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Bilinguismo: perché ha ragione il Consiglio di Stato

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Credit: Pixabay - Illustrazione libera per usi commerciali. Attribuzione non richiesta. CC0 Creative Commons -

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Una recente sentenza del Consiglio di Stato, applicando il dettato della Corte Costituzionale, ha codificato il diritto di affiancare Italiano e Inglese nell’insegnamento universitario. L’introduzione ufficiale del bilinguismo nei percorsi formativi dei nostri Atenei rappresenta una novità così imprevista che il suo significato è stato generalmente mal compreso. Eravamo abituati a studiare le lingue classiche e moderne, ma non ad usarle per insegnare ed apprendere altre discipline. Forse per questo i commentatori si sono trovati impreparati e hanno dedicato all’argomento articoli fuorvianti o decisamente errati. La maggior parte degli intervenuti ha immaginato che la reintroduzione dell’italiano significasse l’espulsione dell’inglese, come se due lingue non potessero coesistere, rafforzandosi in modo reciproco nella formazione universitaria. Le autorità accademiche, forse attirate dal miraggio di non turbare lo stato esistente, si sono accodate al pensiero dominante.

I vantaggi del bilinguismo secondo i neuroscienziati

Per chi è abituato alla lettura della stampa internazionale questo atteggiamento suona paradossale, poiché articoli sui vantaggi del multilinguismo sono comparsi ripetutamente sui quotidiani e sui siti in rete, transitando dalle riviste specializzate in neurolinguistica alle pubblicazioni in edicola.

“Il vantaggio del bilinguismo” è il resoconto di una lunga conversazione apparsa sul numero del New York Times del maggio 2011, dove la neuroscienziata Ellen Bialystok spiega come come “il bilinguismo acuisce la mente”: “C’è un sistema nel nostro cervello, - afferma la scienziata - detto sistema di controllo esecutivo, che funziona come un direttore generale. Il suo lavoro è quello di mantenerci focalizzati su ciò che è rilevante, ignorando le distrazioni. È questo che rende possibile alla mente padroneggiare nello stesso tempo due cose differenti e muoversi tra di loro. Se usiamo due lingue e le usiamo regolarmente, [..] ogni volta che parliamo, i siti di entrambe le lingue si attivano. Il sistema di controllo esecutivo deve passare tutto in rassegna e selezionare subito ciò che è rilevante in quel momento. Nei bilingui questo sistema diventa più efficiente perché è usato regolarmente” (“The Bilingual Advantage”, NYTimes.com, May 30, 2011).

I poteri anti-Alzheimer delle menti bilingue

I vantaggi non rimangono confinati nel dominio delle parole, ma si estendono ad altri settori contribuendo ad accrescere quelle che i neuroscienziati definiscono come Riserve Cognitive. Sono queste che, secondo molti dati recentenente accumulati, ritardano di parecchi anni la comparsa di Alzheimer e accelerano il recupero cognitivo dei soggetti multilingue che hanno subito un ictus (D. Perania, et alii, “The impact of bilingualism on brain reserve and metabolic connectivity in Alzheimer’s dementia”, www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1610909114).

Riviste come Financial Time, Economist e Time Magazine hanno fatto a gara nel diffondere le nuove acquisizioni delle neuroscienze. Titoli come “Why bilinguals are smarter” (New York Times, March 17 2012), “The multilingual dividend” (Financial Times, March 13, 2013), “The power of the bilingual minds” (Time, July 25, 2013), sono un chiaro indice della compiaciuta convergenza tra il mondo delle indagini neurocognitive e quello dei settori più innovativi dell’industria, della finanza e del commercio.

L’adesione dei rettori italiani al monolinguismo anglofono

In questo panorama spicca la tenace e persistente adesione della comunità accademica all’idea del monolinguismo anglofono.

In Italia il problema dell’inglese si è prepotentemente imposto negli anni recenti, quando i rettori, angustiati dalla bassa posizione dei loro Atenei nelle classifiche internazionali e dalla scarsa affluenza di studenti stranieri hanno pensato di poter recuperare credito imponendo l’inglese come lingua esclusiva dell’insegnamento per tutti e sopra tutto, a partire dai corsi di ingegneria ed economia.

La decisione del Consiglio di Stato impone ora di tornare a un benefico bilinguismo e possiamo solo augurarci che la transizione sia fatta con rapidità e competenza. Non mancano in Europa esempi ai quali possiamo appellarci per regalare un adeguato bilinguismo agli studenti italiani e per accogliere fattivamente gli studenti stranieri, che in genere arrivano conoscendo solo, e spesso male, la lingua inglese.

Il modello di bilinguismo degli atenei tedeschi

Un modello possibile, immaginando un corso triennale, è quello adottato in molte università tedesche che accolgono al primo anno gli studenti stranieri con un 100% di lezioni in inglese, accompagnate dall’obbligo di seguire corsi di lingua locale. Al secondo anno l’inglese scende all’ 80% con un 20% in lingua locale, e al terzo anno si termina con un 50% dell’una e dell’altra lingua. Così i locali possono rimanere attivamente bilingui e gli stranieri possono immergersi nella cultura del paese che li accoglie.

 


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