda in particolare Cina, India e Pakistan, oltre alla Corea del Nord, ma anche gli USA e la Russia potrebbero dover ricorrere a nuovi test per armi con prestazioni speciali. Un nuovo ciclo di test nucleari allontanerebbe definitivamente l’entrata in vigore del bando totale dei test nucleari, firmato nel 1996 ma tuttora privo delle necessarie ratifiche.

Gli intensi sviluppi qualitativi delle forze americane e russe troveranno i due paesi al termine del New START con una varietà di sistemi nuovissimi o in avanzato stato di realizzazione ed è facile prevedere che sarà praticamente irraggiungibile un nuovo accordo per passare a una fase di ulteriori limitazioni delle forze offensive, in assenza del ripristino di uno spirito di fiducia reciproca e di distensione (il che al momento non sembra imminente). Ciò ritarderebbe ulteriormente il coinvolgimento degli altri paesi nucleari nel processo di riduzione dei loro armamenti.

Persiste la paura

I presenti piani, infine, vanificano anche il “diritto umano a godere della pace”, “liberi da paura e bisogno”, riconosciuto dall’ONU il 19 dicembre 2016. La paura dell’annichilazione nucleare infatti continuerà a gravare sull’umanità per tutto il secolo e le enormi spese per la modernizzazione delle armi riducono di fatto le risorse necessarie per far fronte ai bisogni umani fondamentali.

Constatato che le potenze nucleari continuano nella valorizzazione indefinita di tali sistemi come strumenti, per loro cruciali, di sicurezza militare, se non di supremazia politica, alcuni paesi e organizzazioni non governative hanno intrapreso dal 2012 un processo per la condanna di tali armi per motivi umanitari, dato il rischio cui pongono con la loro stessa esistenza tutta l’umanità. Salvo rarissimi casi, l’impiego di tali armi viola infatti i principi fondamentali del diritto umanitario individuati dalla giurisprudenza internazionale nel suo sviluppo dalla metà dell’ottocento: il principio della necessità militare, il principio di distinzione, il principio di proporzionalità e il principio di umanità.

Il problema è stato considerato nel corso di conferenze con ampia partecipazione internazionale a Oslo (marzo 2013) a Nayarit (Messico, febbraio 2014) e a Vienna (dicembre 2014); quest’ultima ha visto la partecipazione di 158 stati, varie organizzazioni internazionali, scienziati e organizzazioni non governative, e ha consolidato le motivazioni e lo spirito alla base del disarmo umanitario e ha esaminato la strategia da sviluppare.

In parallelo, nell’ambito delle Nazioni Unite, nel corso del 2013 e 2016 hanno operato due gruppi di lavoro aperti a organizzazioni non-governative per “affrontare misure concrete ed efficaci, dispositivi legali, e norme necessarie per raggiungere e mantenere un mondo senza armi nucleari” e sviluppare proposte per negoziati multilaterali di disarmo nucleare. Una larga maggioranza dei membri dell’ONU il 23 dicembre 2016 decise l’indizione di negoziati per la definizione di un trattato per la proibizione delle armi nucleari. I negoziati si sono svolti rapidamente nel corso del marzo e giugno scorsi e hanno portato il 7 luglio all’approvazione da parte di 122 paesi, con l’opposizione dell’Olanda e l’astensione di Singapore, di un bando delle armi nucleari, che sarà aperto alla firma dei membri dell’ONU a partire dal prossimo settembre.

Assenze eccellenti ai negoziati ONU

Ai gruppi di lavoro e ai negoziati per il bando non hanno partecipato gli stati con armi nucleari (alla cui istituzione avevano votato contro) e pochi dei loro alleati. Subito Francia, Regno Unito e Stati Uniti hanno stigmatizzato il bando come pericoloso per la stabilità internazionale, dichiarando la loro indisponibilità ad aderirvi e a riconoscervi un valore universale. Di fatto il bando, quando entrerà in vigore, avrà valore solo per gli stati che lo ratificheranno e non potrà imporre nulla alle potenze nucleari che intendano mantenere le loro armi; pertanto non è uno strumento efficace di disarmo, non prevedendo né strumenti né strategie per il suo raggiungimento.

Il suo valore è essenzialmente di natura morale, esprimendo una decisa condanna degli armamenti nucleari, e potrà dare ulteriore voce ai paesi che si oppongono a tali armi e forza ai movimenti che all’interno dei paesi con armi nucleari si battono per l’abolizione di questi ordigni e il ridimensionamento del loro ruolo nella politica e vita nazionali.

Pertanto sarebbe pericoloso considerare il bando come un punto di arrivo nella lotta alle armi nucleari e occorre che tutti mantengano alto l’impegno per gli altri passi necessari nella prospettiva del disarmo, anche se privi del fascino di un bando totale: la difesa e il rafforzamento dei trattati esistenti o in fase di attuazione (trattato di non proliferazione, bando totale dei test, blocco della produzione di materiali fissili, completamento delle zone prive dia armi nucleari, rafforzamento della sicurezza nucleare, nuovi passi per la riduzione degli arsenali, prevenzione di armi spaziali,...), obiettivi che sono cruciali per impedire la produzione di nuove armi nucleari e fermare al corsa al loro sviluppo qualitativo.

Intervento all’evento “Il grande sole di Hiroshima”, Mirano 6 agosto 2017

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