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Crescere senza stigmi con la fibrosi cistica

Studenti vintage: Hohenloher Freilandmuseum, Schwäbisch Hall - Wackershofen. - Credit: photo by Italo Greco - Flick. Licenza: CC BY-SA 2.0.

 

 

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La Fibrosi cistica non è più una malattia pediatrica: questo cosa può comportare per la società?

Prima che la fibrosi cistica (FC) diventasse una malattia conosciuta e studiata, sembra che la tradizione popolare tramandasse “poco vivrà il bambino che, baciato sulla fronte, ha il sapore di sale”. Questo detto testimonia che la fibrosi cistica, allora sconosciuta e che ha tra le sue caratteristiche quella di generare un sudore ricco in sale, era una malattia per la quale si moriva prestissimo. In effetti i bambini con FC morivano spesso alla nascita o poco dopo, fino a un’epoca relativamente recente.

Oggi non è più così, l’età mediana dei più di cinquemila pazienti in Italia è vent’anni circa e l’aspettativa di vita ha superato i quaranta. La ricerca scientifica ha fatto passi da gigante: nell'area della microbiologia, ad esempio, si è lavorato per ottenere nuovi antimicrobici per combattere le infezioni respiratorie, una delle principali e gravi complicanze della malattia. Sono state acquisite importanti conoscenze su Pseudomonas aeruginosa e altri batteri emergenti, sono state trovate nuove molecole attive contro Burkholderia cepacia. Inoltre la ricerca si sta occupando di trovare dei “correttori” e dei “potenziatori” che permetterebbero di risolvere in modo definitivo - una terapia per tutta la vita, non una cura - il difetto di base della malattia, recuperando la proteina mutata che ne è la causa.

Siamo di fronte quindi a una malattia che non è più pediatrica. Una domanda importante da porsi adesso è: cosa può fare la popolazione generale per offrire una società inclusiva per i queste persone?

Bisogni educativi speciali

I primi problemi di integrazione sorgono non appena i giovani malati iniziano ad andare a scuola: quali sono allora le necessità di una categoria che ora appartiene ufficialmente ai BES, bisogni educativi speciali?

Prima di tutto bisogna vincere il pregiudizio ancora diffuso secondo il quale queste persone sarebbero contagiose. Possono andare incontro a periodi in cui mostrano tosse frequente, che va assecondata in quanto permette loro di espettorare parte di quel muco che tende a ristagnare nei loro polmoni. Questi colpi di tosse non comportano nulla per chi sta loro vicino, sono dovuti a patogeni opportunisti che si stabiliscono nel muco denso dei malati trovando in esso un ambiente ideale.

E’ vero però il contrario: persone non malate che stanno sviluppando infezione respiratoria per normale influenza di stagione possono essere dannose per un malato di fibrosi cistica. Ecco quindi che la scuola dovrebbe provvedere a insegnare ai ragazzi e ai bambini opportune norme igieniche (lavarsi spesso le mani, usare gel antibatterici disponibili in commercio, tossire e starnutire piegando il gomito e non sulle mani). Si tratta peraltro di norme igieniche valide in qualsiasi contesto.

Inoltre i bambini e i ragazzi malati, a seconda della severità della malattia, possono essere costretti a frequenti ritardi o assenze da scuola a causa delle lunghe terapie giornaliere e dei frequenti ricoveri ospedalieri. Poiché si tratta di persone normodotate, la scuola deve andare incontro a queste esigenze con piani personalizzati. La tecnologia può aiutare molto in questo senso: soprattutto nelle scuole superiori l’utilizzo di video-lezioni, dei registri elettronici e della facile interazione con i compagni può consentire agli studenti FC di non rimanere indietro nel proprio studio. E’ opportuno che gli insegnanti preparino per i giovani pazienti un Piano di lavoro personalizzato rientrando, come detto, nella categoria BES.

Verso una piena inclusione nella società

Un altro aspetto importante è lo sport: a chi è malato di fibroi cistica l'attività sportiva è di grande giovamento, come a chiunque altro. Devono perciò essere aiutati e incoraggiati a farne. Tuttavia proprio perché il loro sudore è molto ricco di sale, devono anche poter bere frequentemente al fine di restituire al corpo le componenti saline perse nell’attività fisica. Così come deve essere loro permesso di andare ai servizi quando ne hanno necessità, prendere i medicinali a loro necessari, come gli enzimi pancreatici prima di ogni pasto.

Tutto questo riguarda l’ambito strettamente scolastico, ma i ragazzi più grandi, i teenager, hanno anche diritto a vivere una vita sociale piena e completa. Per le sue caratteristiche la fibrosi cistica non impedisce a un ragazzo di vivere una relazione interpersonale normale e addirittura, in un futuro, formare una famiglia. Questo secondo aspetto è sicuramente molto delicato e merita una discussione a parte, e personalizzata caso per caso. Ma certo è che, preso atto che una malattia per la quale fino a vent’anni fa si moriva prestissimo o addirittura alla nascita, oggi i grandi progressi nella gestione di questa malattia impongono alla società l’obbligo di inclusione e una presa di responsabilità nel consentire a tutti una vita dignitosa.

 


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