Valeria Chiono, 42 anni, vincitrice dell'ERC consolidator grant sulla nuova terapia rigenerativa del cuore infartuato.
Evitare trapianti di cuore con una terapia rigenerativa recapitata nelle cellule malate attraverso nanoparticelle. Questa la sfida che ha fruttato alla giovane Valeria Chiono, docente associato di Ingegneria meccanica e aerospaziale del Politecnico di Torino, un ERC Consolidator Grant del valore di 2 milioni di euro. Per i prossimi cinque anni Valeria lavorerà a questo progetto insieme a ricercatori dell’Istituto Clinico Humanitas di Milano, dell’INRIM di Torino e dell’Università Federico II di Napoli.
"L’ambito della ricerca è quello della medicina rigenerativa di tessuti patologici" spiega Valeria Chiono. "Il tessuto cardiaco infartuato è soggetto a una progressiva perdita di funzionalità. Attualmente, i pazienti affetti da scompenso cardiaco grave possono essere curati solo attraverso un trapianto di cuore, mentre sono allo studio esistono terapie rigenerative, come la terapia cellulare (che consiste nell’iniezione di cellule nella regione infartuata) e l’impianto di supporti polimerici porosi popolati da cellule o in grado di reclutare e stimolare le cellule del paziente".
Con quali risultati?
Per ora limitati, dal momento che il cuore ha una scarsa capacità rigenerativa rispetto ad altri tessuti. Per questo si tentano nuove strade, come la “riprogrammazione cellulare diretta”, una strategia che consiste nella conversione diretta dei fibroblasti cardiaci, le cellule che popolano la cicatrice fibrotica post-infarto, in cardiomiociti sani, le cellule responsabili della contrazione cardiaca.
Con quale strategia pensate di ottenere questa riprogrammazione?
Non utilizzeremo vettori virali per modulare l’espressione genica, ma nanoparticelle polimeriche in grado di penetrare nelle cellule e di rilasciare gli agenti di riprogrammazione. Si tratta di un approccio più sicuro e mirato e probabilmente, in prospettiva, anche più economico e fruibile rispetto ai vettori virali.
Come avverrà l’infusione di queste nanoparticelle?
Incapsulandole all’interno di un gel, in modo che siano direttamente iniettate in situ nel cuore infartuato. Utilizzeremo un gel iniettabile, arricchito con altri fattori che favoriscono la riprogrammazione cellulare, dato che come abbiamo detto il cuore ha più difficoltà a rigenerarsi rispetto ad altri organi. Si tratterà di un gel “biomimetico”, cioè che mima la matrice extracellulare cardiaca umana. Quindi il gel non rappresenterà solo un veicolo per il rilascio degli agenti terapeutici ma anche uno strumento per rafforzare la riprogrammazione.
Esistono già studi simili sull’uomo?
Al momento non sono state fatte sperimentazioni cliniche sull’uomo, anche se negli Stati Uniti, dove nel 2010 sono partiti i primi studi su questo genere di metodologia, sono stati condotti vari studi sia in vitro su fibroblasti umani e murini sia in vivo su modello animale. Tuttavia, si tratta di studi che usano principalmente vettori virali e modelli in vitro 2D scarsamente predittivi. Noi saremo i primi a testare l’ipotesi di una riprogrammazione indotta non solo dagli agenti terapeutici (peraltro somministrati attraverso le più sicure nanoparticelle polimeriche) ma anche dal microambiente di riprogrammazione, il gel biomimetico, appunto. La sperimentazione preclinica verrà effettuata per la prima volta su un modello in vitro tridimensionale (3D) di tessuto infartuato umano. Per questo il nostro progetto è in assoluto una novità.
Quanto durerà il progetto?
Da 2018 al 2023. La prima fase sarà la messa a punto delle nanoparticelle polimeriche da usare come vettori per la riprogrammazione cellulare. Quindi svilupperemo il gel iniettabile. In parallelo, metteremo a punto un modello in vitro di tessuto fibrotico umano per una sperimentazione preclinica più efficace. Solo nelle fasi finali del progetto utilizzeremo un modello in vivo per studi preliminari nella prospettiva di una futura applicazione clinica.