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Per una cultura dell'incertezza

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Quando gli scienziati vengono interpellati per formulare le loro previsioni in ambiti diversi, inclusi quelli che mettono ansia alle popolazioni, come nel caso dei terremoti, dei fenomeni patologici di massa o dei cambiamenti climatici, si esprimono normalmente in termini probabilistici. Ciò non sempre tranquillizza chi li ascolta e deve rimanere nell’incertezza, eppure gli scienziati non possono far altro.

Il pubblico è generalmente impreparato a convivere con l’incertezza essendo erroneamente abituato a credere che qualsiasi rischio si possa azzerare ricorrendo ai sistemi di sicurezza. Se l’istinto porta ad assegnare una connotazione negativa all’incertezza, il ragionamento razionale dovrebbe portare in direzione opposta, come sostiene Hykel Hosni, autore di un agile libretto sull’argomento dal titolo “Probabilità. Come smettere di preoccuparsi ed iniziare ad amare l’incertezza” (Carocci-Collana Città della Scienza, 2018). L’autore, nato nel 1977 a Pescia, ha un curriculum di tutto rispetto. Ha conseguito la laurea in Filosofia a Pisa e il PhD all’Università di Manchester presso la School of Matematics; al momento è professore associato di Logica presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano, mentre alla Bocconi insegna Logica e Metodologia delle Scienze Sociali.

Secondo Hosni c’è urgente bisogno di una cultura dell’incertezza e l’intento con il quale ha posto mano alla stesura del libro è di aiutare a costruirla, invogliando il lettore a “guardare da vicino alcuni aspetti centrali del ragionamento probabilistico”. È evidente infatti che se gli scienziati condividessero con i cittadini, almeno in parte, la cultura dell’incertezza, il muro di incomprensione che divide i ragionamenti dei primi dalle preoccupazioni dei secondi verrebbe a cadere. Come scrive Hosni, bisognerebbe aiutare tutti a tener separata l’incertezza dalla paura che spesso l’accompagna. Ne guadagnerebbero non solo gli ambienti istituzionali e accademici ma anche la vita sociale nel suo complesso perché la distinzione aiuterebbe a formare cittadini consapevoli del loro ruolo, capaci di scegliere tra le diverse opzioni, anche politiche, che via via si presentano.

Il libro non si limita tuttavia a dichiarazioni di principio e contiene tre capitoli che trattano rispettivamente: (i) la logica dell’incertezza, (ii) il ragionamento incerto e (iii) di cosa parliamo quando parliamo di probabilità. Presentano indubbiamente, anche per il simbolismo matematico, qualche difficoltà per i non specialisti ma il lettore saprà scegliere e magari affrontare le parti più impegnative in tempi successivi.

D’altra parte, non bisogna illudersi che abituare il pubblico al ragionamento probabilistico sia un’operazione banale. Chi ha insegnato per anni agli studenti universitari come si elaborano i dati sperimentali e come si esprime, ad esempio, il risultato finale di un’analisi chimica in termini di intervallo di fiducia, conosce l’impegno che richiede la trasmissione dei concetti probabilistici. Non è facile impossessarsi dell’idea che il risultato di una misurazione vada espresso sotto forma di intervallo numerico attorno alla media all’interno del quale, con una certa probabilità, è contenuto il valore “vero” del misurando. Senza ricorrere a tecnicismi fuori luogo, ricordiamo en passant che la normativa sull’incertezza di misura è precisa e che il Vocabolario Internazionale di Metrologia più aggiornato (VIM 3) costituisce il riferimento in proposito. L’elaborazione è stata lenta e faticosa e vi hanno partecipato diversi enti internazionali, talvolta in contrasto fra loro, ma come ricorda Hosni, troppi strumenti di ragionamento rimangono confinati all’interno di cerchie specialistiche come potrebbero essere, nel caso citato, i laboratori di ricerca o quelli di prova.

Tornando agli studenti, avendo toccato con mano la loro “mutazione” dopo l’acquisizione del modo di ragionare probabilistico, chi scrive è del tutto d’accordo con il matematico ungherese Alfréd Rényi, citato da Hosni nel paragrafo dove si parla dell’insegnamento della teoria della probabilità. Rényi afferma, tra l’altro, che lo studio di tale teoria “rafforza anche il carattere degli studenti” perché li aiuta a capire che certi fallimenti sono dovuti al caso e quindi “una battuta d’arresto non è una ragione sufficiente a rinunciare”. Anche questo fa parte del lato positivo dell’incertezza, sempre presente nella vita di ognuno. Hosni vuole spingere il lettore non solo ad accettarla ma addirittura ad amarla e chi scrive pensa che abbia ragione. A che cosa si ridurrebbero le nostre giornate se conoscessimo il giorno preciso della nostra fine come esseri umani?

Accettare l’incertezza nella vita è una scelta saggia che solleva da molte preoccupazioni e libera dalle paure ingiustificate. Ragionare in termini di probabilità fa parte di quel buonsenso che dovrebbe guidare le decisioni di ognuno e anche quelle collettive. A questo proposito si può ricordare che fu il fisico e matematico (nonché astronomo) Pierre-Simon de Laplace (1749 - 1827) a lasciarci in eredità, nel trattato "Théorie analytique des Probabilités", quella che è rimasta la migliore definizione della teoria delle probabilità, ossia che essa n’est au fond, que le bon sens réduit au calcul


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