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La lunga strada per il Pianeta rosso

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Marte. Credits: Shutterstock/mr.Timmi, NASA.

Tempo di lettura: 8 mins

Marte è sempre di più nel mirino delle Agenzie spaziali di tutto il mondo, sia nazionali che private. Il progetto di gran lunga più ambizioso non è certo farvi orbitare nuove sonde o atterrare nuovi rover, bensì quello di una missione umana. Le recenti prese di posizione della NASA e dello stesso Elon Musk, però, sembrano mettere un drastico freno ai facili entusiasmi. Proviamo a fare il punto su questa impegnativa sfida spaziale, pericolosamente al confine tra scienza e fantascienza.

Grandi sfide

Oltre che di tecnologia (e di una valanga di soldi), la conquista dello spazio si alimenta anche di sogni e orgoglio. Lo sapeva bene il presidente John F. Kennedy quando, parlando al Congresso il 25 maggio 1962, annunciava che entro il decennio, grazie al programma Apollo, gli Stati Uniti avrebbero mandato un uomo sulla Luna e l’avrebbero riportato a casa sano e salvo. Lo sapeva bene quando, nel famoso discorso tenuto nel settembre di quello stesso anno alla Rice University, diceva: "Abbiamo deciso di andare sulla Luna in questo decennio e di impegnarci anche in altre imprese, non perché sono semplici, ma perché sono ardite, perché questo obiettivo ci permetterà di organizzare e di mettere alla prova il meglio delle nostre energie e delle nostre capacità, perché accettiamo di buon grado questa sfida, non abbiamo intenzione di rimandarla e siamo determinati a vincerla, insieme a tutte le altre". Tutti sappiamo come è andata e come quel 20 luglio 1969 il piccolo-grande passo di Neil Armstrong gli permise di lasciare la prima impronta di un uomo sulla polverosa superficie del nostro satellite.

È fin troppo evidente che non è sempre automatico che qualunque sfida possa essere vinta. A dimostrarcelo sono proprio i tentativi della conquista di Marte, l’obiettivo più prestigioso per le Agenzie spaziali dopo che la corsa alla Luna aveva incoronato la NASA quale incontrastata vincitrice. L’elenco delle missioni spaziali verso il Pianeta rosso è una eloquente testimonianza non solo del gran numero di tentativi di portare un manufatto umano in orbita marziana o farlo posare indenne sulla superficie di Marte, ma soprattutto di quanto difficoltoso possa essere il viaggio verso quella destinazione.

Elenco di tutte le missioni spaziali dedicate all’esplorazione di Marte. Non vi compaiono le missioni che non avevano il Pianeta rosso come obiettivo principale, per esempio la sonda Rosetta, che il 25 febbraio 2007 effettuò un passaggio ravvicinato di Marte sfruttandone la spinta gravitazionale per la sua rincorsa alla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Le date indicate si riferiscono al lancio.

Da quando - era il 10 ottobre 1960 - l’Unione Sovietica diede il via alla corsa verso Marte lanciando Marsnik 1, nomignolo con il quale al di qua della cortina di ferro venne indicata la sonda Mars 1M No.1, ben 26 delle 43 missioni che differenti Agenzie hanno indirizzato verso Marte, il che significa un imbarazzante 60%, hanno mancato il bersaglio o hanno avuto solo un successo parziale. L’ultimo tentativo in ordine di tempo ci riguarda da vicino ed è quello di ExoMars 2016, la missione ESA che ha visto il perfetto inserimento orbitale del Trace Gas Orbiter (TGO), ma che ha dovuto anche registrare la perdita del modulo sperimentale Schiaparelli.

Nonostante il rischio di un insuccesso, il Pianeta rosso rimane comunque un obiettivo molto ambito. A tal proposito, nel 2020 si potrebbe assistere a un appassionante assalto a Marte da parte di un agguerrito drappello di sonde: oltre alla sonda Mars 2020 della NASA e alla missione ExoMars 2020, pianificata dall’ESA in collaborazione con l’agenzia russa Roscosmos, dobbiamo infatti mettere in conto sia i piani dell’Agenzia spaziale cinese, resi pubblici lo scorso dicembre e nei quali si indica tra gli obiettivi da perseguire entro il 2020 proprio una missione marziana, sia il progetto degli Emirati Arabi con la loro sonda al-Amal (Speranza).

L’uomo su Marte

Parlando di ambizioni spaziali potenzialmente alla nostra portata è innegabile che nulla può competere con una missione umana verso Marte. Sappiamo che l’obiettivo è ben presente nei piani di sviluppo dell’Agenzia cinese, ma finora le uniche agenzie che si sono pubblicamente espresse su modalità e tempi di questa impresa sono la NASA e SpaceX, l’azienda aerospaziale fondata e diretta da Elon Musk.

Intervenendo all’International Astronautical Congress tenutosi a Guadalajara (Messico) nel settembre 2016, Musk presentò il suo ambizioso progetto di colonizzazione del Pianeta Rosso, un piano che aveva come obiettivo finale la realizzazione su Marte di una colonia autosufficiente popolata da almeno un milione di persone. Purtroppo, se l’obiettivo finale era ben definito, non lo erano affatto le tappe e le tecnologie che avrebbero dovuto supportarlo. Si accennava all’impiego di nuovi motori e di innovative navi spaziali, ma si glissava su aspetti cruciali quali, per esempio, le insidie del lungo viaggio (prima fra tutte quella legata alle radiazioni, rischio del quale si è parlato su Scienzainrete a fine luglio), il rifornimento per i viaggi di ritorno e le tecnologie per rendere autosufficiente una colonia umana che, quando le condizioni sono favorevoli, dista 70 milioni di chilometri dalla Terra.

Una visione certamente appassionata e appassionante della corsa umana verso Marte, ma decisamente acerba. Non è un caso, dunque, che lo scorso 19 luglio, intervenendo all’ISSR&D Conference (International Space Station Research & Development) a Washington, Musk abbia gettato la spugna per due progetti chiave della corsa verso Marte. La prima rinuncia è in qualche modo connessa con le grosse difficoltà che SpaceX sta incontrando per la certificazione della sua capsula Dragon 2 per il volo umano. La necessità di eliminare le gambe d’atterraggio (problemi di integrità dello scudo termico) obbligherà gli ingegneri di Musk a ripensare radicalmente non solo la tecnica di rientro a Terra, con il probabile ricorso al classico splashdown, ma anche quella di landing degli audaci astronauti sulla superficie di Marte. La seconda rinuncia riguarda il progetto Red Dragon, una missione senza equipaggio che avrebbe dovuto raggiungere Marte entro il 2020. Musk ha ammesso che, per come stanno le cose, SpaceX non può dedicare al progetto ulteriori risorse. I supporter di Musk fanno ovviamente il tifo perché si tratti di un semplice rinvio in attesa che prenda finalmente servizio il Falcon Heavy, il super-lanciatore di SpaceX che dovrebbe esordire entro la fine dell’anno. Tra qualche mese ne sapremo di più.

Progetti NASA

Anche l’ente spaziale governativo ha più volte dichiarato che tra i suoi obiettivi c’è la conquista umana del Pianeta rosso. Dopo la storica prima impronta di Armstrong, insomma, la NASA sembra fermamente intenzionata a fare di tutto perché il primo uomo a lasciare l’impronta sul suolo di Marte possa essere ancora uno statunitense. In questi anni l’ente spaziale ha colto ogni occasione per mantenere vivo dal punto di vista mediatico il sogno dell’avventura marziana, si veda per esempio il rilascio della serie di poster inizialmente commissionati per una mostra presso il Kennedy Space Center Visitor's Complex nel 2009.

Agli impazienti è bene comunque ricordare che, prima che questa visione possa trasformarsi in realtà, si dovrà ancora attendere almeno una ventina d’anni – dando ovviamente per scontato che le tappe pianificate vengano completate con successo nei tempi previsti. Nel settembre 2016, infatti, la NASA ha reso pubblici i suoi prossimi obiettivi in tema di esplorazione umana dello spazio, un documento in cui si afferma che è intenzione dell’agenzia dare il via entro il 2025 a missioni con equipaggio al di là della Luna, tra le quali anche una missione verso un asteroide. L’obiettivo da perseguire entro la metà degli anni Trenta, poi, sarà quello di far giungere un veicolo con equipaggio a orbitare intorno a Marte per poi farlo ritornare in sicurezza sulla Terra. Di scendere sulla sua superficie, però, non se ne parla ancora apertamente.

Nel futuro immediato della NASA per quanto riguarda l’esplorazione umana dello spazio, insomma, i piani prevedono missioni nei paraggi della Luna. Missioni che sono destinate a verificare l’affidabilità dei complessi sistemi che si dovranno poi impiegare per le ben più impegnative esplorazioni umane dello spazio profondo. Le due fasi previste, battezzate Deep Space Gateway e Deep Space Transport, sono comunque strettamente legate all’operatività sia dello Space Launch System che della nuova capsula Orion, due tormentati progetti in grado di restituire quell’autonomia nei lanci con equipaggio che la NASA ha perduto dopo la chiusura del programma Shuttle.

Le missioni in orbita cislunare saranno dunque cruciali per il futuro dell’esplorazione umana dello spazio. Serviranno anzitutto a mettere alla prova sistemi di propulsione che dovranno affiancare alla tradizionale propulsione chimica l’innovativa propulsione elettrica, già applicata con successo in alcune missioni spaziali; serviranno soprattutto a verificare la capacità della NASA e dei suoi partner – impossibile, infatti, una cavalcata solitaria come fu per la corsa alla Luna – di realizzare moduli abitativi sicuri e affidabili per missioni di lunga durata. Purtroppo, di questi veicoli destinati allo spazio profondo ancora non ne abbiamo, ma sappiamo per certo che è assolutamente impensabile raggiungere Marte con i veicoli spaziali attualmente in servizio.

Due conti in tasca…

Quanto potrebbe costare la conquista di Marte? Una domanda che sorge quasi spontanea osservando quante e quali sfide tecnologiche si dovranno affrontare e vincere. In occasione dell’Humans to Mars Summit 2017 tenutosi a Washington lo scorso maggio, la rivista Time ha posto questa spinosa domanda a Pascal Lee, direttore del Mars Institute, un’organizzazione internazionale di ricerca parzialmente finanziata dalla NASA. Ne ripercorriamo in sintesi le valutazioni.

Inevitabile, per provare a ipotizzare una stima, riferirsi ai costi del programma lunare Apollo. Relazionando al Congresso, nel 1973 la NASA dichiarò che complessivamente, cioè nei dieci anni della sua durata, il progetto Apollo era costato 25,4 miliardi di dollari. Per mettere nella giusta prospettiva questa cifra, è opportuno ricordare che, in quello stesso periodo, il Dipartimento della Difesa spendeva ogni anno una cifra simile per la guerra in Vietnam. Difficile tradurre queste cifre degli anni Sessanta in un valore attuale, ma rimane comunque il fatto che, mentre il programma Apollo impegnava il 4% del prodotto interno lordo USA, l’attuale finanziamento della NASA (19 miliardi di dollari annui) è solamente lo 0,3% del PIL.

Ammettendo possa essere attendibile un parallelo tra due epoche così differenti, Lee suggerisce che, tenendo conto della spesa annua attuale del Dipartimento della Difesa, per riportare ai nostri giorni i costi del programma Apollo dovremmo ipotizzare una cifra non inferiore ai 400 miliardi di dollari. Con questo budget, però, saremmo solo sulla Luna. Per raggiungere Marte, secondo Lee, dovremmo moltiplicare quella cifra per 2 o 3 volte, raggiungendo dunque una spesa di mille miliardi di dollari da diluire nei prossimi 25 anni.

Per pensare di calpestare un giorno i terreni arrugginiti di Marte, insomma, è oltremodo evidente come, oltre ai sogni e alla tecnologia, sia indispensabile l’apporto di tanti, tanti, tanti dollari.

 


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