Mentre al teatro Argentina di Roma va in scena “Petrolio” di Ulderico Pesce, in cui l’attore e autore racconta la sua tragica “Lucania saudita”, nei paesi di Viggiano e Grumento Nova si svolge oggi un altro “spettacolo”, vale a dire la presentazione al pubblico dei risultati della VIS sul Centro Olio dell’alta Val d’Agri.
VIS sta per valutazione di impatto sanitario. Si tratta di uno strumento abbastanza recente in Italia, che serve a valutare i possibili effetti sulla salute delle persone di progetti o infrastrutture esistenti. Meglio sarebbe farle - le VIS - prima che i progetti divengano realtà. In questo caso invece la valutazione degli esperti arriva a giochi fatti. Con l’assunzione di poterli cambiare, quei giochi, se i risultati dovessero deporre per la nocività dell’impianto.
La valle dell'olio
Il Centro Olio Val d’Agri dell’ENI - noto anche come COVA - è un impianto di primo trattamento del greggio situato nella zona industriale di Viggiano, attivo da una ventina d’anni. Qui il greggio subisce una prima lavorazione per togliere le impurità presenti e in particolare lo zolfo. L’oro nero che sgorga copioso dei 27 pozzi della zona - il più grande giacimento produttivo dell’Europa continentale - viene quindi trasportato via oleodotto fino al polo di Taranto.
Il Centro Olio emette sostanze tra cui i composti organici volatili, anidride solforosa, idrogeno solforato, ossidi di azoto, e polveri sottili, i cui effetti sulla salute sono ben documentati. Da molti anni la popolazione e le autorità locali vivono la snervante altalena fra i sospetti di nocività sanitaria e ambientale e la consapevolezza dei benefici che l’economia del petrolio rappresenta per queste comunità. E come spesso avviene in questi casi, negli anni si sono alternate buone e cattive notizie sulla salute ambientale della zona, ma sempre con monitoraggi e ricerche non attrezzate a identificare relazioni tra inquinamento e malattie.
I risultati epidemiologici
Per questo nel 2009 i due comuni più vicini all’impianto - Viggiano e Grumento - hanno dato vita a una Commissione VIS e varato uno studio che potesse colmare le principali lacune informative sui possibili esiti di salute del Centro Olio.
Ed eccoci al punto. Nel 2014 è iniziato il programma di ricerca che si è concluso in questi giorni: preceduto da studi ecologici e monitoraggi, l’indagine epidemiologica effettuata dall’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa coordinata da Fabrizio Bianchi ha effettivamente riscontrato segnali di possibili effetti. In particolare, uno studio sull’intera popolazione dei due comuni ha osservato eccessi di mortalità e di ricoveri per malattie cardiocircolatorie e in misura minore anche respiratorie correlabili all’esposizione agli ossidi di azoto, assunto come marcatore di altri inquinanti come il biossido di zolfo e l’acido solfidrico. Ma la preoccupazione va anche ai composti organici volatili emessi dall’impianto, e tra questi gli idrocarburi non metanici, una classe di inquinanti poco studiati e neanche normati a livello europeo e nazionale.
Per alcuni effetti riscontati nello studio manca la significatività statiscitca, anche in ragione del limitato numero di casi osservati. Solido è invece l'aumento di rischio rispettivamented del 41 e del 63 per cento di ammalarsi o morire per cause circolatorie soprattutto nelle donne più esposte rispetto alle meno esposte. Il fatto che le donne siano le più coinvolte dagli eccessi di rischio è stato usato dall’ENI come prova della scarsa validità dello studio. Tuttavia, come segnala Bianchi nella sua replica alle critiche (vedi sotto), il fatto che le donne siano più colpite degli uomini va ulteriormente indagato, ma appare coerente con l’origine residenziale e non occupazionale delle esposizioni nocive.
Dove vanno i fumi?
Rispetto agli studi del passato, la VIS si è valsa di una attenta caratterizzazione ambientale del suolo, delle acque e dell’aria a cura del Dipartimento di biologia Università di Bari, dell’Istituto per lo studio degli ecosistemi del CNR e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del CNR. E mentre per il suolo nel suo strato più superficiale e per le acque non si sono trovati valori fuori norma, per l’aria si è osservata una differenza significativa tra le concentrazioni di composti organici volatili intorno all’impianto nell’area di Viggiano e le zone più distanti. In particolare, le concentrazioni di benzene non attribuibili al traffico o al riscaldamento domestico sono superiori a quelli, per esempio, dell’area industriale di Taranto. Il che fa riflettere considerando il contesto apparentemente bucolico della val d’Agri dove si trova adagiato il Centro Olio dell’ENI.
Grazie ai modelli messi a punto dall’ISAC-CNR è stato anche possibile elaborare mappe di dispersione degli inquinanti rispetto alle condizioni meteorologiche prevalenti della valle, consentendo di attribuire a ciascuno dei 6.700 abitanti dei due comuni la sua dose di inquinanti, che peraltro a causa dei venti spesso vanno ben oltre i due paesi spingendosi fino ai comuni di Corleto Perticara e Montemurro. Cosa che suggeririsce un allargamento dell’area di indagine.
Inquinamento e fiducia
Infine un campione di residenti dentro e fuori l’area più vicina al Centro Olio sono stati sottoposti a test con spirometro e a un questionario che ha indagato anche percezione locale del rischio e bisogni informativi. Risultato: chi abita più vicino al COVA ha maggiori probabilità di soffrire di sintomi respiratori come bruciori agli occhi, tosse e asma. L’87,5% degli intervistati ritiene che il Centro olio rappresenti un rischio per la salute e che non ci sia da fidarsi troppo dell’informazione, soprattutto da parte delle istituzioni e dei media locali. E forse è proprio quest’ultimo risultato a preoccupare di più: l’erosione della fiducia pubblica in una delle aree industriali più atipiche del nostro paese.
Critiche e risposte
La valutazione di impatto sulla salute del Centro Olio della val d’Agri ha sollevato critiche di merito e di metodo da parte di ENI, generando negli scorsi giorni non poche polemiche (qui il punto di vista di ENI). A Fabrizio Bianchi dell’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa, coordinatore della indagine, chiediamo di rispondere ad alcune di queste critiche.
I risultati dello studio sugli abitanti di Viggiano e Grumento Nova sono molto differenti, il che insospettisce, visto che i due comuni sono molto vicini fra loro.
L’affermazione però non tiene conto del fatto che la nostra indagine documenta differenze di esposizione ambientale tra i due comuni, che possono spiegare queste differenze.
Lo studio epidemiologico ha preso in considerazione i dati sanitari della popolazione dal 2000 al 2014, ma le stime di ricadute al suolo dell’ossido di azoto (scelto come marcatore dell’inquinamento complessivo) sono riferite al solo anno 2013.
Il 2013 è stato considerato come l’anno che meglio rappresenta il periodo considerando la completezza e la qualità dei dati disponibili. Non riteniamo verosimile che gli anni precedenti fossero migliori del 2013.
Lo studio riporta un divario molto significativo tra maschi e femmine nelle malattie del sistema circolatorio. Non è strano?
La mortalità e l’ospedalizzazione per malattie del sistema circolatorio è in eccesso nelle aree più interessate dall’inquinamento in particolare tra le donne, e siccome le donne sono più stabili nella residenza questo elemento per noi è rilevante. D’altra parte abbiamo già detto che possono essere utili approfondimenti sul ruolo di co-fattori di rischio e fattori di suscettibilità proprio per chiarire queste differenze fra maschi e femmine.
Si dice anche che il campione della popolazione esaminato è estremamente basso e quindi non rappresentativo. Gli incrementi di casi di morte e di malattie sono relativi a un bassissimo numero di eventi e non consentirebbero di dimostrare una relazione causa-effetto.
I consulenti ENI confondono lo studio di popolazione con quello campionario sulla funzionalità respiratoria effettuato su 200 soggetti. Lo studio su cui sono basate le nostre conclusioni ha considerato tutta la popolazione. La popolazione studiata, 6.795 persone per 15 anni per un totale di 73.270 anni persona, pure essendo limitata, ha messo in luce alcuni rischi statisticamente significativi, con un errore comparabile agli studi di grandi dimensioni.
Tra i diversi elementi sottolineati dai consulenti Eni c’è qualcosa su cui concorda?
Concordo sulla utilità di studi di approfondimento ulteriori ma a patto che siano definiti sulla base dei risultati più robusti conseguiti dalla VIS.