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Mammografia fra emozioni e scienza

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Antonio Canova, Venere al bagno.

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La storia della mammografia di screening merita di essere raccontata per intero, come episodio insieme unico e rappresentativo di come la medicina e la sanità si sono trasformate negli ultimi decenni. Eugenio Paci ne è stato un protagonista in Italia e in Europa, e un testimone privilegiato: se sfogliando le pagine del suo libro (Eugenio Paci, MAMMOGRAFIA – Emozioni, evidenze e controversie scientifiche nella diagnosi precoce del tumore al seno, Il Pensiero Scientifico Editore, 2017 Roma) vi soffermate sulle note in calce, troverete cammei di molti altri personaggi, soprattutto femminili, che hanno contribuito in primo piano a quella storia sulle due sponde dell’Atlantico, e con quasi tutti Paci ha avuto occasione di lavorare, prima o poi.

Il libro che nasce da questa esperienza è un intreccio di filoni narrativi e approcci diversi, dalla divulgazione scientifica alle politiche sanitarie, dall’antropologia al coinvolgimento personale nelle controversie, e si capisce che per l’autore scriverlo è stato anche l’occasione per dipanare un groviglio ormai così avvolgente, sul piano intellettuale ed emotivo, da imporre una presa di distanza critica.

Il risultato fa emergere un buon numero di temi che si sono affrontati per la prima volta proprio grazie alla mammografia, e sono poi diventati nodi cruciali nell’evoluzione della medicina contemporanea.

Il più importante, che fa da cappello a tutti gli altri, riguarda il confine tra salute e malattia, e quindi tra prevenzione e intervento medico.

Il coinvolgimento delle persone sane è oggi molto comune in ogni pratica medica, ma negli anni ottanta si decise di varcare il Rubicone con gli screening, sulla spinta della grande speranza di sconfiggere il cancro, ancora senza una visione chiara di tutte le implicazioni, filosofiche e pratiche, che l’impresa porta con sé. Tanto che ancora oggi le idee non si sono completamente chiarite.

Una consistente riduzione della mortalità con la diagnosi precoce

Però sin dall’inizio si impostarono le cose con un inusuale rigore nel cercare di misurare i risultati, almeno sul versante dell’efficacia, valutata con il confronto di grandi gruppi randomizzati seguiti per lunghi periodi, e con un indicatore rilevante (e non fuorviante) come la mortalità specifica per il cancro alla mammella. Questo è un altro punto su cui la mammografia da una parte ha fatto scuola e dall’altra è rimasta un caso quasi isolato.

Poi, una volta ottenuta una misura di efficacia consistente, con una riduzione relativa attorno al 20 per cento della mortalità, in Europa si è passati all’azione con programmi di sanità pubblica, iniziative di grande complessità e assolutamente inedite anche per i servizi sanitari del nostro continente, programmi che sono stati e continuano a essere un laboratorio senza precedenti (e purtroppo quasi senza conseguenti) di contaminazione tra diverse discipline, di ponte tra la medicina dell’ospedale e quella esterna, di applicazione del controllo sulla qualità, e di altro ancora.

I danni della sovradiagnosi e del sovratrattamento

C’è voluto molto tempo però prima di mettere a fuoco che gli esami sulle persone sane, oltre a possibili benefici, producono sempre anche danni, che non sono dovuti a errori o a limiti della tecnologia, ma sono intrinseci allo spostamento del confine concettuale tra salute e malattia. I termini di sovradiagnosi e di sovratrattamento, oggi consueti, hanno faticato a essere compresi. A lungo si è ritenuto che gli svantaggi più rilevanti fossero i falsi risultati del test, positivi e negativi, che sono eventi visibili e direttamente misurabili; mentre il riconoscimento, e conseguente trattamento, di forme di cancro che non si sarebbero mai manifestate senza l’esame è un concetto ostico, perché controfattuale, e non riconducibile a persone in carne e ossa.

La sovradiagnosi è sfuggente di natura, e molto difficile da misurare (non a caso le parti del libro dedicate a questo aspetto sono quelle meno riuscite dal punto di vista divulgativo), ma non per questo i danni che genera sono meno concreti.

Si comprende bene perché, di fronte alla necessità politica ed etica di giustificare i programmi di screening organizzato con un bilancio favorevole tra benefici e danni, l’incertezza e la variabilità delle stime abbiano generato (e continuino ad alimentare) una delle più durature e aspre controversie scientifiche della medicina contemporanea. Anche per questo aspetto la vicenda della mammografia è paradossale: forse per nessuna altra tecnologia sono state raccolte prove e dati così solidi, per estensione e profondità, eppure nessun’altra tecnologia riceve contestazioni altrettanto persistenti.

Qui entra gioco un nuovo aspetto di unicità ed esemplarità di questa trentennale vicenda: il ruolo dell’informazione e della partecipazione del pubblico, a livello individuale e collettivo.

Un nuovo modello di aiuto alla decisione per le donne

Questo è l’aspetto che sfida la mia professione. Quando neppure il panel nominato nel Regno Unito1 come estremo tentativo di ricomporre la controversia è riuscito a mettere d’accordo le stime della revisione Cochrane2 con quelle del gruppo Euroscreen3, Eugenio Paci mi ha invitato a immaginare una modalità nuova per comunicare adeguatamente alle donne i vantaggi e gli svantaggi di una pratica di sanità pubblica senza tacere nulla, neppure l’incertezza e le controversie.

Nessuno ha in tasca la soluzione pronta, ma il percorso per trovarla mi sembra che debba passare da un capovolgimento di prospettiva, che sfrutti appieno le potenzialità delle nuove tecnologie di comunicazione, e che adotti un metodo sperimentale. Il risultato di queste riflessioni è un nuovo modello di aiuto alla decisione “non direttivo”, che lasci libera la donna di attingere a tutte le informazioni disponibili, scegliendo con l’aiuto del curante quelle che, in ogni momento, ritiene necessarie e sufficienti per fare una scelta informata.

Il nuovo strumento, sviluppato grazie a un grant competitivo di AIRC, è ora oggetto di un trial clinico condotto dal Mario Negri, in collaborazione con GISMA, Zadig e i programmi di screening di Firenze, Torino e Palermo. Quando ci saranno i risultati, sarà un’occasione per riparlare dell’argomento.

 

La recensione e molti contenuti sulla mammografia saranno disponibili sul numero 1/2018 del giornale Epidemologia & Prevenzione

 

Bibliografia:
1 "Independent UK Panel on Breast Cancer Screening. The benefits and harms of breast cancer screening: an independent review". Lancet 2012; 380:1778-86.
2 Goetzsche PC, Joergensen KJ. "Screening for breast cancer with mammography". Cochrane Database Syst Rev 2013; (6): CD001877
Paci E. "EUROSCREEN Working Group. Summary of the evidence of breast cancer service screening outcomes in Europe and first estimate of the benefit and harm balance sheet". J Med Screen 2012; 19 (Suppl 1): 5-13

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