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Congo, un virus che non dovrebbe esistere

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Nell'iniziativa contro la poliomielite supportata da USAID, una donna somministra il vaccino orale nella Repubblica Democratica del Congo nel comune di Ndjili, Kinshasa. Credit: USAID/A.Mukeba/Flickr. Licenza: US Government Works.

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Quello della poliomielite si rivela una volta di più un virus difficile da eradicare. Perché, mentre le campagne vaccinali ne hanno circoscritto la forma wild type ad Afghanistan, Pakistan, India e Nigeria, da mesi ormai la Repubblica Democratica del Congo sta affrontando un'epidemia causata dal virus derivato dal vaccino (cVDPV2, circulating vaccined-derived poliovirus type 2) che, a causa della ridotta copertura vaccinale del Paese, ha potuto diffondersi e mutare, riacquistando la sua virulenza. Un'epidemia la cui importanza è stata messa in ombra da quella di Ebola ma che dall'ultimo resoconto, risalente a una settimana fa, ha paralizzato 29 bambini. Se si considera che la paralisi avviene in circa un caso su cento, è facile capire che le persone infette non sono poche. E il virus minaccia di oltrepassare i confini: a giugno è stato confermato un caso di poliomielite nella provincia di Ituri, regione confinante con l'Uganda.

In Paesi come l'Italia, il vaccino contro la poliomielite è da alcuni anni basato sui ceppi patogeni del virus inattivati ed è somministrato tramite iniezione intramuscolare. Ma la forma vaccinale che ha permesso di ridurre drasticamente, a livello globale, la malattia è quella basata sui tre ceppi attenuati. Si tratta del vaccino Sabin, ancora impiegato in molte regioni del mondo perché presenta vantaggi non trascurabili, soprattutto per i Paesi più poveri e instabili: semplice somministrazione per via orale, alta efficacia e basso costo. Merito, quest'ultima caratteristica, anche della scelta del suo inventore di non brevettare mai il vaccino. Il Sabin ha inoltre il vantaggio di fornire una protezione anche a chi non è stato sottoposto alla vaccinazione perché quando un bambino ne assume una goccia, il virus attenuato si replica e può diffondersi da una persona all'altra, conferendo l'immunità anche a chi non ha ricevuto la vaccinazione.

Inizialmente composto da tutti e tre i tipi di virus patogeni, dal 2016 è stato eliminato il tipo 2; il nuovo vaccino orale è un bivalente che contiene solo il virus di tipo 1 e 3. Questo per due ragioni: la prima è che il virus di tipo 2 è stato dichiarato eradicato in natura; la seconda è che l'OMS aveva già previsto potesse mutare di nuovo nella forma virulenta laddove la copertura vaccinale fosse molto bassa. Per evitarne la diffusione, quindi, era stato escluso dalla formulazione del vaccino.

"È un virus che non dovrebbe più esistere", commenta Donato Greco, membro da quasi trent'anni del Comitato indipendente della regione europea dell'OMS per la certificazione dell'eradicazione della poliomielite. "Con coperture vaccinali basse come quelle del Congo (ma fortunatamente alte nella vicina Uganda) il virus ha ora modo di mutare, e in più è avvantaggiato, perché non c'è più competizione con la forma wild type".

I primi focolai di poliomielite nella Repubblica Democratica del Congo sono stati segnalati a giugno dello scorso anno: due diversi ceppi in due diverse regioni, emersi quindi in modo indipendente. "Per contenere l'epidemia in corso, l'OMS sta fornendo un vaccino orale monovalente, che contiene solo il virus di tipo 2 attenuato, fornito solo intorno ai casi segnalati. Purtroppo, ciò significa che è stato necessario rimettere in circolazione questo virus", spiega Greco. "Si tratta comunque del solo intervento d'emergenza, perché di fronte all'epidemia non si può agire con le siringhe. A questa misura si aggiunge una stretta sorveglianza dei casi di paralisi acute flaccide, caratteristiche della malattia, che vanno segnalate immediatamente per poter procedere all'esame biologico, così da accertare tempestivamente un caso di contagio".

La strategia, impiegata anche in Siria lo scorso anno, sembra essere efficace. Resta però molto difficile raggiungere un numero sufficiente di persone in un Paese dalle infrastrutture scarse e un sistema sanitario debole, e infatti il virus è riuscito ad allargarsi in altre regioni del Congo. "Il problema principale delle campagne vaccinali è sempre l'instabilità politica; non è un caso che queste epidemie si scatenino spesso in regioni di guerra", conclude Greco. "E questa è anche la ragione per cui continuiamo a postporre la data di eradicazione finale del virus della poliomielite".

 


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