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Cronache dal mondo della disinformazione

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Un momento dell'incontro "Sarà vero?" del 18 dicembre 2017 al Museo del Fumetto di Milano. Foto di Valentina Meschia.

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Un confronto serrato su quelli che potremmo chiamare i “Disturbi dell’informazione” ha caratterizzato il convegno “Sarà vero?” che si è tenuto il 18 dicembre a Milano al Museo del Fumetto. Organizzato da Scienza in Rete insieme al Gruppo 2003 per la ricerca scientifica, l’Agenzia Zadig, il Liceo Copernico di Brescia, il Macsis dell’Università Bicocca e l’Editore Loescher, l’incontro aveva lo scopo di affrontare il problema della attendibilità delle fonti e più in generale della correttezza dell’informazione nell’epoca di internet e dei social media.

Con i termini di “Fake News” e “Post-verità” si è voluto segnalare come la manipolazione delle informazioni - dal falso plateale dei “fatti alternativi” all’alterazione dei contesti informativi all’uso ingannevole delle immagini - abbia raggiunto una scala industriale anche grazie ai nuovi strumenti di comunicazione di massa. Al punto da indurre il sospetto che tramite strategie di disinformazione si siano potuti alterare i risultati di elezioni politiche e referendum.

Fenomeno in realtà antichissimo che accompagna la storia dell’umanità dai suoi albori, la mistificazione delle informazioni per i più diversi scopi assume oggi una evidenza particolare anche fra le giovani generazioni, particolarmente esposte a una “tempesta di messaggi” mai registrata prima.

Prima finalità dell’incontro è stato dunque quello di chiarire meglio le varie forme che può assumere oggi la disinformazione e concentrarsi anche in modo propositivo sul problema della attendibilità delle fonti. Esiste in altre parole una via per verificare le notizie, distinguere la scienza dalla ciarlataneria, consolidare il senso critico soprattutto nel lavoro formativo delle scuole?

Il filtro scientifico

L’incontro, introdotto dal presidente del Gruppo 2003 Nicola Bellomo, si è aperto con un dialogo fra il giornalista scientifico Pietro Greco e Gianfranco Pacchioni, prorettore dell’Università Bicocca e autore del recente “Scienza Quo vadis?”. Il messaggio è stato chiaro: la scienza nei suoi ideali mertoniani (disinteresse, comunitarismo, scetticismo sistematico e trasparenza) resta il metodo di riferimento per imparare a distinguere le affermazioni verificabili da quelle di minore forza perché basate sull’opinione o palesemente errate. Si tratta ovviamente di un quadro ideale, che deve fare i conti con una realtà in forte mutamento. Lo sviluppo della scienza negli ultimi decenni, infatti, con l’aumento della competitività e l’abbassamento degli standard di pubblicazione, nonché la prevalenza di interessi privati guidati da principi non coincidenti con i principi fondativi della ricerca, rende anche l’impresa scientifica a maggior rischio di futilità, fallacia e in taluni casi vera e propria frode. Ciò che rende insostituibile il metodo sperimentale è tuttavia la capacità di scovare gli errori e autocorreggersi.

La scienza non basta

Ma può la scienza costituire un modello regolativo in grado di contrastare il proliferare delle fake news? L’intervento di Walter Quattrociocchi ha sfidato questa concezione illuminista della scienza mostrando la sostanziale inefficacia del cosiddetto “debunking” (o demistificazione) delle affermazioni false presenti su internet. La dinamica del dibattito pubblico sui social, secondo gli studi di Quattrociocchi, mostrerebbe che le fake news non sono l’elemento primario ma la conseguenza di una forte sfiducia nei confronti delle autorità e degli esperti che - in un sistema informativo senza intermediari riconosciuti come quello dei social media - porta a una crescente polarizzazione di opinioni in bolle non comunicanti. Al contrario, il tentativo di far cambiare idea all’altro contrastando sul piano logico e scientifico le sue affermazioni lo spinge a difenderle con ancora più forza. Più produttivo sarebbe, anche da parte di agenzie sanitarie e scientifiche, adottare uno stile di ascolto e di confronto, che per risultare autentico implica la disponibilità della comunità scientifica a mettersi sullo stesso piano degli interlocutori e accettare la messa in discussione della sua presunzione di autorità quasi religiosa.

Difficile trovare un punto di equilibrio fra i due primi interventi, su cui non c’è stato tempo di sviluppare un dibattito adeguato. E’ comunque significativo che lo stesso Quattrociocchi, per sostenere queste posizioni abbia usato gli strumenti dei suoi interlocutori, vale a dire pubblicazioni peer reviewed. A conferma che al di là delle differenza di accento, il metodo scientifico resta il riferimento ideale per condurre un dibattito pubblico fra cittadini consapevoli.

Serve una scienza civica

Per far questo è necessario far crescere una base comune di competenze e capacità di decodifica di concetti, misure e rappresentazioni grafiche di natura scientifica che ormai pervadono il dibattito pubblico su una miriade di temi di natura bioetica, economica, sociale e culturale. E’ quanto cerca di fare il fisico Lorenzo Magnea con il corso che tiene all’Università di Torino insieme al sociologo Giuseppe Tipaldo, intitolato “Fisica per cittadini”: una scatola degli attrezzi concettuali che abiliti chiunque a comprendere numeri, schemi e correlazioni statistiche. Senza questa base diventa difficile un confronto e molto alto il rischio di manipolazioni e financo la possibile rottura del patto sociale che tiene insieme il nostro sistema democratico.

Aumentare le competenze digitali

Se spostiamo l’attenzione sui giovani in età scolare si pone anche il tema delle competenze e del benessere digitale, affrontato dal sociologo Marco Gui e dal filosofo della scienza Andrea Cerroni. Emergono da una ricerca condotta da Gui su migliaia di studenti lombardi le forti differenze nelle capacità di discernere fra fonti più o meno accreditate su internet, o di saper distinguere fra bufale e informazioni verosimili. Anche perché il sistema della disinformazione così frequente in rete dipende anche dalla forma che assumono le fake news, costruite in modo da attirare la nostra attenzione in maniera istantanea, dando luogo spesso a comportamenti di consumo impulsivi. Inoltre, più l’ambiente è ricco di stimoli concorrenti, come avviene nel digitale, più si rischia di agire impulsivamente nella loro selezione. Il concetto di “clickbait” (o "esca da click") illustra bene questi meccanismi.

Per fruire delle informazioni online in modo critico è necessario, come sottolinea Cerroni, contrastare l’involuzione del sistema educativo che punta sempre di più sulle capacità di “problem solving”, a discapito del “problem setting”. E’ importante invece educare al ragionamento libero come presupposto di quello finalizzato a compiti specifici.

Attivismo online

Un interessante sistema per aumentare l’approccio critico alle informazioni da parte dei ragazzi è stato proposto da Alessandra Nesti, coordinatrice editoriale della rivista per insegnanti “La ricerca” della Loescher, il cui ultimo numero è dedicato al tema del convegno. L’esperienza raccontata da Nesti riguarda un giornale online condotto da studenti che attraverso l’attività di selezione e redazione dei contenuti digitali si traduce in aumento della consapevolezza sulla credibilità di testi e immagini.

Il problema delle fonti

La sociologa Olimpia Affuso ha invece delineato una genealogia delle fake news rinvenibili anche nelle società tradizionali sotto forma di “voci che corrono”. Forse questo radicamento storico ci serve per capire la ragione di una forma di comunicazione che da sempre si è nutrita dell’inverosimile, per rispondere a bisogni collettivi di fascinazione ma anche per raggiungere obiettivi strategici di varia natura, dalla delegittimazione degli avversari alla promozione di forme di contropotere. Oggi, con i nuovi sistemi di comunicazione, queste “notizie” esprimono riferimenti e valori che non coincidono più con la tradizionale fiducia nelle fonti istituzionali, trasformandosi in vere narrazioni alternative e antagoniste. Può servire quindi il tentativo di categorizzare le fonti in “documenti forti” e “documenti deboli” proposta dall’autrice, cui corrispondono diversi formati e percezioni di verosimiglianza e per i quali servono strategie di risposta differenziate.

Grandi equivoci sulla salute

Esempi convincenti di questa confusione fra fonti di diversa natura sono le notizie “alternative” di salute, come mostrato dalle giornaliste Eva Benelli e Cristina da Rold, rispettivamente sulle credenze sull’influenza e sulle “malattie portate dai migranti”. Un altro caso interessante è stato portato dall’insegnante Paolo Vitale, che ha riferito della difficoltà di convincere i propri studenti della natura fraudolenta del metodo Stamina, dal momento che questa cura veniva sponsorizzata da una trasmissione come “Le Iene”, addirittura sostenuta da un buon numero di parlamentari e dispensata dal più grande ospedale di Brescia.

Il romanzo del clima

Un altro tema politicamente caldo e per questo soggetto a controversie e forme di rifiuto è il cambiamento climatico. Invece di affrontarlo in termini di debunking con un climatologo abbiamo preferito dare spazio a una narrazione sulle possibili conseguenze catastrofiche del cambiamento climatico. E proprio questo fa il romanzo di Bruno Arpaia, “Qualcosa là fuori”, ambientato in una ipotetica Italia del 2080 ormai inabitabile e precorsa da torme di italiani trasformati in “migranti ambientali” in fuga verso l’Artico ancora risparmiato dalla morsa del caldo.

In che modo la narrativa, il cui presupposto è proprio la sospensione temporanea dell’incredulità, può vaccinarci contro il negazionismo climatico? Forse proprio perché per suo statuto la narrazione da un lato ci fa vivere nell’immaginazione quello che stentiamo a figurarci a livello razionale. Dall’altro, non pretendendo di offrirci la verità ma solo scenari verosimili si pone come una sorta di “lingua di mezzo” capace di congiungere bolle, creare un sentire comune fra persone con convinzioni e ideologie profondamente diverse.

Il potere delle immagini

Il fake non si contamina solo informazioni testuali e quantitative. Anche le immagini sono soggette a manipolazioni, come ha mostrato il fotogiornalista Marco Capovilla che ha ingaggiato il pubblico a riconoscere per ogni fotografia mostrata se fosse frutto di invenzione, manipolazione o corretta riproduzione della realtà. Le immagini veicolano messaggi ancora più potenti di quelli testuali, ed essere in grado di verificarne l’attendibilità è essenziale per esercitare il proprio senso critico. Altri esempi di questa attività di analisi delle fotografie giornalistiche si trovano sul sito dell'Associazione Fotografia & informazione.

Un altro tipo di immagini, le tavole dei fumetti, possono raccontare con grande efficacia fatti complessi superando le barriere culturali. E’ il caso della graphic novel di Will Eisner “Il complotto”, dedicato al racconto di uno dei più incredibili falsi storici: “I Protocolli dei Savi di Sion”. Per questo il direttore del Museo del Fumetto di Milano, Luigi Bona, nella pausa dei lavori, ha guidato il pubblico alla visione di alcune tavole selezionate del capolavoro di Eisner. Come ricorda Umberto Eco nella prefazione della edizione italiana: “…quello che appare incredibile è che questo falso sia rinato dalle proprie ceneri ogni volta che qualcuno ha dimostrato che si trattava di un falso, al di là di ogni dubbio... Per cui credo che, malgrado questo coraggioso e non comic ma tragic book di Will Eisner, la storia non sia ancora finita. Però vale la pena continuare a raccontarla, per opporsi alla Grande Menzogna e all'odio che essa continua a incoraggiare”.

Mediocrazia vs meritocrazia

Nelle conclusioni, la responsabile dell’Osservatorio della ricerca dell’Università di Milano Maria Pia Abbracchio ha voluto ricondurre i tanti temi trattati alla “mediocrazia” di cui parla nel suo ultimo libro il filosofo canadese Alain Deneault (leggi recensione). Una società che nei meccanismi di cooptazione di potere privilegia i mediocri, che meglio degli altri garantiscono la conservazione frenando l’innovazione, è destinata a sprofondare fra bufale e leggende metropolitane. L’arte del buon governo si trasforma in governance, i cittadini vengono declassati a clienti e consumatori. Il sondaggio prende il posto della scienza. Il merito, l’eccellenza e l’originalità di pensiero cedono il passo al luogo comune e al conformismo.

I prossimi passi

L’incontro “Sarà vero?” ha voluto mettere sul tappeto fin troppi stimoli e temi evocati dal tormentone delle fake news. Ci sarà modo nel corso del 2018 di organizzare nuovi incontri più focalizzati e rivolti soprattutto agli studenti delle scuole secondarie, per mettere in pratica quei suggerimenti di educazione digitale discussi in questo primo convegno. Primi appuntamenti a Brescia, l’1 e l’8 marzo, insieme all’università, agli insegnanti e agli studenti del liceo scientifico Copernico, a cui seguiranno incontri in altre città italiane.

 
Per il programma, gli abstract , le presentazioni e la videoregistrazione del convegno clicca qui.

 


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